In questa quarta domenica di Pasqua, nella quale si legge un brano del capitolo 10 del Vangelo di san Giovanni, Gesù applica a sé un’immagine che è molto presente nei testi dell’Antico testamento, quella del buon Pastore. E’ il motivo per il quale la Chiesa celebra oggi la giornata mondiale di preghiera per le vocazioni alla vita sacerdotale e religiosa.

Gesù con questa parabola descrive il tipo di rapporto che esiste tra Lui e gli uomini che gli appartengono. Dichiara: “Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono”. Queste parole ci portano a riconoscere che l’esperienza cristiana diventa possibile quando l’uomo accetta di porsi in un cammino la cui prima tappa è caratterizzata dall’ascolto del Signore che parla, poi dall’accoglienza della Sua rivelazione e quindi dalla sequela, che coinvolge tutta la persona ossia le idee, l’amore e il comportamento.  Il testo sottolinea poi, con grande intensità, l’idea dell’appartenenza, che viene sottolineata con le espressioni “le mie pecore”, “la mia voce”, “mi seguono”. In tale modo Gesù ci offre le ragioni per non cedere allo sconforto e alla tristezza: noi apparteniamo solo ed esclusivamente a Lui. Siamo importanti per Lui. Nessuno può strapparci dalle sue mani. Al Signore importa così tanto la nostra vita che conosce persino il numero dei nostri capelli insieme alle  paure, alle speranze, ai  desideri di bene che portiamo nel nostro cuore. Il Signore è veramente il fondamento della vita e della realtà e, pertanto, a Lui  possiamo aggrapparci, anche quando non capiamo e soffriamo per il Suo silenzio. Nessuna guida può pretendere di subentrare a Lui, di prendere il  posto di Cristo e nessuna voce, per quanto autorevole, può sostituirsi alla Sua.

Che cosa fa Gesù per noi? Ci dona la pienezza della vita, ossia la vita eterna. Scrive l’Imitazione di Cristo: Chi abbraccia Gesù non potrà più essere scosso per tutta l’eternità. Ama lui e abbilo sempre amico: quando tutti ti abbandoneranno, lui solo non ti abbandonerà; e sarà lui a salvarti dalla rovina”.  Il Signore può salvarci perchè risorgendo ha vinto la morte che regnava su tutti. E’ questo il fondamento  sul quale poggia la speranza del discepolo e della Chiesa. Nella Chiesa chi è chiamato ad esercitare un ministero si assume anche la responsabilità di lasciare trasparire l’unico Pastore che conta, l’unica voce che chiama e la sola amicizia che merita di essere veramente coltivata.

Gesù dice che dona la sua vita per noi. Così noi, per stare bene siamo chiamati a fare la stessa cosa. L’amore è l’unico comando, è l’unico modo per trovare pienezza e rendere bella l’esistenza.