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Papa Francesco ai figli di don Bosco: “Il salesiano del XXI secolo è un uomo di speranza”

Messaggio di Papa Francesco al 28esimo capitolo generale della Società Salesiana di San Giovanni Bosco. E delinea l’opzione Valdocco

Papa Francesco a Torino | Papa Francesco durante la sua visita a Santa Maria Ausiliatrice a Valdocco il 21 giugno 2015 | parrocchiavaldocco.it Papa Francesco a Torino | Papa Francesco durante la sua visita a Santa Maria Ausiliatrice a Valdocco il 21 giugno 2015 | parrocchiavaldocco.it

Il salesiano del XXI secolo è “un uomo di speranza”, chiamato a “ravvivare il dono che avete ricevuto”. Papa Francesco invia un lungo messaggio al 28esimo capitolo generale dei Salesiani, che in questa settimana ha rieletto padre Angel Fernandez Artime come Rettor Maggiore.

È un messaggio lungo, quasi un discorso, che intreccia spiritualità gesuita alla sincera stima di Papa Francesco per il carisma salesiano. Una stima che viene dal fatto che Papa Francesco frequentò la sesta elementare dai salesiani, e fu un salesiano il suo padre spirituale, padre Pozzoli, che lo indirizzò al sacerdozio. Non va dimenticato che Papa Francesco era stato a Valdocco nel 2015 per i 150 anni della fondazione dei salesiani.

E probabilmente ci sarebbe tornato. Pare, infatti, che tutto fosse pronto perché il 6 marzo, al termine degli esercizi spirituali di Quaresima, Papa Francesco prendesse l’elicottero e partisse per Torino, destinazione Valdocco, prima per andare a salutare il capitolo dei salesiani, e poi per recarsi il giorno successivo a Portacomaro, il paese di origine della sua famiglia. Viaggio rimandato a causa del raffreddore che non ha permesso al Papa nemmeno di partecipare agli esercizi spirituali ad Ariccia, e che lo ha tenuto lontano dal paese dei suoi cari, ma anche dalla sua visita al capitolo.

Eccolo, così, un messaggio, letto proprio in quel giorno, ma firmato il 4 marzo, nella Basilica di San Giovanni in Laterano, come fa il Papa quando vuole rimarcare il suo ruolo di vescovo di Roma.

Papa Francesco sottolinea che “siamo immersi in un momento di cambiamenti”, e “l’inconsistenza e la fluidità degli avvenimenti, ma soprattutto la velocità con cui si susseguono le cose” rende ogni cosa molto velocemente datata, e questo è ancora più vero per il mondo giovanile, cui le opere salesiane sono orientate.

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Papa Francesco indica come antidoto la “doppia docilità” ai giovani e alle loro esigenze”, ma anche “allo Spirito e a tutto quello che egli voglia trasformare”.

Questo significa, per Papa Francesco, uscire dalla retorica del “tutto sta cambiando”, retorica che poi finisce per “boicottare o impedire qualunque risposta o processo alternativo” oppure per lanciare “un ottimismo cieco”. Due estremi che “non sono doni dello spirito”, perché vengono entrambi da “una visione autoreferenziale”. Così come non si deve oscillare tra gli estremi dell’adattarsi alla cultura di moda e quello di “rifugiarsi in un passato eroico, ma disincarnato”.

Papa Francesco chiede ai figli di don Bosco di “coltivare un atteggiamento contemplativo”, che “permetterà di superare e oltrepassare le vostre stesse aspettative e i vostri programmi”, perché il salesiano del XXI secolo non è né pessimista, né ottimista, ma è chiamato ad essere “un uomo pieno di speranza, perché sa che il suo entro nel Signore”, e questa consapevolezza libera da un “atteggiamento di rassegnazione e sopravvivenza difensiva” e “rende feconda la nostra vita”, instaurando “processi educativi alternativi alla cultura imperante che, in non poche situazioni, finiscono con l’asfissiare e uccidere i sogni dei nostri giovani”.

Papa Francesco prosegue con l’identikit del salesiano del XXI secolo: non deve essere “né trionfalista né allarmista”, “allegro e speranzoso”, “non automatizzato ma artigiano”.

Papa Francesco delinea dunque quattro percorsi della “opzione Valdocco”, una opzione che deve riportare alle origini del carisma salesiano.

Primo punto dell’opzione Valdocco è “il dono dei giovani”, a partire proprio dall’oratorio salesiano, che fu “molto più di un gesto di buona volontà o bontà”, ma piuttosto “un atto di conversione permanente e di risposta al Signore”. Perché don Bosco – scrive Papa Francesco – “scegliendo e accogliendo il mondo dei bambini e dei giovani abbandonati, senza lavoro né formazione, ha permesso loro di sperimentare in modo tangibile la paternità di Dio e ha fornito loro strumenti per raccontare la loro vita e la loro storia alla luce di un amore incondizionato”.

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È da qui che nasce la salesianità, un incontro “capace di suscitare profezie e visioni”, che porta ad “accogliere, integrare e far crescere le migliori qualità come dono per gli altri, soprattutto per quelli emarginati e abbandonati dai quali non ci si aspetta nulla”.

