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Papa Francesco, servire il popolo significa offrire la gioia dell'incontro con Gesù

L'incontro del Papa con i religiosi della Repubblica democratica del Congo

Papa Francesco e i religiosi a Kinshasa |  | Elias Turk- Aci Mena Papa Francesco e i religiosi a Kinshasa | | Elias Turk- Aci Mena

Nel giorno dedicato alla vita consacrata il Papa incontra i religiosi della Repubblica democratica del Congo e ricorda: "Ecco che cosa significa essere servitori del popolo: preti, suore, missionari che hanno sperimentato la gioia dell’incontro liberante con Gesù e la offrono agli altri. Ricordiamocelo: il sacerdozio e la vita consacrata diventano aridi se li viviamo per “servirci” del popolo invece che per “servirlo”. Non si tratta di un mestiere per guadagnare o avere una posizione sociale, e nemmeno per sistemare la famiglia di origine, ma è la missione di essere segni della presenza di Cristo, del suo amore incondizionato, del perdono con cui vuole riconciliarci, della compassione con cui vuole prendersi cura dei poveri".

L'incontro si è svolto nella Cattedrale di Notre-Dame du Congo, a Kinshasa, un’edificio del 1947, quando il Paese era ancora sotto il dominio coloniale belga ispirata all’architettura Art Déco degli anni ’30. All'interno c'è un cimitero con le tombe dei vescovi che hanno guidato la locale comunità cristiana.

Al suo arrivo il Papa è stato accolto dal Cardinale Arcivescovo di Kinshasa e dal parroco e ha sostato davanti alle tombe degli Arcivescovi defunti.

Nonostante le tante sfide "c’è anche tanta gioia per il servizio al Vangelo e sono numerose le vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata" ha detto il Papa. Aggiungendo: "l’abbondanza della grazia di Dio, che opera proprio nella debolezza e che vi rende capaci, insieme ai fedeli laici, di generare speranza nelle situazioni spesso dolorose del vostro popolo". E per fare questo il Papa invita a "vincere la mediocrità spirituale" con la preghiera e la frequentazione dei Sacramenti.  E pi la sfida di "vincere la tentazione della comodità mondana, di una vita comoda in cui sistemare più o meno tutte le cose e andare avanti per inerzia, ricercando il nostro confort e trascinandoci senza entusiasmo". E poi, dice il Papa "che bello essere luminosi nel vivere il celibato come segno di disponibilità completa al Regno di Dio! Non accada invece che in noi si trovino, ben piantati, quei vizi che vorremmo sradicare negli altri e nella società".

Fondamentale quindi la formazione per non diventare "funzionari" ma "testimoni". Fondamentale la fraternità "mai in guerra; testimoni di pace, imparando a superare anche gli aspetti particolari delle culture e delle provenienze etniche, perché, come affermò Benedetto XVI rivolgendosi ai sacerdoti africani, «la vostra testimonianza di vita pacifica, al di là delle frontiere tribali e razziali, può toccare i cuori» (Esort. ap. Africae munus, 108)".

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Conclude il Papa: "se ci pieghiamo davanti a Dio, con umiltà, Egli ci fa diventare come Lui, operatori di misericordia" per cui "siate anche voi così: docili al Dio della misericordia, mai spezzati dai venti delle divisioni" e "non scoraggiatevi, c’è bisogno di voi! Siete preziosi, importanti: ve lo dico a nome della Chiesa intera".

Il cardinale Fridolin Ambongo Besungu, O.F.M. Cap. Arcivescovo Metropolita di Kinshasa ha detto nel suo saluto: "Santo Padre la Sua venuta nella Repubblica Democratica del Congo ci dà motivi di speranza e di proiettarci nel futuro con maggiore determinazione e dedizione".

Tra le testimonianze quella di padre Léonard Santedi: "In un mondo che preferisce il tribalismo e le “cricche”, noi dobbiamo essere testimoni di quell’amore, come lo ha sottolineato Vostra Santità all’inizio dell’Enciclica Fratelli tutti". E poi Suor Alice Sala  che dice: "nonostante questo quadro di molteplici ingiustizie, il Congo rimane una terra benedetta da Dio, una popolazione generosa, che ama la preghiera, ripiena di vitalità e di speranza, come Vostra Santità avrà sicuramente osservato. Ecco perché noi non ci scoraggiamo, perché crediamo in Cristo risorto". Infine Don Divin Mukama, Seminarista che ricorda come la formazione dei Seminaristi in Congo  sia "contrassegnata dalle guerre e dalle violenze. Queste ultime portano con sé crisi di ordine morale, economico e sociale. In tale contesto, i Seminaristi sono dei veri segni di speranza. Inoltre, non possiamo tacere il fenomeno della proliferazione delle chiese pentecostali, le cosiddette “chiese del risveglio”, che pongono un serio problema in relazione alla crisi d’identità cattolica. A questo, associamo la dipendenza dalle reti sociali, il cui abuso provoca l’inquinamento mentale dei giovani. I seminaristi non ne sono risparmiati".