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Padre Vittore Waroux: un Redentorista gioioso

Sacerdorte belga, ha curato la formazione di molti redentoristi a Scifelli

Il convento redentorista di Scifelli |  | Sant'Alfonso e dintorni Il convento redentorista di Scifelli | | Sant'Alfonso e dintorni

E' il piccolo seme di senape che fa spiccare alta la pianta. Questa citazione, ripresa dalle pagine del vangelo, sta ad indicare come è, nella semplicità e nell'ordinarietà, che cresce l'albero della santità. E di questa, sono stati i frutti di un redentorista belga, morto il 6 marzo 1955, nel collegio di  Scifelli di Veroli (FR):padre Vittore Waroux.

Non segni straordinari, ne tanto meno  nulla di eccezionale ha contraddistinto l'esistenza di questo religioso, se non quella straordinarietà, fatta di piccole cose, come chiede il vangelo. Una vita, quotidiana ed ordinaria, tenuta insieme dalla perseveranza e dall'amore al Signore.

Papa Francesco, nell'esortazione apostolica Gaudete et Exsultate, scrivendo della strada che conduce alla santità ha osservato che “il Signore ha scelto ciascuno di noi, per essere santi ed immacolati di fronte a Lui nella carità (Ef, 1,4)”. E queste parole ben si adattano alla vita di questo missionario redentorista.

Nato il 15 giugno 1882 a Pipeaux, in Belgio, dopo il liceo classico entra tra i Padri  Redentoristi tra i quali intraprende tutto il percorso formativo, che lo porta all'ordinazione sacerdotale.

Nel 1909, accogliendo l'invito della sua Provincia religiosa, fu inviato in Polonia ed in Ucraina dove portò lo spirito missionario redentorista. In questa missione ebbe modo di  incontrare padre Schryvers, redentorista, missionario e scrittore, morto in fama di santità.

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Nel 1940, durante la Seconda guerra mondiale, passò in Italia.

Entrato nella Provincia Romana dei PP. Redentoristi, fu destinato a Scifelli di Veroli (FR) allora Scuola missionaria e noviziato ed in questo luogo rimase fino alla morte.

Dal 1946 fu maestro dei novizi: ruolo delicato e di alta formazione. Tale servizio fu da lui ricoperto anche in Polonia. Conscio di ciò, insegnava ai propri novizi la confidenza in Dio, la lealtà e l'essere parte attiva alla vita religiosa. Aveva spirito pratico e sapeva rincuorare, ma di più amare. La sua più bella predica era l'esempio che profuse, a piene mani, nei confronti di tutti.

Chi lo ha conosciuto lo ricorda come un uomo buono, umile, sereno e particolarmente affabile. Trascorreva molte ore della sua giornata in preghiera. Uno studente, lasciando un ricordo personale sul caro padre, raccontò che la mattina, uscendo dal dormitorio entrava in cappella e li lo trovava con l'immancabile libro fra le mani, in meditazione e preghiera.

Sempre disponibile nei confronti dei confratelli, si faceva carico di aiutare chiunque vedesse in difficoltà. Infermiere, confessore o quanto altro era sempre pronto a correre, per essere presente alle necessità di tutti.

Oltre al lavoro in Collegio, fu confessore dell'Istituto degli orfani della Piccola città bianca, fondata da Don Remigio, sacerdote di Veroli, per la gioventù povera ed abbandonata. Alla sua morte i ragazzi  inviarono molte lettere per ricordare il loro confessore dalle quali traspare la bontà e la disponibilità seminata da questo redentorista.

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Di carattere sereno ed allegro è stato un esempio di una vita donata, con gioia, al Signore.

Costantemente assorto in Dio se ne è andato in silenzio, come da tempo ripeteva: quella mattina si era svegliato, molto presto e, probabilmente, colto da un malore si sdraiò sul letto. Così lo trovò padre Filomeno Tosti, direttore della Scuola apostolica, accorso in camera del padre, in quanto non lo aveva visto con la consueta puntualità che contraddistingueva la sua vita comunitaria.

Per il molto bene compiuto e quella bontà che si leggeva nei suoi occhi, al suo funerale, era presente il vescovo della diocesi, Mons. Emilio Barocelli che volle assolvere personalmente la salma, oltre al padre provinciale Luigi Vori ed ad alcuni confratelli giunti anche dalla casa generale per il rito funebre.

Un fatto che racconta il suo stile: un povero cieco, infermo da molto tempo, poteva ascoltare la Messa in qualunque ora arrivasse, perchè padre Waroux lo attendeva nella piccola chiesa. Questo episodio, scritto nel necrologio, parla da solo del suo modo di essere non solo di fare.

Padre Waroux, autentico figlio di Sant'Alfonso, nel corso della sua vita, ha speso i suoi talenti per il bene del Signore e dei fratelli e certamente avrà giubilato quella mattina, in cui dalla terra è passato al cielo, a contemplare la gloria di Dio, tante volte oggetto delle sue meditazioni e del suo farsi prossimo per l'altro.