Papa Francesco sottolinea che “gli interlocutori di don Bosco ieri e del salesiano oggi “non sono meri destinatari di una strategia progettata in anticipo, ma vivi protagonisti dell’oratorio da realizzare”, alla stregua di “co-fondatori delle vostre case”, in una unione che ci ricorda che siamo “Chiesa in uscita”, ovvero una “Chiesa capace di abbandonare posizioni comode, sicure e in alcune occasioni privilegiate, per trovare negli ultimi la fecondità tipica del Regno di Dio”.

È una scelta “carismatica, non strategica”, annota Papa Francesco. E il carisma dell’opzione Valdocco è quello della presenza, perché siamo “formati nella missione, a partire dalla quale ruota tutta la nostra vita, con le sue scelte e le sue priorità”.

Così, la formazione non viene prima della missione, ma sono un tutt’uno, perché “la missione inter gentes è la nostra scuola migliore”.

Papa Francesco individua un ostacolo a questa missione nel “clericalismo”, che lui definisce come “la ricerca personale di voler occupare, concentrare e determinare gli spazi minimizzando e annullando l’unzione del Popolo di Dio”, dato che “vivendo la chiamata in modo elitario, confonde l’elezione con il privilegio, il servizio con il servilismo, l’unità con l’uniformità, la discrepanza con l’opposizione, la formazione con l’indottrinamento”.

Accusa Papa Francesco: “Il clericalismo è una perversione che favorisce legami funzionali, paternalistici, possessivi e perfino manipolatori con il resto delle vocazioni nella Chiesa”.

Un secondo ostacolo è invece “la tendenza al rigorismo”, che “confondendo autorità con autoritarismo”, pretende “di governare e controllare i processi umani con un atteggiamento scrupoloso, severo e perfino meschino di fronte ai limiti e alle debolezze propri o altrui (soprattutto altrui)”.

Papa Francesco afferma che “coloro che accompagnano altri a crescere” sono chiamati ad essere “persone dai grandi orizzonti, capaci di mettere insieme limiti e speranza, aiutando così a guardare sempre in prospettiva, in una prospettiva salvifica”-

Gli educatori non sono chiamati a “soffocare e impedire la forza e la grazia del possibile, la cui realizzazione nasconde sempre un seme di vita nuova e buona”.

Papa Francesco sottolinea che “è urgente trovare uno stile di formazione capace di assumere in modo strutturale il fatto che l’evangelizzazione implica la partecipazione piena, e con piena cittadinanza, di ogni battezzato”.

Per questo, Papa Francesco individua nel “Fratello coadiutore” e le donne della famiglia salesiana i due antidoti alle tendenze clericaliste e rigorista. I primi perché “sono espressione viva della gratuità che il carisma ci invita a costruire”, e le donne perché “senza una presenza reale, effettiva delle donne, le vostre opere mancherebbero del coraggio e della capacità di declinare la presenza come ospitalità, come casa”.

Quindi, Papa Francesco delinea l’opzione Valdocco nella pluralità delle lingue. “La presenza universale della vostra famiglia salesiana è uno stimolo e un invito a custodire e a preservare la ricchezza di molte delle culture in cui siete immersi senza cercare di ‘omologarle’,” scrive Papa Francesco. E chiede di sforzarsi “affinché il cristianesimo sia capace di assumere la lingua e la cultura delle persone del luogo”, considerando che “l’unità e la comunione della vostra famiglia è in grado di assumere e accettare tutte queste differenze, che possono arricchire l’intero corpo in una sinergia di comunicazione e interazione dove ognuno possa offrire il meglio di sé per il bene di tutto il corpo”.

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Papa Francesco si riferisce anche alla “realtà virtuale come linguaggio dominante”; mette in luce che la “pastorale dello schermo” è diffusa e necessaria e “ci chiede di abitare la rete in modo intelligente riconoscendola come uno spazio di missione”.

Papa Francesco mette in guardia dalla “circolarità e dalla logica particolare” della realtà virtuale, e chiede di stare attenti a non rimanerne prigionieri perché questo “ci può rinchiudere in noi stessi e isolarci in una virtualità comoda, superflua e poco o per niente impegnata con la vita dei giovani, dei fratelli della comunità o con i compiti apostolici”.

Afferma Papa Francesco: “La rete non è neutrale e il potere che possiede per creare cultura è molto alto. Sotto l’avatar della vicinanza virtuale possiamo finire ciechi o distanti dalla vita concreta delle persone, appiattendo e impoverendo il vigore missionario”.

Papa Francesco descrive infine “la capacità di sognare” come parte dell’opzione Valdocco, perché i sogni erano “uno dei generi letterari di don Bosco”. Afferma Papa Francesco: “Sognate case aperte, feconde ed evangelizzatrici, capaci di permettere al Signore di mostrare a tanti giovani il suo amore incondizionato e di permettere a voi di godere della bellezza a cui siete stati chiamati. Sognate... E non solo per voi e per il bene della Congregazione, ma per tutti i giovani privi della forza, della luce e del conforto dell’amicizia con Gesù Cristo, privi di una comunità di fede che li sostenga, di un orizzonte di senso e di vita. Sognate... E fate sognare!”