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Papa Francesco, tornare alla normalità non sia tornare alle ingiustizie contro la pace

Il messaggio del Papa al 4° Forum di Parigi sulla Pace

Papa Francesco  |  | Vatican Media Papa Francesco | | Vatican Media

Di fronte alle scelte del post pandemia dobbiamo “ritornare alla normalità” cioè una realtà in cui la “ricchezza e la crescita economica erano riservate a una minoranza mentre milioni di persone non erano in grado di soddisfare i bisogni più elementari e condurre una vita dignitosa” o piuttosto ci sono altre strade?

La questione è posta da Papa Francesco ai partecipanti  al 4° Forum di Parigi sulla Pace, che si svolge da oggi fino al 13 novembre.

“Ritorno alla normalità - si legge nel messaggio del Papa- significherebbe anche ritorno alle vecchie strutture sociali ispirate da “autosufficienza, nazionalismo, protezionismo, individualismo e isolamento” ed escludenti i nostri fratelli e sorelle più poveri. È questo un futuro che possiamo scegliere?

Il Papa mette in evidenza quali sono i temi da affrontare, dalla questione delle spese militari mai così alte oggi da dopo la Guerra fredda, che, dice Francesco, sono sostenute dalla teoria dei governi che “giustificano tale riarmo richiamandosi a un’idea abusata di deterrenza fondata sull’equilibrio delle dotazioni di armamenti. In questa prospettiva, gli Stati sono inclini a perseguire i propri interessi principalmente sulla base dell’uso o della minaccia della forza”. 

Non è questa la via della pace come già Papa Giovanni XXIII nella Lettera enciclica Pacem in terris aveva affermato.

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La logica della deterrenza - per Francesco- è stata associata a “quella propria del mercato liberista che gli armamenti possano essere considerati alla stregua di tutti gli altri prodotti manufatti e quindi, come tali, liberamente commerciabili a livello mondiale”.

La pandemia è stata una cartina di tornasole per molte delle carenze della società, ma “la speranza ci invita a sognare in grande e a dare spazio all’immaginazione di nuove possibilità”.

E l’auspicio del Papa è “che la tradizione cristiana, in particolare la dottrina sociale della Chiesa, come pure altre tradizioni religiose” siano un contributo e che “di fronte alle conseguenze della grande tempesta che ha sconvolto il mondo, la nostra coscienza ci chiama dunque a una speranza responsabile, cioè, in concreto, a non seguire la via comoda del ritorno a una “normalità” segnata dall’ingiustizia, ma ad accettare la sfida di assumere la crisi come «opportunità concreta di conversione, di trasformazione, di ripensare il nostro stile di vita e i nostri sistemi economici e sociali»”. 

No a soluzioni facili, “non sprechiamo questa opportunità di migliorare il nostro mondo; di adottare con decisione modalità più giuste per attuare il progresso e costruire la pace. Animati da questa convinzione, è possibile generare modelli economici che servano i bisogni di tutti preservando i doni della natura, come pure politiche lungimiranti che promuovano lo sviluppo integrale della famiglia umana” .

E Il Papa conclude con le parole che il profeta Geremia rivolse al popolo in tempo di grave crisi: «Fermatevi nelle strade e guardate, / informatevi dei sentieri del passato, / dove sta la strada buona percorretela, così troverete pace per la vostra vita» (Ger 6,16)”.