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Papa Francesco a Scholas Occurrentes: “Nel mondo non c’è spazio per le domande aperte”

Il Papa invia un videomessaggio al IV incontro mondiale dei giovani organizzato dalla fondazione da lui sostenuta fin dai tempi in cui era arcivescovo di Buenos Aires

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In un videomessaggio inviato a conclusione del IV Incontro Mondiale dei Giovani organizzato da Scholas Occurrentes, Papa Francesco punta il dito contro il mondo che non permette domande aperte, perché è un mondo legato al culto dell’autonomia e dell’autosufficienza e che ha dimenticato la morte.

Quello di Scholas Occurentes è un progetto che Papa Francesco ha voluto e sostenuto, prima quando era arcivescovo di Buenos Aires e poi da Papa, facendolo diventare internazionale e legandolo in qualche modo alla Santa Sede, dove ora hanno anche una sede, in Palazzo San Calisto.

Obiettivo delle Scholas è di utilizzare tecnologia, arte e sport per sviluppare una cultura dell’incontro. La base è cristiana, ma il lavoro viene fatto con oltre 400 mila scuole e reti educative appartenenti a tutte le confessioni religioni, sparse in 71 Paesi diversi. Ogni volta che si riuniscono, Papa Francesco non fa mancare il suo supporto.

Scherzando sul suo essere “un po’ funebre”, Papa Francesco ha impostato la sua riflessione con i giovani intervenuti all’incontro di Scholas sul tema della morte.

“La domanda sulla morte – dice Papa Francesco – è la domanda per la vita, e mantenere aperta la domanda sulla morte è, forse, la maggiore responsabilità umana di mantenere aperta la domanda per la vita”.

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Il Papa nota che “come le parole nascono dal silenzio e lì terminano, permettendo di ascoltare il loro significato, succede lo stesso con la vita. Suona paradossale, ma è la morte che permette che la vita resti viva”.

È “la fine che permette che un racconto venga scritto, un quadro si dipinga, che due corpi si abbracciano”.

Ma “la fine non sta solo alla fine” e piuttosto “dobbiamo prestare attenzione ad ogni piccola fine quotidiana. Non solo alla fine del racconto, che non sappiamo nemmeno quando termina, ma alla fine di ogni parola, di ogni silenzio, di ogni pagina che si va scrivendo”.

Papa Francesco sottolinea poi che “per altro lato, la morte ci ricorda l’impossibilità essere, comprendere e abbracciare tutto”, è “uno schiaffo alla nostra illusione di onnipotenza e ci insegna nella vita a relazionarsi con il mistero”.

Insomma, il “non sapere” della domande è il “luogo della fragilità che si apre alla scuola dell’incontro dell’altro”.

Infine, “le differenti comunità, popoli o culture si sono formate sempre nella cultura della morte”. Per questo “oggi più che mai dobbiamo farci questa domanda”, perché “il mondo già è configurato, e dove tutto è spiegato, non c’è posto per la domanda aperta”. Il nostro mondo è fatto di cose che “sono verità e non sono verità”, e che “dà culto all’autonomia, all’autosufficienza, all’autorealizzazione, e sembra che non ci sia un luogo per l’altro”.

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È il mondo “dei progetti e della accelerazione infinita, della ‘rapidazione’,” che “non permette interruzioni” e per questo “la cultura monda che schiavizza si occupa di anestetizzarci per dimenticare cosa significa detenerci alla fin”.

Insomma, “l’oblio della morte è anche il suo inizio, e una cultura che dimentica la morte comincia a morire dentro”.

Sono tre le morti che “rimanendo vuote, riempiono la vita: la morte di ogni istante, la morte dell’ego e la morte di un mondo che dà luogo a un mondo nuovo”.

Papa Francesco ricorda infine ai giovani che “la morte non ha la ultima parola”.