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Papa Francesco, il cristiano non rincorre il successo, ma comincia con un passo indietro

La omelia del Papa alla messa Statio Orbis che ha concluso il Congresso Eucaristico internazionale a Budapest

Papa Francesco celebra la Statio Orbis |  | Daniel Ibanez/ EWTN
Papa Francesco celebra la Statio Orbis | | Daniel Ibanez/ EWTN
Papa Francesco celebra la Statio Orbis |  | Daniel Ibanez/ EWTN
Papa Francesco celebra la Statio Orbis | | Daniel Ibanez/ EWTN
Papa Francesco celebra la Statio Orbis |  | Daniel Ibanez/ EWTN
Papa Francesco celebra la Statio Orbis | | Daniel Ibanez/ EWTN
Papa Francesco celebra la Statio Orbis |  | Daniel Ibanez/ EWTN
Papa Francesco celebra la Statio Orbis | | Daniel Ibanez/ EWTN
Papa Francesco celebra la Statio Orbis |  | Vatican Media
Papa Francesco celebra la Statio Orbis | | Vatican Media

“Ma io chi sono davvero per te? Chi sono per te?” A questa domanda risponde Papa Francesco nella omelia della messa che conclude il Congresso Eucaristico a Budapest questa mattina, la Statio Orbis. 

I giri in vettura panoramica accompagnati dal magnifico coro e orchestra sono stati il primo contatto con la folla di questo viaggio. Non solo ungheresi ovviamente, ma di tutto il mondo. 

Il Papa parla di tre modi per essere discepoli: l’annuncio di Gesù, il discernimento con Gesù, il cammino dietro a Gesù.

L’annuncio dice il Papa deve essere completo e non rischiare una falsa messianicità, per cui “Gesù impone il silenzio sulla sua identità messianica, non però sulla croce che lo attende “e insegna che “il Figlio dell’uomo doveva soffrire molto ed essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e, dopo tre giorni, risorgere””.

 

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Un annuncio che ci lascia “esterrefatti. Anche noi vorremmo un messia potente anziché un servo crocifisso. L’Eucaristia sta davanti a noi per ricordarci chi è Dio. Non lo fa a parole, ma concretamente, mostrandoci Dio come Pane spezzato, come Amore crocifisso e donato”.

C’è poi il discernimento davanti all’annuncio della Croce: “la reazione di Pietro è tipicamente umana: quando si profila la croce, la prospettiva del dolore, l’uomo si ribella”. E del resto “la croce non è mai di moda: oggi come in passato. Ma guarisce dentro. È davanti al Crocifisso che sperimentiamo una benefica lotta interiore, l’aspro conflitto tra il “pensare secondo Dio” e il “pensare secondo gli uomini”.

E prosegue il Papa, c’è il rischio di volere mettere Gesù “in un angolo del cuore, continuando a ritenerci religiosi e per bene e ad andare avanti per la nostra strada senza lasciarci conquistare dalla logica di Gesù”. Ma lo stesso Gesù ci aiuta a scegliere la sua parte perché “C’è la parte di Dio e c’è la parte del mondo. La differenza non è tra chi è religioso e chi no. La differenza cruciale è tra il vero Dio e il dio del nostro io”. 

Infine il cammino, quello che Gesù indica a Pietro, lo rimette alla sua sequela, per fare un passo indietro: “Il cammino cristiano non è una rincorsa al successo, ma comincia con un passo indietro, con un decentramento liberatorio, con il togliersi dal centro della vita”. 

E, spiega il Papa, andare dietro a Gesù è “andare avanti nella vita con la sua stessa fiducia, quella di essere figli amati di Dio”. 

Conclude il Papa, come i santi  “non accontentiamoci di poco; non rassegniamoci a una fede che vive di riti e di ripetizioni, apriamoci alla novità scandalosa del Dio crocifisso e risorto, Pane spezzato per dare vita al mondo. Saremo nella gioia; e porteremo gioia.

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Questo Congresso Eucaristico Internazionale è un punto di arrivo di un percorso, ma sia soprattutto un punto di partenza. Perché il cammino dietro a Gesù invita a guardare avanti, ad accogliere la svolta della grazia, a far rivivere ogni giorno in noi quell’interrogativo che, come a Cesarea di Filippo, il Signore rivolge a noi suoi discepoli: Ma voi, chi dite che io sia?”. 

