“Per Dante l’esilio è stato talmente significativo, da diventare una chiave di interpretazione non solo della sua vita, ma del viaggio di ogni uomo e donna nella storia e oltre la storia”. Lo ha detto il Papa, stamane, ricevendo in udienza una Delegazione dell’Arcidiocesi di Ravenna-Cervia, in occasione dell’Anno Dantesco.

“Auspico – ha aggiunto Francesco - che le celebrazioni per il VII centenario della morte del sommo Poeta, stimolino a rivisitare la sua Commedia così che, resi consapevoli della nostra condizione di esuli, ci lasciamo provocare a quel cammino di conversione dal disordine alla saggezza, dal peccato alla santità, dalla miseria alla felicità, dalla contemplazione terrificante dell’inferno a quella beatificante del paradiso”.

Secondo il Pontefice “Dante ci invita ancora una volta a ritrovare il senso perduto o offuscato del nostro percorso umano. Potrebbe sembrare, a volte, che questi sette secoli abbiano scavato una distanza incolmabile tra noi, uomini e donne dell’epoca postmoderna e secolarizzata, e lui, straordinario esponente di una stagione aurea della civiltà europea. Eppure qualcosa ci dice che non è così. Gli adolescenti se hanno la possibilità di accostarsi alla poesia di Dante in una maniera per loro accessibile, riscontrano, da una parte, inevitabilmente, tutta la lontananza dell’autore e del suo mondo; e tuttavia, dall’altra, avvertono una sorprendente risonanza. Questo avviene specialmente là dove l’allegoria lascia lo spazio al simbolo, dove l’umano traspare più evidente e nudo, dove la passione civile vibra più intensa, dove il fascino del vero, del bello e del bene, ultimamente il fascino di Dio fa sentire la sua potente attrazione. Allora potremo arricchirci dell’esperienza di Dante per attraversare le tante selve oscure della nostra terra e compiere felicemente il nostro pellegrinaggio nella storia, per giungere alla meta sognata e desiderata da ogni uomo: l’amor che move il sole e l’altre stelle”.