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Parolin celebra il funerale dell’arcivescovo Castoro, pastore “fine, mite e mansueto”

Funerale arcivescovo Castoro | Un momento del funerale dell'arcivescovo Michele Castoro, celebrata dal Cardinale Pietro Parolin  | Teleradiopadrepio Funerale arcivescovo Castoro | Un momento del funerale dell'arcivescovo Michele Castoro, celebrata dal Cardinale Pietro Parolin | Teleradiopadrepio

Un pastore “mite, fine e mansueto”, che ha vissuto fino all’ultimo la sua fede in Cristo. Così il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, descrive l’arcivescovo Michele Castoro di Manfredonia – Vieste – San Giovanni Rotondo, scomparso lo scorso 5 maggio.

Una presenza importante e imprevista, quella del Cardinale Segretario di Stato, per onorare il presule che era anche presidente del Consiglio di Amministrazione della Casa Sollievo della Sofferenza, l’ospedale voluto da padre Pio a San Giovanni Rotondo e che per volontà di padre Pio è legato alla Segreteria di Stato vaticano.

Un segnale importante, da parte del Cardinale, mentre sta per scadere il Consiglio di Amministrazione dell’ospedale che ha perso anche il suo presidente. Un segnale che il Cardinale non manca di segnalare, ricordando nell’omelia la sua frequentazione con l’arcivescovo Castoro proprio per via del suo impegno nella Casa Sollievo della Sofferenza.

“Ne avevo apprezzato – ha ricordato nell’omelia – la sua finezza d’animo, mitezza e mansuetudine, e la dedizione all’opera e l’impegno ad assicurarne, oltre alla solidità, fedeltà allo spirito del Fondatore”

L’omelia del Cardinale Parolin era iniziata con un ricordo del lavoro e degli incarichi dell’arcivescovo Castoro, ma soprattutto il suo abbandono al Signore come una “pecorella sulle spalle di Cristo Buon Pastore”, perché “i pastori sono le pecorelle del Signore”.

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E questa verità – ha detto il Cardinale Parolin – l’arcivescovo Castoro l’ha “creduta, testimoniato e insegnato, e vissuto”.

L’arcivescovo Castoro “alla primaria dimensione della liturgia e dei sacramenti – ha ricordato il Segretario di Stato vaticano – ha unito un essenziale contributo alla crescita umana, culturale e sociale delle persone e delle comunità a lui affidate”.

Anche la sua infermità – ha aggiunto il Cardinale – è stata “tutta centrata sul mistero della croce che è la manifestazione più grande dell’amore di Dio e sulla consapevolezza che, unendo le sue sofferenze e quelle di Cristo, esse sarebbero diventate fonte di luce e di redenzione per sé e per gli altri”.