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Papa Francesco cambia ancora l’ordinamento giudiziario del Vaticano

Dopo la riforma del 2020, un motu proprio attua ancora delle modifiche. Non ci sono più magistrati vaticani full time. E il presidente di Cassazione non è più sempre quello della Segnatura

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Papa Francesco cambia ancora l’ordinamento giudiziario dello Stato di Città del Vaticano. Dopo la grande riforma del 2020, il Papa modifica per la terza volta l’ordinamento giudiziario, e con un colpo di penna annulla una delle più grandi novità della legge del 16 marzo del 2020, ovvero la presenza a tempo pieno di almeno uno dei magistrati ordinari del tribunale e di uno dei componenti dell’ufficio del Promotore di Giustizia. Altra novità: il presidente del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica non è più ipso facto anche il presidente della Corte di Cassazione Vaticana.

Viene infatti abrogato il comma 2 dell’articolo 6,  che stabiliva che “almeno uno dei magistrati ordinari del tribunale svolge le sue funzioni in regime di tempo pieno, senza avere rapporti di lavoro subordinato né svolgere attività libero-professionali con carattere continuativo”.

E viene abrogato anche il comma 3 dell’articolo 12, in cui si sottolineava che “almeno uno dei magistrati ordinari dell’ufficio del promotore di giustizia svolge le proprie funzioni in regime di tempo pieno, senza avere rapporti di lavoro subordinato né svolgere attività libero-professionali con carattere continuativo.

Una scelta che sembra essere un passo indietro, dato che la presenza di magistrati full time era un rafforzamento del sistema giudiziario vaticano, che ha una sua peculiarità (la legge recepita non è quella italiana riformata nel 1929, ma il codice precedente) e che non può essere visto come una succursale del sistema italiano o di altri sistemi giudiziari. Di fatto, i magistrati del tribunale vaticano possono essere anche al servizio di sistemi giudiziari di Paesi esteri, e addirittura possono svolgere ruoli differenti, per esempio di avvocati in Italia e “procuratori” all’interno dello Stato di Città del Vaticano. Sarà da vedere come questo sarà giudicato a livello internazionale da Moneyval, il comitato del Consiglio d’Europa che sottolineato nell’ultimo rapporto sui progressi della Santa Sede conflitti di interesse per promotori di giustizia e giudici del Tribunale vaticano, perché non lavorano a tempo pieno per la Santa Sede.

È il terzo motu proprio con cui Papa Francesco modifica la riforma della legge da lui stesso promulgata nel 2020. Già nel 2021, il Papa aveva modificato l’ordinamento con due motu propri. Il primo (“Esigenze emerse”, dell’8 febbraio 2016) introduceva la possibilità di ottenere, a determinate condizioni, sconti di pena, si riformula il processo in contumaci, e prevedeva un unico ufficio del promotore di giustizia. Il secondo (“Secondo la Costituzione” del 30 aprile 2021) si eliminava la norma che prevedeva il giudizio dei cardinali solo presso la Cassazione. Ora, con questo terzo motu proprio, c’è una ulteriore semplificazione, che viene anche contestualizzata nelle nuove esigenze. Si tratta comunque di cambiamenti sostanziali, e non minori, che avrebbero probabilmente necessitato una spiegazione dettagliata da parte vaticana, e non la mera pubblicazione del motu proprio.

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Molti dettagli lasciano pensare ad un maggiore peso dell’ufficio del promotore di giustizia. A partire dal fatto che il primo articolo dell’ordinamento giudiziario ora recita che “il potere giudiziario nello Stato della Città del Vaticano è esercitato, a nome del Sommo Pontefice, per le funzioni giudicanti dal tribunale, dalla corte di appello e dalla corte di cassazione; per le funzioni inquirenti e requirenti, dall’ufficio del promotore di giustizia”, con l’ultima parte su funzioni inquirenti e requirenti aggiunta e assente nella legge originale.

Decade anche il comma 3 dell’articolo 2, che specificava come “i magistrati decadono dalle loro funzioni esclusivamente per volontà sovrana e per le cause di cessazione previste dalla presente legge”.  

