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Papa Francesco in Ungheria, il Cardinale Erdo e il Sinodo sulla famiglia

Nel biennio 2014-2015 il Cardinale ungherese Peter Erdo ha ricoperto il delicato incarico di Relatore Generale in occasione del Sinodo dei Vescovi dedicato al tema della famiglia.

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Nel biennio 2014-2015 il Cardinale ungherese Peter Erdo ha ricoperto il delicato incarico di Relatore Generale in occasione del Sinodo dei Vescovi dedicato al tema della famiglia. Il 5 ottobre 2015 il porporato ungherese fu incaricato di tenere la relazione introduttiva alla presenza del Papa e dei Padri Sinodali.

Erdo sottolineò i rischi relativi a quello che chiamò un riduzionismo antropologico: “la persona alla ricerca della propria libertà, cerca infatti spesso di essere indipendente da ogni legame, a volte anche dalla religione, che costituisce un legame con Dio, dai legami sociali, specialmente da quelli che sono connessi con le forme istituzionali della vita. Da questo quadro di un’alienazione notevole, si spiega la fuga istintiva di molta gente dalle forme istituzionali. Così sembra che si possa spiegare la crescita del numero delle coppie che vivono insieme stabilmente, ma non vogliono contrarre nessun tipo di matrimonio né religioso né civile. Matrimonio e famiglia non sono per individui isolati, ma trasmettono dei valori, offrono una possibilità di sviluppo alla persona umana, che non risulta sostituibile”.

Secondo il Cardinale “oltre la fuga dalle istituzioni si riscontra anche la crescente instabilità istituzionale che si manifesta anche nell’alta percentuale dei divorzi. L’innalzamento dell’età in cui ci si sposa, ossia la paura dei giovani di assumersi delle responsabilità e degli impegni definitivi, come il matrimonio e la famiglia, s’inseriscono in questo contesto. Anzi, se l’obiettivo unico è quello di sentirsi bene sul momento, allora né il passato e né il futuro sembrano importanti, anzi appare una certa paura generale del futuro in quanto forse non ci sentiremo più così bene. Per questo sembra pericolosa anche una scelta definitiva sia professionale che familiare. Così accade che molti non sentono neanche la propria responsabilità, né per i loro simili nel presente e né per il futuro”.

Dopo questo excursus, il Cardinale Erdo propose la lettura secondo “lo sguardo di Gesù è quello della misericordia che si basa sulla verità. L’insegnamento di Gesù sul matrimonio e la famiglia parte dalla creazione. La vita dell’essere umano e dell’umanità s’inserisce in un grande progetto: quello di Dio creatore. Come in tutti gli aspetti della vita, troviamo la nostra pienezza e la nostra felicità se riusciamo ad inserirci liberamente e consapevolmente in questo grandioso progetto pieno di saggezza ed amore”. 

Il matrimonio è – ricordò Erdo – indissolubile. Un principio che “non è innanzitutto da intendere come giogo imposto agli uomini bensì come un dono fatto alle persone unite in matrimonio. Gesù ha assunto una famiglia, ha dato inizio ai segni nella festa nuziale a Cana, ha annunciato il messaggio concernente il significato del matrimonio come pienezza della rivelazione che recupera il progetto originario di Dio. Ma nello stesso tempo ha messo in pratica la dottrina insegnata manifestando così il vero significato della misericordia. Ciò appare chiaramente negli incontri con la samaritana e con l’adultera in cui Gesù, con un atteggiamento di amore verso la persona peccatrice, porta al pentimento e alla conversione, condizione per il perdono”.

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“Il matrimonio e la famiglia – proseguì il Cardinale - esprimono in modo speciale che l’essere umano è creato ad immagine e somiglianza di Dio. La differenza tra uomo e donna non è per la contrapposizione, o la subordinazione, ma per la comunione e la generazione, sempre ad immagine e somiglianza di Dio. Nel disegno creativo, infatti, è iscritta la complementarietà del carattere unitivo del matrimonio con quello procreativo”.

La Chiesa attraverso l’insegnamento di Cristo “mette in rilievo l’importanza della promozione della dignità del matrimonio e della famiglia ribadendo il fatto che il matrimonio è una comunità di vita ed amore. Il vero amore infatti non si riduce a qualche elemento del rapporto ma implica la mutua donazione di sé. Così si integrano la dimensione sessuale ed affettiva e l’edificazione quotidiana della vita. Nel disegno del Creatore la coppia umana è già portatrice della benedizione divina. Infatti, nella Genesi leggiamo che: Dio creò l'uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio; li creò maschio e femmina. Dio li benedisse; e Dio disse loro: siate fecondi e moltiplicatevi”.

