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Pio XII, e il suo “bureau” che si impegnava a salvare vite durante la guerra

Un libro di Johan Ickx, capo dell’Archivio della Seconda Sezione della Segreteria di Stato, mette in luce lo straordinario sforzo fatto da Pio XII negli anni di Guerra

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“Un giorno i documenti della Santa Sede diverranno pubblici. E allora, sbollite le pressioni del momento, si vedrà che la Santa Sede ha seguito una linea di azione provvida e insieme prudente”. A dirlo fu il Cardinale Giuseppe Maglione, segretario di Stato vaticano dal 1939 al 1944, anno della sua morte, durante una delle riunioni di crisi al tempo della Seconda Guerra Mondiale. C’era una questione spinosa da risolvere, una nota di protesta della Santa Sede sul trattamento dei cattolici nei territori occupati dai nazisti, e in particolare in Polonia, che i nazisti si erano rifiutati di ricevere. La preoccupazione è anche data dal fatto che la Santa Sede può essere accusata di non aver fatto niente. E il Cardinale Maglione fece questa battuta.

La battuta è riportata nell’ultimo libro di Johan Icks “Le Bureau. Le Juifs de Pie XII” (Il Bureau. I giudei di Pio XII), pubblicato in francese, e di cui si attendono presto le edizioni in inglese e italiano. Ickx è da trenta anni a Roma, e da dieci a capo dell’Archivio della Seconda Sezione della Segreteria di Stato vaticana. È stato responsabile dell’enorme lavoro di digitalizzare e mettere a disposizione degli studiosi gli archivi del periodo del pontificato di Pio XII, aperti lo scorso marzo. E dai primi studi di quegli archivi appena aperti ha compilato questo libro, centrandolo proprio sulle attività di quello che Ickx chiama “Il Bureau”, e che altro non è che la prima sezione degli Affari Esteri della Segreteria di Stato, guidata da monsignor Domenico Tardini.

Il libro di Ickx è un libro in cui la Storia e le storie si intrecciano. Scritto durante il periodo di pandemia, ispirato dai racconti del Decamerone nello stile, Ickx ripercorre il periodo della guerra partendo dei documenti contenuti nella serie “Ebrei”. È una serie dell’archivio del periodo di Pio XII che include tutte le richieste di intervento e di aiuto degli Ebrei. Conta circa 2800 richieste di intervento e aiuto che vanno dal 1938 al 1944, e mostra uno scorcio del destino di oltre 4 mila ebrei. Alcuni di loro sono ebrei osservanti, altri sono cristiani di origine ebraica.

E qui potrebbe già venire una obiezione: la Santa Sede si occupava solo dei cristiani. Non è proprio così. Semplicemente, la Santa Sede era autorizzata ad intervenire a difesa dei cattolici di tutto il mondo, mentre ogni altro intervento sarebbe stato visto e proclamato una ingerenza. E i tedeschi nazisti avrebbero di certo utilizzato questa carta.

Ma la serie, spiega Ickx, mostra che “gli sforzi e le intenzioni fossero volti a salvare ogni singolo essere umano, a prescindere dal colore e dal credo”.

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Di certo, il libro di Ickx smentisce, ancora una volta, la “leggenda nera” su un Pio XII che rimase in silenzio. Una leggenda che è stata ampiamente diffusa e diventata pensiero comune a seguito della messa in scena dell’opera teatrale Il Vicario del Drammaturgo Tedesco Rolf Hochhuth (morto lo scorso anno), definito da Ickx “un capolavoro dei servizi segreti sovietici”.

A leggere le carte dipanate da Ickx, si scopre che Pio XII era perfettamente informato nei territori ad Est, proprio come lo erano gli inglesi e gli americani. Anzi, fu proprio Myron Tylor, rappresentante del presidente Roosevelt presso la Santa Sede, a portare all’attenzione della Segreteria di Stato una informativa su quello che stava accadendo.