E ancora, si aggiunge anche la possibilità di un componente supplente del collegio dei tre magistrati chiamati a giudicare, sebbene “nel rispetto del principio di immutabilità del giudice e per assicurare la ragionevole durata del processo”. L’idea è che se un processo lungo, come quello sul palazzo di Londra, possa protrarsi oltre il limite di pensione o di incarico di uno dei giudici, si possa procedere alla sostituzione del giudice in maniera indolore.

Non solo. C’è un comma 2bis incluso all’articolo 10, che permette al Papa di nominare un “presidente aggiunto nel corso dell’anno giudiziario in cui il presidente è tenuto a rassegnare le dimissioni”. Considerando che il mandato dell’attuale presidente del Tribunale Giuseppe Pignatone scadrà nel 2024, la norma sembra anche in questo caso mettere le mani avanti in caso di processi lunghi. Prima, infatti, la norma prevedeva che il Papa potesse “disporre la permanenza nella carica dei magistrati ordinari oltre il limite di cui al comma precedente”.

La stessa modifica avviene all’articolo 14, dove si definisce che ”la corte d’appello giudica in collegio di tre magistrati, designati dal presidente della corte tenendo conto delle loro competenze professionali, della natura del procedimento e della data di cessazione dei giudici in relazione alla prevedibile durata del processo”, ma che “nel rispetto del principio di immutabilità del giudice e per assicurare la ragionevole durata del processo, il presidente può nominare un componente supplente, il quale partecipa ai lavori del collegio e può giudicare nei casi di impedimento o di cessazione dalle funzioni di un magistrato.”. C’è una modifica simile anche all’articolo 17 sulla cessazione dell’ufficio dei magistrati ordinari.

E ancora all’articolo 8 si abroga il comma 1 che sottolinea come i magistrati ordinari siano “nominati dal Sommo Pontefice, il quale designa ciascuno nel proprio ufficio”, ma anche il 5, che spiegava come “la Segreteria di Stato, dopo avere svolto le necessarie verifiche sulle qualità personali e sulla competenza dei candidati, sottopone la proposta di nomina al Sommo Pontefice”. 

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Cambia il trattamento economico previsto, nel senso che non si prevede “l’eventuale regime di tempo pieno”.

Cambia anche la Corte di Cassazione vaticana. Prima era sempre costituita dal Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura apostolica, e poi da altri due Cardinali membri del medesimo Supremo Tribunale, designati dal presidente per un triennio, nonché da due o più giudici applicati, nominati per un triennio. Ora, invece, la Corte di Cassazione è composta da quattro cardinali, tutti nominati dal Papa per un quinquennio, ma non è detto che ci sia il presidente della Segnatura. Lo stesso Papa “designa fra essi il presidente, nonché da due o più giudici applicati, nominati per un triennio”. Anche in questo caso è previsto un componente supplente, mentre (si legge nel nuovo articolo 21) “in caso di impedimento del presidente della corte di cassazione, lo sostituisce il cardinale facente parte della corte più anziano per nomina o, in caso di parità, per età”, e, “in caso di impedimento di un giudice, il presidente della corte di cassazione provvede a sostituirlo con uno degli altri giudici della medesima corte”.

Ci sono anche cambiamenti alla legge LII del 10 gennaio 1983, che riguardava pene pecuniarie e prescrizione, mentre viene aggiunto un comma al numero 357 del codice di procedura penale che permette al promotore di giustizia di presentare al tribunale richiesta di sentenza di non luogo a procedere se ritiene “che ricorrano le condizioni per la concessione del perdono giudiziale” o se il fatto “possa essere ritenuto di lieve entità in ragione delle modalità della condotta, della personalità dell’imputato, del danno cagionato alla persona offesa o del pericolo causato, nonché per le eventuali condotte riparatorie poste in essere dall’imputato”.

In quel caso, al tribunale ha data facoltà di pronunciare “sentenza inappellabile di non luogo a procedere enunciandone la causa nel dispositivo”, o anche “sentite le parti, pronuncia altresì sentenza inappellabile di proscioglimento se l’azione penale non doveva essere iniziata, non deve essere proseguita o se il reato è estinto”.