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Papa Francesco negli Emirati Arabi, visto dall’inviato UE per la libertà religiosa

Jan Figel | Jan Figel, inviato speciale dell'UE per la Promozione della Libertà Religiosa fuori Europa | JF / FORB Jan Figel | Jan Figel, inviato speciale dell'UE per la Promozione della Libertà Religiosa fuori Europa | JF / FORB

Nel giorno in cui Papa Francesco fu insignito del Premio Carlo Magno, il 6 maggio 2016, l’Unione Europea annunciò anche la nomina di un Inviato Speciale per la Promozione della Libertà Religiosa. Fu scelto Jan Figel.

In questi tre anni, l’ufficio dell’Inviato ha costruito una rete di organizzazioni di società civile, ONG di vario tipo, accademie, ha tenuto 13 missioni in Medio Oriente, Africa ed Asia Sud Orientale, e ha contribuito a far rilasciare gruppi di prigionieri in Sudan e Pakistan, oltre a lavorare per la riconciliazione in Iraq e per la cooperazione interreligiosa in Libano, Giordania, Egitto, Malesia ed altre nazioni. È stato anche negli Emirati Arabi Uniti. E, dal suo osservatorio privilegiato, ha sottolineato che la visita del Papa nella penisola arabica è “un fatto storico” destinato a rafforzare i canali di dialogo.

Papa Francesco partecipa alla Conferenza sulla Fraternità Umana negli Emirati Arabi Uniti. Davvero gli Emirati stanno lavorando per migliorare la libertà religiosa nella nazione?

Sono stato negli Emirati nel dicembre 2016, per prendere parte alla Conferenza Mondiale per la Pace nelle società musulmane. La conferenza riguardava la comprensione dello Stato civile basato su eguale cittadinanza, pluralismo, e un trattamento equo delle minoranze religiose nello spirit della dichiarazione di Marrakech adottata nel 2016 da una serie di 250 sapienti ed intellettuali musulmani sui diritti delle minoranze religiose in terra d’Islam. É un processo che continua. Ci sono nazioni che mostrano uno sforzo nel fermare il frequente abuso dell’Islam per interessi personali da parte di gruppi di terroristi. Nel mezzo di questi problemi, gli Emirati Arabi Uniti mostrano un approccio costruttivo.

Di cosa parlerà la conferenza di Abu Dhabi?

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La conferenza mette insieme differenti leader religiosi e della società che lavorano per sviluppare dialogo tra le fedi, cooperazione, e, dire, una “responsabiità sociale delle religioni”. È un grande contributo alla pacifica coesistenza e diversità quando leaders che godono di fiducia mostrano il loro sempio. E l’agire in fraternità, come richiesto a tutti noi dalla Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, che compie settanta anni, dovrebbe essere visible specialmente tra quantic che sottolineano l’esistenza di un Dio creatore e padre di tutti.

Che impatto avrà la visita di Papa Francesco?

Dopo il viaggio del 2017 al Cairo, questo viaggio sarà un momento storico, dato che per la prima volta un Papa della Chiesa cattolica entra nel Golfo Arabico, per approfondire il dialogo in corso e il senso della responsabilità ai rappresentanti e al popolo della seconda più grande religione al mondo. Il Papa porterà anche il messaggio di cura e support per le comunità cristiane che vivono nella regione.

Tre anni dopo la sua costituzione, quale è l’importanza del mandato dell’inviato speciale europea sulla libertà religiosa?

L’importanza del mandato è stata confermata dalla straripante maggioranza di 576 voti che recentemente ha confermato l’ufficio dell’Inviato speciale lo scorso messaggio. Sono convinto che questo risultato sia frutto della fiducia e buona cooperazione che si è sviluppata con il Parlamento Europeo, il Consiglio d’Europa, gli Stati membri e la diplomazia. Non posso che essere felice di notare che, dal 2016, molte nazioni hanno stabilito dipartimenti o inviati per la libertà di religione o di credo, come l’Ungheria, la Danimarca, la Germania e il Regno Unito.

Quali sono stati i maggiori risultati?

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Ho una agenda sempre fitta, perché la promozione della libertà religiosa mancava nell’agenda europea. I miei prossim impegni saranno in India, Israele, Palestina, Indonesia, e spero anche Cina e Vietnam. Ma mi piace segnalare due particolari risultati: il lancio e la promozione delle attività dell’Accademia Europea delle Religioni a Bologna, fondata nel 2016; il lancio della Dichiarazione di Punta del Este sulla Dignità Umana per Tutti e Ovunque nel dicembre 2018, che è un invite aperto a promuovere la dignità di ogni persona umana come base, criterio e obiettivo delle politiche pubbliche; e il lancio del Premio di Giornalismo per la Libertà Religiosa.

Per quanto riguarda l’Islam, recentemente è stata pubblicata la Dichiarazione di Islamabad, fermata da 500 religiosi Pakistani, che si schierva conro il terrorismo in nome della religion. Si tratta di un promettente inizio o solo di un momento particolare della discussione?

Dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre, il massacre di Beslan in Ceenia nel 2004 e la nascita del brutale movimento dell’ISIS a partire dal 2014, nonché quello di numerosi gruppi islamisti, molti tra i leader religiosi e politici musulmani si sono cominciati a interrogare di come eliminare questo frequente abuso dell’Islam da parte di vari gruppi in favore del loro potere e interesse. Le vittime dell’estremismo violento non sono solo le minoranze vulnerabili, ma anche le comunità musulmane. In Pakistan, questo sforzo è stato dimostrato dalla recente dichiarazione di Islamabad. Nel gennaio 2018, c’era stat oil messaggio Paighame e Pakistan, diffuso da più di 5 mila imam e studiosi contro l’estremismo violento che abusa dell’Islam e mette a rischio la convivenza pacifica. C’è un percorso, dal messaggio di Amman del 2005, alla Dichiarazione di Beirut sulla Libertà religiosa del 2015, alla dichiarzione di Marrakech del 2016, e diversi recenti docuenti di al Azhars. Ora è importante trasportare nella vita concreta delle persone.

Perché la libertà relgiiosa è un valore da preservare?

La libertà religiosa include libertà di pensiero, coscienza, religion o credo. È importante per credenti e non credenti. Rappresenta un diritto generale, che si connette a quelli di libertà di espressione, associazione, assemblea. È la cartina di tornasole di tutti i diritti umani. Per questo, possiamo dire che è una precondizione per il buon governo e lo sviluppo sostenibile in pace e giustizia. Da una parte, vediamo una crescita della diversità religiosa, dall’altro la diffusione dell’analfabetismo religioso. Alcuni regimi promuovono ideologie secolari, mentre d’altra parte ci sono Stati religiosi che sperimentano crescente intolleranza e discriminazione contro le minoranza. I fenomeni peggiori oggi sono le azioni di persecuzione e genocidio in nome di religion, etnia e differenza. Le ultime vittime di persecuzioni genocide sono stati cristiani e yazidi in Iraq e Siria e i musulmani rohingya in Myanmar.

Insomma, la libertà religiosa è fondamentale…

È direttamente connessa con la dignità umana. E la dignità è il principio fondamentale dei diritti umani universali. Siamo uguali in dignità, e tutti differenti in identità. Questo è il principio chiave e il messaggio per un XXI secolo più umano. Non dobbiamo abbandonare l’obiettivo della libertà religiosa per tuttti.