Ad aprire la messa il saluto del cardinale di Budapest Péter Erdő, che ha ricordato che “la presenza anche di non cristiani, specialmente dei rappresentanti dell’ebraismo, ma anche di coloro che hanno un’altra visione del mondo, rappresenta per noi un segno vivo dei tempi, cioè la vocazione della Chiesa in seno all’umanità come messaggero di Cristo tra le nazioni”. Ma soprattutto ha ricordato che “Le reliquie dei Santi e Beati della nostra regione hanno risvegliato la coscienza di poter vivere la santità anche oggi, seguendo l’esempio dei grandi Martiri e Confessori dell’ultimo secolo. Oltre a quelli già canonizzati, ricordiamo con venerazione i grandi pastori come il Card. Stefan Wyszynski, di cui la beatificazione si sta svolgendo a Varsavia in queste ore. Conserviamo anche con grande affetto la memoria del venerabile Servo di Dio Card. József Mindszenty, che ha dato un grande esempio di intrepida fedeltà a Cristo, alla Chiesa e al suo popolo”.

Da parte sua l‘arcivescovo Piero Marini, Presidente del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali ha ricordato che “Le giornate eucaristiche internazionali celebrate qui a Budapest ci indicano questo percorso di novità e di conversione, perché la celebrazione del mistero pasquale di Cristo non influenzi positivamente solo il cuore dei credenti ma anche la città terrena in cui si vive e si lavora. La salvezza di cui l’Eucaristia è fonte si traduce, così, in una cultura eucaristica capace di ispirare gli uomini e le donne di buona volontà nell’accostarsi ai poveri come al Signore, nel prediligere il bene comune, nel seminare la pace sociale, l’attenzione e la cura del creato, la generosità del dialogo ecumenico, la condivisione delle fragilità. È in queste prove, e in altre ancora, che noi celebriamo il memoriale del Servo che si è consegnato per noi, nella certezza che l’amore di Dio, incarnato in Cristo, è più forte del male, della violenza e della morte”.

Prima della preghiera dell’ Angelus che ha concluso la messa il Papa ha ringraziato la  “grande famiglia cristiana ungherese, che desidero abbracciare nei suoi riti, nella sua storia, nelle sorelle e nei fratelli cattolici e di altre Confessioni, tutti in cammino verso la piena unità”. Un saluto al Patriarca Bartolomeo, “Fratello che ci onora con la sua presenza” e agli organizzatori del Congresso. Ed ha aggiunto: “ Il sentimento religioso è la linfa di questa nazione, tanto attaccata alle sue radici. Ma la croce, piantata nel terreno, oltre a invitarci a radicarci bene, innalza ed estende le sue braccia verso tutti: esorta a mantenere salde le radici, ma senza arroccamenti; ad attingere alle sorgenti, aprendoci agli assetati del nostro tempo”.

Poi ha ricordato la beatificazione del  Cardinale Stefan Wyszyński ed Elisabetta Czacka: “due figure che conobbero da vicino la croce”. Ed ha concluso: “Infine preghiamo l’Angelus, nel giorno in cui veneriamo il santissimo nome di Maria. Anticamente, per rispetto, voi ungheresi non pronunciavate il nome di Maria, ma la chiamavate con lo stesso titolo onorifico utilizzato per la regina. La “Beata Regina, vostra antica patrona” vi accompagni e vi benedica! La mia Benedizione, da questa grande città, vuole raggiungere tutti, in particolare i bambini e i giovani, gli anziani e gli ammalati, i poveri e gli esclusi”.

La celebrazione si è svolta in Piazza degli Eroi dove anche ieri si era celebrata la messa e la processione eucaristica con un saluto del Patriarca di Costantinopoli che ha partecipato al Congresso. “Lo spirito eucaristico - ha detto- ha un enorme potere trasformativo per la società. Questo modo di vivere è la risposta corretta alle grandi sfide contemporanee, come i problemi ecologici e la violazione dei diritti umani. In questo senso, le iniziative della nostra Chiesa per la tutela dell'ambiente naturale e la cultura della solidarietà non sono state una reazione occasionale ai relativi problemi di oggi, ma sono radicate nell'esperienza eucaristica e nella teologia. Questa crisi è stata semplicemente un'opportunità per la Chiesa di esprimere la disposizione eucaristica, di agire secondo questo ethos tradizionale. La vita stessa della Chiesa è ecologia applicata e solidarietà, scuola di coscienza ecologica e responsabilità sociale. Di conseguenza, ogni oggettivazione e sfruttamento della creazione e dei nostri simili distorce la cosmologia e l'antropologia cristiana”. 

Il Papa poi lascia Budapest per recarsi in aereo a Bratislava.