Allo stesso tempo, la Santa Sede doveva prestare attenzione a non essere usata da nessuna delle forze in guerra, a mantenere una sua imparzialità. Era una condotta diplomatica prudente, non un silenzio, tanto che nel suo messaggio di Natale del 1942, Pio XII denunciò la situazione in termini certamente cauti, ma sufficientemente chiari da non lasciare spazio ad ambiguità.

Pio XII decise di non intervenire direttamente per non compromettere né vite umane ne azioni umanitarie portate avanti dalla Santa Sede.

Scrive Ickx: “Per quanto ne so, sempre molto limitatamente, la segreteria di Stato del Vaticano era l’unico ministero degli Esteri al mondo con un ufficio apposito e una completa rete internazionale destinata al soccorso delle persone perseguitate durante la Seconda guerra mondiale. Oggi, la serie Ebrei ne è la dimostrazione”.

E ne sono la dimostrazione anche le cifre già a disposizione, che mostrano che dei supposti 9.975 ebrei presenti a Roma nel giorno della Liberazione al termine della Seconda Guerra Mondiale, 6.381 erano stati aiutati e protetti da Pio XII, le istituzioni vaticane e il Vicariato. Come lo dimostra anche il lavoro della Rome Escape Line, la via di fuga guidata da padre Hugh O’Flaherty, un dinamico irlandese che sempre sfuggì alla Gestapo. Non vi sfuggì, invece, Anselmus Muster, agostiniano, che fu prelevato dai nazisti in spregio ad ogni extraterritorialità vaticana nella Basilica di Santa Maria Maggiore, dove si era rifugiato, e fu torturato, ma mai tradì i compagni. La sua storia, il modo in cui la Santa Sede dovette affrontare la situazione dal punto di vista diplomatico, sono una delle parti più interessanti del libro di Ickx.

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Nel testo si trovano vari personaggi: Angelo Giuseppe Roncalli, allora amministratore del Vicariato Apostolico di Istanbul e futuro Papa Giovanni XXIII, che fu coinvolto in alcune operazioni di salvataggio di ebrei; o il Cardinale Aloizije Stepinac, beato, anche lui come Pio XII vittima di una leggenda nera, che si spende a Roma per evitare che gli ebrei siano discriminati, e riesce solo ad evitare che gli ebrei convertiti siano costretti a portare la stella gialla.

Tutte le storie del libro di Ickx sono autentiche, e si basano su documenti reali. Vanno contestualizzate. Va contestualizzata la prudenza di monsignor Dall’Acqua alle prime segnalazioni dei campi di concentramento ad Est, che una polemica recente ha voluto spacciare per pregiudizio antisemita. Vanno contestualizzate le scelte di Pio XII, che voleva prima di tutto salvare vite umane ed era consapevole del ruolo delicato che aveva la Santa Sede.

E, in fondo, spiega più di tutto l’episodio della nota di protesta inviata al governo nazista per quanto sta accadendo in Polonia, che i tedeschi decidono di non accettare. L’arcivescovo Orsenigo, nunzio a Berlino, accetta la restituzione lettera, creando un caso diplomatico che merita una riunione straordinaria. È quella in cui Maglione pronuncia la frase all’inizio di questo articolo.

Alla fine si decide che pubblicare la nota negli Actae Apostlicae Sedis potrebbe non essere opportuno. E allora Pio XII dà l’ordine che il nunzio Orsenigo “Faccia rilevare per iscritto al governo germanico che il gesto compiuto non è amichevole nei riguardi della Santa Sede”, e “Aggiunga che la S. Sede considera come presentata la nota”. Vale a dire: il gesto di rifiutare la nota equivale quasi ad una dichiarazione di guerra, e allo stesso tempo – spiega Ickx - ribadiva che la disapprovazione del Papa verso le persecuzioni religiose compiute dal governo tedesco era stata espressa e rimaneva immutata”.

È un dettaglio nel mare della storia. Ma che racconta benissimo che no, Pio XII non stette in silenzio. Fu prudente, perché il momento chiedeva prudenza, e perché la diplomazia della Santa Sede non voleva scendere in guerra al fianco di nessuno. Ma fu davvero presente.