La caratteristica della famiglia cristiana basata sul matrimonio è quella della missionarietà. Deve “condividere la propria fede donandola anche agli altri. Le famiglie cristiane sono chiamate a testimoniare il Vangelo sia con la loro vita vissuta secondo il Vangelo stesso, sia attraverso un annuncio missionario. I coniugi rinforzano mutuamente la loro fede e la trasmettono ai figli, ma anche i figli, con gli altri membri della famiglia, sono chiamati a condividere la loro fede. Nella famiglia si può fare anche l’esperienza di come i coniugi nel loro mutuo amore, rinforzati dallo spirito di Cristo, vivono la loro chiamata alla santità. Nel matrimonio sacramentale Dio consacra l’amore degli sposi e ne conferma l’indissolubilità, offrendo loro l’aiuto per vivere la fedeltà, l’integrazione reciproca e l’apertura alla vita”.

Come cellule missionarie – osservò ancora il Cardinale - “risulta molto utile la partecipazione di famiglie cattoliche impegnate alla preparazione dei nubendi. I nuovi sposi possono conoscere una comunità di veri amici e da questi incontri possono nascere rapporti umani di arricchimento, di appoggio ed aiuto anche nelle situazioni difficili o nei problemi della coppia”.

Nella relazione il Cardinale Erdo rilevò le difficoltà che spesso si incontrano con la politica sul tema della famiglia. “La collaborazione con le istituzioni pubbliche è da desiderare per l’interesse della famiglia. Eppure in molti Paesi e presso molte istituzioni il concetto ufficiale di famiglia non coincide con quello cristiano o con il suo senso naturale. Questo modo di pensare influenza la mentalità di non pochi cristiani. Le associazioni familiari ed i movimenti cattolici dovrebbero lavorare in modo congiunto, al fine di far valere le reali istanze della famiglia nella società: i cristiani devono impegnarsi in modo diretto nel contesto socio-politico, partecipando attivamente ai processi decisionali e portando nel dibattito istituzionale le istanze della dottrina sociale della Chiesa. Tale impegno favorirebbe lo sviluppo di programmi adeguati per aiutare i giovani e le famiglie bisognose, a rischio di isolamento sociale e di esclusione”.

Sul fronte delle famiglie ferite, il Cardinale ungherese usò parole di comprensione, ma allo stesso tempo nette. Circa “i separati ed i divorziati non risposati, la comunità della Chiesa può aiutare le persone che vivono dette situazioni nel cammino del perdono e se possibile della riconciliazione, può aiutare l’ascolto dei figli che sono vittime di queste situazioni e può incoraggiare i coniugi rimasti soli dopo un tale fallimento, di perseverare nella fede e nella vita cristiana ed anche di trovare nell’Eucarestia il cibo che li sostenga nel loro stato”. Per quanto riguarda i divorziati risposati civilmente invece  - aggiunse - “è doveroso un accompagnamento pastorale misericordioso il quale però non lascia dubbi circa la verità dell’indissolubilità del matrimonio insegnata da Gesù Cristo stesso. La misericordia di Dio offre al peccatore il perdono, ma richiede la conversione. Il peccato di cui può trattarsi in questo caso non è soprattutto il comportamento che può aver provocato il divorzio nel primo matrimonio. Riguardo a quel fatto è possibile che nel fallimento le parti non siano state ugualmente colpevoli, anche se molto spesso entrambe sono in una certa misura responsabili. Non è quindi il naufragio del primo matrimonio, ma la convivenza nel secondo rapporto che impedisce l’accesso all’Eucarestia.  Ciò che impedisce alcuni aspetti della piena integrazione non consiste in un divieto arbitrario, ma è un’esigenza intrinseca richiesta in varie situazioni e rapporti, nel contesto della testimonianza ecclesiale. Tutto questo richiede, però, un’approfondita riflessione. L’integrazione dei divorziati risposati nella vita della comunità ecclesiale può realizzarsi in varie forme, diverse dall’ammissione all’Eucarestia”.

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“Tra il vero ed il falso, tra il bene ed il male – concluse il Cardinale Erdo - non c’è una gradualità, anche se alcune forme di convivenza portano in sé certi aspetti positivi, questo non implica che possono essere presentati come beni. Si distingue però la verità oggettiva del bene morale e la responsabilità soggettiva delle singole persone. Ci può essere differenza tra il disordine, ossia il peccato oggettivo, e il peccato concreto che si realizza in un comportamento determinato che implica anche, ma non soltanto, l’elemento soggettivo”.