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Mio zio San Paolo VI, i ricordi di Fausto Montini

Fausto Montini  |  | EWTN Fausto Montini | | EWTN

“Fin da bambino ho capito che era una persona molto speciale. Aveva un modo di guardarti che ti penetrava fino in fondo”.  Così l’avvocato Fausto Montini ricorda suo zio, Papa Paolo VI, canonizzato da Papa Francesco ieri mattina in Piazza San Pietro. 

Sulla storia e la biografia di questo pontefice non c’è nulla da aggiungere, ma comunque “sono tanti i ricordi belli di Giovanni Battista”, come sottolinea suo nipote, Fausto Montini, in un’intervista ad ACI Stampa sull’“uomo” San Paolo VI.

Ci potrebbe raccontare come ha vissuto il momento dell’elezione di suo zio, Paolo VI, al soglio pontificio?

Quando mio zio fu eletto Papa io mi trovavo in tribunale come tirocinante della facoltà di giurisprudenza dell’Università di Milano. E mi ricordo che un usciere, mai visto prima d’allora, mi si avvicina e mi dice: “Ho sentito che è uscita la fumata bianca”. Allora corro a casa, accendo la televisione, e poco dopo sento l’annuncio, con estrema commozione, dell’elezione di mio zio al soglio pontificio. Subito dopo squilla il telefono. Era mio padre, e ricordo che mi disse: “Sto chiamando tutti, mettiamoci in ginocchio a recitare un Credo per unirci come famiglia allo zio”. Immediatamente dopo suona anche il campanello della porta. Pensando che fosse qualche vicino o amico, apro la porta. Mi trovo davanti una “folla” di giornalisti e fotografi. Riesco a contenerli per un momento, giusto il tempo di finire di recitare il Credo.

Ha qualche ricordo particolare, o aneddoto con suo zio Papa Montini che ci può raccontare?

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Sono tanti i ricordi belli di zio Giovanni Battista. Mi ricordo che portai in udienza privata da mio zio la mia fidanzata, e lui ebbe un affetto fin da subito per quella che poi divenne la mia futura moglie. Poi venni a conoscenza di una cosa che all’epoca non sapevo. La famiglia di mia moglie discende da un antenato venerabile per la Chiesa Cattolica, Alessandro Luzzago. Di questa figura venerabile, un laico del Seicento, mio zio, quando era ancora un giovane sacerdote, stava curando il processo di beatificazione. Per cui, quando venne a sapere che ero fidanzato con questa ragazza,  provò fin da subito un grande affetto nei suoi confronti. Lo zio si trattenne con noi più tempo del dovuto, tanto che fu richiamato dal suo segretario per il ritardo degli appuntamenti previsti per quella giornata. 

Lei nel periodo agitato successivo Concilio Vaticano II incontrò suo zio. Cosa le disse?

 Si. Nel periodo travagliato che fece seguito al Concilio Vaticano II, ebbi un incontro privato con mio zio nel quale gli esternai la mia preoccupazione sul periodo tremendo che stava attraversando la Chiesa. Ma lui mi fermò subito dicendomi: “Tu vedi dal tuo piccolo mondo le cose, io da qua quassù vedo tanto ma tanto bene”. E in quel momento ho capito che lui stava in un’altra dimensione.

Qual è il momento per lei più toccante pensando a suo zio?

Un ricordo per me molto toccante è sicuramente il giorno in cui morto mio zio. Eravamo in montagna, a Ponte di Legno, e io stavo per rientrare a casa quando arriva una chiamata di mio padre e mi dice: “Prima di tornare a casa passa un attimo da noi perché ci sono notizie che giungono da Roma”. Allora mi reco da miei genitori, ed entro in casa nel momento stesso in cui mio padre risponde al telefono – poi ho saputo che stava al telefono con il segretario, Monsignor Macchi – e sento mio padre che dice: “Io non ho niente da dire a mio fratello, ci siamo già detti tutto nella nostra vita e ci troveremo presto aldilà”. Dopo questa chiamata siamo corsi a Roma, ci siamo recati a Castel Gandolfo a trovare mio zio, senza renderci conto che la sua figura era uscita definitamente dalla nostra vita.; da una vita solo “materiale” perché lo sentiamo ancora presente, sempre vicino a noi.