Advertisement

“Papa Francesco in Romania nel 2019”, annuncia l’arcivescovo di Bucarest

Arcivescovo Ioan Robu | L'arcivescovo Ioan Robu di Bucharest fa un dono a Papa Francesco al termine dell'incontro della visita ad limina, Palazzo Apostolico Vaticano, 8 novembre 2018 | Vatican Media / ACI Group Arcivescovo Ioan Robu | L'arcivescovo Ioan Robu di Bucharest fa un dono a Papa Francesco al termine dell'incontro della visita ad limina, Palazzo Apostolico Vaticano, 8 novembre 2018 | Vatican Media / ACI Group

Ci sarà un viaggio di Papa Francesco in Romania, probabilmente nella primavera del 2019. Lo dice ad ACI Stampa l’arcivescovo Ioan Robu di Bucarest, presidente della Conferenza Episcopale Romena, il quale – con gli altri 16 vescovi di Romania e Moldova – è stato il 9 novembre da Papa Francesco Un colloquio lungo, quello con il Santo Padre, i cui contenuti restano ovviamente riservati, ma nel quale i vescovi latini e greco cattolici di Romania hanno messo nelle mani del Papa le loro preoccupazioni e speranze. E hanno rinnovato un invito ad andare in Romania che Papa Francesco ha accolto.

L’ad limina di Papa Francesco con i vescovi romeni è durato più di un’ora. Di cosa avete parlato?

È durato molto perché ciascuno di noi ha parlato. E vorrei sottolineare che Papa Francesco verrà l’anno prossimo in Romania, non sappiamo ancora con precisione quando. Ma la sua visita è quasi sicura. Si tratta ora di discutere con le autorità di Romania e con la Santa Sede per definire i dettagli. Si parlerà ovviamente anche con la Chiesa ortodossa di Romania, anche perché è la religione maggioritaria nel Paese.

In generale, come è andato l’incontro?

In mattinata, abbiamo avuto la grazia di concelebrare con Papa Francesco. È stata una possibilità arrivata all’ultimo, e si è trattato di un momento molto forte per noi, perché per noi Papa Francesco è il successore di Pietro, il nostro padre, che ci ha accolto come fratelli alla Messa e poi ci ha incontrato da vicino. Abbiamo parlato in una atmosfera piacevole. È vero ciò che si dice, che i vescovi vengono dal Papa per essere confermati nella fede: è stata proprio la nostra esperienza. Si è trattato di un nutrimento spirituale molto forte.

Advertisement

Siete una Conferenza episcopale che unisce vescovi di rito latino con vescovi greco cattolici. Come sono i vostri rapporti?

I rapporti tra le relazioni dei cattolici di rito latino e i greco-cattolici sono ottimi. Ci sono delle comunità greco-cattoliche che non hanno una chiesa propria, e celebrano le loro Messe nelle chiese di rito latino. Non è un dettaglio che siamo parte della stessa conferenza episcopale, e insieme ci riuniamo in assemblea due volte l’anno, e ci incontriamo in molte altre occasioni.

Come sono invece i rapporti con la comunità ortodossa invece?

Non ci sono tensioni con i cattolici di rito latino. C’è invece un “inverno” nelle relazioni tra greco-cattolici e ortodossi, soprattutto per via del problema della restituzione delle chiese. La Chiesa Greco Cattolica romena fu infatti assorbita dalla Chiesa Ortodossa già nel 1948, con il regime sovietico, prima del regime di Ceausescu. C’è il caso della cattedrale di Baia Mare, che ancora non è stata restituita alla Chiesa Greco Cattolica, ma anche il caso di molte chiese delle quali i greco cattolici attendono la restituzione. Abbiamo però la speranza che le cose piano piano arrivino ad una soluzione.

Lei parlava prima del regime comunista, e poi del regime di Ceasescu. Cosa resta della mentalità di allora? Si sente ancora, trenta anni dopo?

