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Papa Francesco: "Il cristiano sotto i colpi della prova confida nel Signore"

Papa Francesco ha presieduto la Messa in suffragio dei Cardinali e Vescovi defunti nel corso dell'anno

Papa Francesco |  | Daniel Ibanez - EWTN News - Vatican Pool Papa Francesco | | Daniel Ibanez - EWTN News - Vatican Pool

E' bello "fidarsi del Signore, il quale non viene mai meno alle sue promesse. Ma la fiducia in Dio non nasce da un entusiasmo momentaneo, non è un’emozione e nemmeno solo un sentimento: viene dall’esperienza e matura nella pazienza, come accade a Giobbe, che passa da una conoscenza di Dio per sentito dire a una conoscenza viva, esperienziale. E perché ciò avvenga, è necessaria una lunga trasformazione interiore che, attraverso il crogiuolo della sofferenza, porta a saper attendere in silenzio, cioè con pazienza fiduciosa, con animo mite". Lo ha detto il Papa, stamane, nell'omelia della Messa celebrata come ogni anno in suffragio dei Cardinali e Vescovi defunti nel corso dell'anno.

La "pazienza - ha sottolineato Francesco - non è rassegnazione, perché ad alimentarla è l’attesa del Signore, la cui venuta è certa e non delude".

E' importante - ha aggiunto - "imparare l’arte di attendere il Signore. Aspettarlo docilmente, fiduciosamente, scacciando fantasmi, fanatismi e clamori; custodendo, soprattutto nei periodi di prova, un silenzio carico di speranza. È così che ci si prepara all’ultima e più grande prova della vita, la morte. Ma prima ci sono le prove del momento. Ognuno di noi ha bisogno di maturare in questo. Davanti alle difficoltà e ai problemi della vita è difficile avere pazienza e rimanere sereni. Serpeggia l’irritazione e spesso arriva lo sconforto".

"Nella prova - ha detto ancora il Pontefice - nemmeno i bei ricordi del passato riescono a consolare, perché l’afflizione porta la mente a soffermarsi sui momenti difficili. E ciò accresce l’amarezza, sembra che la vita sia una catena continua di sventure". Ma "nell’abisso, nell’angoscia del nonsenso, Dio si avvicina per salvare. E quando l’amarezza raggiunge il culmine, all’improvviso rifiorisce la speranza. E' brutto arrivare alla vecchiaia con il cuore amaro".

Si tratta di "un’esperienza pasquale, un passaggio doloroso che apre alla vita, una sorta di travaglio spirituale che nel buio ci fa venire di nuovo alla luce. Questa svolta non avviene perché i problemi sono scomparsi, ma perché la crisi è diventata una misteriosa occasione di purificazione interiore. La prosperità, infatti, spesso rende ciechi, superficiali, orgogliosi. Invece il passaggio attraverso la prova, se vissuto al calore della fede, malgrado la sua durezza e le lacrime fa sì che noi rinasciamo, e ci ritroviamo diversi rispetto al passato".

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"La prova - ha spronato il Papa - rinnova, perché fa cadere molte scorie e insegna a guardare oltre, al di là del buio, a toccare con mano che il Signore salva davvero e ha il potere di trasformare tutto, perfino la morte. Dio accompagna soprattutto nel dolore, come un padre che fa crescere bene il figlio standogli vicino nelle difficoltà senza sostituirsi a lui. Il dolore resta un mistero, ma in questo mistero possiamo scoprire in modo nuovo la paternità di Dio che ci visita nella prova".

"Chiediamo la forza - ha concluso Papa Francesco - di sapere abitare" le avvesità "nel silenzio mite e fiducioso che attende la salvezza del Signore, senza lamentarci e senza brontolare, senza lasciarci rattristrare. Ciò che sembra un castigo, si rivelerà una grazia, una nuova dimostrazione dell’amore di Dio per noi. Saper attendere in silenzio la salvezza del Signore è un’arte. Coltiviamola. È preziosa nel tempo che stiamo vivendo: ora più che mai non serve gridare e suscitare clamori, serve che ognuno testimoni con la vita la fede, che è attesa docile e speranzosa. Il cristiano non sminuisce la gravità della sofferenza, ma alza lo sguardo al Signore e sotto i colpi della prova confida in Lui e prega per chi soffre. Tiene gli occhi al Cielo, ma ha le mani sempre protese in terra, per servire concretamente il prossimo, anche nel momento della tristezza e del buio".