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Papa Francesco chiede “una teologia morale animata dalla tensione missionaria”

Papa Francesco in Sala Clementina | Papa Francesco durante una passata udienza in Sala Clementina  | Vatican Media / ACI Group Papa Francesco in Sala Clementina | Papa Francesco durante una passata udienza in Sala Clementina | Vatican Media / ACI Group

La Pontificia Accademia Alfonsiana compie settanta anni. Ai suoi membri ricevuti in udienza, Papa dà il mandato di “un impegno ancora più convinto e generoso per una teologia morale animata dalla tensione missionaria della Chiesa in uscita”, puntando sui grandi temi della cura del creato, della cultura dello scarto, e della vita, perché, nel dialogo con le nuove scienze – ammonisce il Papa – “non dovrà però mai venir meno la franca testimonianza del valore incondizionato di ogni vita”.

Papa Francesco delinea il mandato dell’università a partire dalla Veritatis Gaudium, la Costituzione Apostolica che chiede alle università di “coniugare tra loro la teologia, la filosofia, e le scienze, nel pieno rispetto dei loro metodi propri e della loro reciproca autonomia”. Anche l’Accademia Alfonsiana, come tutte le istituzioni vaticane, è chiamata a conformarsi.

La Accademia Alfonsiana fu stabilita nel 1949, ed era un progetto che i Padri Redentoristi accarezzavano da lungo tempo, sin dalla proclamazione di Sant’Alfonso Maria de’ Liguori a dottore della Chiesa nel 1871. Il Primo Istituto Alfonsiano cominciò nell’anno 1910-1911, ma fu solo il 9 febbraio 1949, sotto la guida del Superiore Generale dei Redentoristi, padre Leonardo Bujis, l’Istituto divenne interno alla Congregazione con il nome di Accademia Alfonsiana. L’accademia è oggi un Istituto Superiore di Teologia Morale, dal 1960 parte della Facoltà di Teologia della Pontificia Università Lateranense e può rilasciare diplomi di Licenza e Dottorato in Teologia Morale.

Papa Francesco sottolinea che è provvidenziale che il settantesimo cada proprio nel momento in cui tutte le università e facoltà ecclesiastiche sono chiamate ad applicare la Veritatis Gaudium, che chiede non solo “una revisione degli statuti e dei piani di studio, ma di un rinnovamento di tutta la vita accademica, favorito anche dalle possibilità che lo sviluppo informatico offre oggi alla ricerca e alla didattica”.

Papa Francesco afferma che il criterio “prioritario e permanente” è quello della contemplazione, da cui scaturisce “un dialogo a tutto campo, non come mero atteggiamento tattico, ma come esigenza intrinseca per fare esperienza comunitaria della gioia della Verità e per approfondirne il significato e le implicazioni pratiche”.

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Ci tiene, Papa Francesco, a chiedere cura per “inter – e trans- disciplinarietà” e alla esigenza di “fare rete non solo tra le istituzioni ecclesiali di tutto il mondo, ma anche «con le istituzioni accademiche dei diversi Paesi e con quelle che si ispirano alle diverse tradizioni culturali e religiose”.

Papa Francesco rimarca quindi che “la fedeltà alle radici alfonsiane del vostro Istituto vi chiede ora un impegno ancora più convinto e generoso per una teologia morale animata dalla tensione missionaria della Chiesa ‘in uscita’.”

“Come Sant’Alfonso – aggiunge Papa Francesco - dobbiamo sempre evitare di lasciarci imprigionare in posizioni di scuola o in giudizi formulati ‘lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità’ delle persone e delle famiglie”, ma allo stesso tempo guardarsi – come scrive Papa Francesco nell’Amoris Laetitia – “una idealizzazione eccessiva» della vita cristiana che non è capace di risvegliare «la fiducia nella grazia”.

Papa Francesco ricorda che ci si deve porre in “ascolto rispettoso della realtà”, perché solo così si possono scoprire i segni della presenza dello Spirito che “genera liberazione e nuove possibilità, potremo aiutare tutti a camminare con gioia nella via del bene”.

Per il Papa, vanno prima di tutto ascoltate “le sofferenze e le speranze di coloro che le mille forme del potere del peccato continuano a condannare all’insicurezza, alla povertà, all’emarginazione”, anche perché lo stesso fondatore dei Redentoristi “comprese ben presto che non si trattava di un mondo da cui difendersi e tanto meno da condannare, ma da guarire e liberare, ad imitazione dell’agire di Cristo”

Papa Francesco afferma che chi è toccato dall’amore di Cristo, “sente l’urgenza di rispondere amando”, e per questo “tutte le parole della teologia morale devono lasciarsi plasmare da questa logica misericordiosa, che permette di farle incontrare effettivamente come parole di vita in pienezza”.

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Il Papa ricorda che, dall’apostolo Paolo in poi, “teologia morale è chiamata a far sperimentare a tutti che «la legge dello Spirito, che dà vita in Cristo Gesù”, che libera “dalla legge del peccato e dalla morte, e lo “stesso Spirito fa sì che questa libertà non possa mai essere indifferenza nei riguardi di chi è nel bisogno, ma ‘cuore di prossimo’ che si lascia interpellare ed è pronto a prendersene amorevolmente cura”.

Papa Francesco ricorda che, dopo il Concilio Vaticano II, la teologia morale ha lavorato per superare “l’etica individualistica”; e che “i passi compiuti devono spingerci ad affrontare con maggiore prontezza le nuove e gravi sfide derivanti dalla rapidità con cui si evolve la nostra società”, tra le quali in crescere della competitività, la cultura dello scarto, la cura del creato, lo sviluppo integrale.

In particolare, Papa Francesco si concentra sulla cura del creato, afferma che “la teologia morale deve fare propria l’urgenza di partecipare in maniera convinta a un comune sforzo per la cura della casa comune mediante vie praticabili di sviluppo integrale”. 

“A me - commenta il Papa - attira l’attenzione che quando faccio il ministero della riconciliazione, raramente qualcuno si accusa di aver violentato la natura, la terra, il creato. Non abbiamo la coscienza di questo peccato. È il vostro lavoro farlo”.

Ma è importante, per Papa Francesco, anche lavorare sulle “nuove possibilità che lo sviluppo delle scienze biomediche mette a disposizione dell’umanità”, perché “non dovrà però mai venir meno la franca testimonianza del valore incondizionato di ogni vita, ribadendo che proprio la vita più debole e indifesa è quella di cui siamo chiamati a farci carico in maniera solidale e fiduciosa”.