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Papa Pio XII ed il diritto penale internazionale

Il Pontefice ne parlò in un discorso all'Unione dei Giuristi Cattolici nel 1953

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Papa Pio XII è stato un uomo di grande fede e cultura. Nel corso del proprio magistero ha cercato di essere vicino, con la parola e con l'azione, a moltissimi settori della società civile, non ultimo quello giuridico.

Interessato ad ogni aspetto della vita sociale, in diverse occasioni incontrò l'Unione dei Giuristi Cattolici per affrontare i diversi aspetti del diritto, inerenti al mondo ecclesiastico.

Il Pontefice, il 6 dicembre 1953, in relazione al diritto penale internazionale, parlò ai Giuristi cattolici ricordando l'importanza delle norme nella vita della comunità, civile e religiosa.

Nella propria esperienza diplomatica, il nunzio apostolico Eugenio Pacelli, non ancora Pontefice, risolse i diversi problemi giuridici, legati ai delicatissimi rapporti fra la Sede apostolica e la Germania, nella quale si trovava ad operare.

Etica, sovranità e legge sono il punto di incontro di quel percorso che nasce dalle esigenze della collettività, trovando riscontro nella parole del vangelo e del magistero petrino.

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Non conflitto fra fede e diritto, ma riconoscimento dei reciproci ruoli per la costruzione di un mondo e di una società più giusta ed ispirata alle parole del Cristo.

Storicamente, è bene osservare come molti principi del vangelo confluirono, nella tradizione giuridica, grazie all'opera di codificazione degli imperatori Costantino e Giustiniano che evidenziarono l'importanza di tali introduzioni, per la comunità civile.

Il Pontefice, nell'importante consesso, analizza alcuni di questi rapporti del diritto penale internazionale, richiamando l'importanza della materia in ambito sovranazionale.

Nel testo, approfondendo lo studio delle fonti nei rapporti giuridici fra gli Stati, evidenzia che:” Ciò che abbiamo esposto può essere utile per il giurista e l'uomo politico cattolico anche quando nei loro studi o nell'esercizio della loro professione vengono in contatto con gli accordi (Concordati, Trattati, Convenzioni, Modus vivendi, ecc.) che la Chiesa (vale a dire, già da lungo tempo, la Sede Apostolica) ha concluso in passato e conclude tuttora con Stati sovrani.

I Concordati sono per essa una espressione della collaborazione tra Chiesa e Stato. Essa per principio, ossia in tesi, non può approvare la completa separazione fra i due Poteri. I Concordati debbono quindi assicurare alla Chiesa una stabile condizione di diritto e di fatto nello Stato, con cui sono conclusi, e garantire ad essa la piena indipendenza nell'adempimento della sua divina missione”.

Nel discorso, l'autore mette in risalto l'importanza di questi accordi per la missione a cui è chiamata la Chiesa e per un futuro segnato dalla pace, dalla concordia e dall'unità nei rapporti internazionali, per poter, liberamente, annunciare la parola del vangelo.

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Il Vicario di Cristo, concludendo osserva che:” la comunità internazionale possa bandire ogni pericolo di guerra e stabilire la pace per quanto poi riguarda la Chiesa, che valga a garantirle dappertutto la via libera, affinchè essa possa fondare nello spirito e nel cuore, nel pensiero e nell'azione degli uomini il regno di Colui che è il Redentore, il Legislatore, il Giudice, il Signore del mondo, Gesù Cristo, il Dio che è sopra tutte le cose benedetto nei secoli (Rom. 9, 5).

Mentre pertanto accompagniamo coi Nostri paterni voti i vostri lavori per il maggiore bene dei popoli e per il perfezionamento delle relazioni internazionali, impartiamo a voi, come pegno delle più ricche grazie divine, con effusione di cuore l'Apostolica Benedizione.”.

Concordati, principi e rapporti internazionali sono le modalità, con le quali l'ordinamento giuridico può trasmettere i principi del vangelo, per l'avvento di quel Regno di cui ha parlato il Cristo per il bene dell'umanità.