Ci sono delle cose che non sono percettibili a prima vista. Per esempio, la gente non è molto aperta a diventare membri di una organizzazione nella Chiesa, e questo è il risultato di anni mentalità sovietica, durante i quali le famiglie partecipavano alle funzioni, ma cercavano di non avere contatti con la Chiesa. Dal 1990 ad oggi abbiamo lavorato incessantemente per creare nuove comunità. Abbiamo messo su la gioventù cattolica, stabilito organismi come la Caritas parrocchiale, ma è difficile costruire qualcosa che sia stabile nella comunità. E lì vediamo che le persone, senza rendersene conto, rivivono il ricordo di quello che è stato il periodo comunista.

More in Vaticano

La Chiesa Cattolica di Romania è una Chiesa giovane o che vuole essere giovane?

Guardando a quanto fatto dal 1990 ad oggi, credo che la Chiesa Cattolica in Romanai possa essere definita una Chiesa giovane, vitale. Tutto ciò che c’era prima, dalle riviste cattoliche ai mass media, è stato ristabilito, le diocesi sono state riorganizzate, le parrocchie si sono moltiplicate. Per fare un esempio: a Bucarest nel 1990 c’erano 27 parrocchie, e da allora abbiamo costruito più di 30 chiese, anche grazie agli aiuti della Conferenza Episcopale Italiana. Per noi questo è un segno di giovinezza, e questo nonostante la fuga all’estero di tanti.

Giovanni Paolo II è stato in Romania nel 1999, e alcuni parlavano delle difficoltà che c’erano, specialmente con la Chiesa Ortodossa e l’allora patriarca Teoctist. Come pensa sarà accolto Papa Francesco?

Quando Giovanni Paolo II è stato in Romania, c’era in realtà un ottimo rapporto con il Patriarca Teoctist, e il Papa era felice di questa relazione. Gli ortodossi hanno partecipato alla Messa cattolica con il Patriarca Teoctist in testa, i cattolici hanno partecipato alla preghiera ortodossa con Giovanni Paolo II. Oggi, purtroppo, non mi immagino che questo sia possibile. Dal 2008 sono cambiate le situazioni nella Chiesa Ortodossa, l’attuale Patriarca Daniel non ha incoraggiato più la presenza di momenti comuni di preghiera non solo con i cattolici, ma anche con altre confessioni. Non facciamo più, ad esempio, una preghiera comune nella Settimana di Preghiera per l’Unità di Cristiani. Possiamo assistere ma non pregare.

La situazione è diventata così difficile?

Ci sono delle situazioni di difficoltà. Succede, ad esempio, che cattolici sono testimoni di nozze, di amici ortodossi e all’atto del matrimonio il sacerdote chiede loro di diventare ortodossi e di sottoscrivere la conversione. Ad altri viene chiesto di essere ribattezzati. Sono cose che prima non avevamo mai immaginato possibili.

Dopo tanti anni, il palazzo episcopale greco cattolico di Oradea è stato distrutto dalle fiamme, proprio dopo che faticosamente se ne era ottenuta la restituzione. Che impatto ha avuto questa vicenda sulla comunità cattolica?

Abbiamo reagito con stupore, con shock all’incendio del palazzo vescovile di Oradea. Non sappiamo neanche come sia successo, si pensa ad un tilt elettrico, avvenuto tra l’altro non all’interno del palazzo, ma fuori. Tutta la comunità di Oradea si è unita per ricominciare i lavori, e noi dalle diocesi daremo una mano.

Cosa può dare alla Chiesa di Europa la Chiesa che è in Romania e cosa può ricevere?

Abbiamo dato alle diocesi di Europa 44 sacerdoti fidei donum, e continueremo con questo aiuto fraterno alle diocesi che hanno bisogno di sacerdoti. Le vocazioni ci sono, sono in discesa, ma ci sono, e contiamo che la presenza dei nostri sacerdoti mostri una comunità cattolica universale, coesa. E abbiamo ricevuto, siamo stati aiutati, anche in maniera concreta, nella costruzione delle chiese.