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Beato Stepinac, ancora delle prove contro la leggenda nera su di lui

Il libro di una dottoranda della Fulbright Fellowship rimette in luce il lavoro straordinario fatto dall’arcivescovo di Zagabria durante la guerra

Cardinale Stepinac | Una fotografia del Cardinale Aloizije Stepinac | pd Cardinale Stepinac | Una fotografia del Cardinale Aloizije Stepinac | pd

Non ha portato a conclusioni, la commissione mista cattolica-ortodossa voluta da Papa Francesco per meglio delineare la figura del Cardinale Aloizije Stepinac, arcivescovo di Zagabria, processato e incarcerato dai comunisti. Un martire, beatificato da San Giovanni Paolo II, ma ancora non canonizzato per l’opposizione dei serbi, che lo hanno accusato di collaborazionismo con il regime nazista degli ustascia. Eppure, più i documenti storici vengono fuori, più questi sono inoppugnabili. Una recente ricerca ha messo ancora una volta in luce come il Cardinale Stepinac abbia salvato almeno 6 mila ebrei durante la guerra. Un dato che dovrebbe far riflettere tutti quelli che lo accusano di collaborazionismo con i nazisti.

Il fatto è che sul beato Stepinac è stata costruita una leggenda nera. Leggenda che comincia già nel 1946, quando fu incarcerato processato e condannato dal regime comunista di Tito perché considerato connivente con il regime di Ante Pavelic e con i massacri etnici degli ustascia, che decimarono serbi ortodossi ed ebrei. Ed i serbi ortodossi hanno dato credito a questa leggenda.

Tutto, però, mostra il contrario, e già il fatto che ci sia stata un processo di beatificazione avrebbe dovuto essere garanzia. Perché, per una beatificazione, c’è prima di tutto un vaglio attentissimo di tutti i documenti e le testimonianze riguardo la vita della persona. Niente può essere lasciato al caso.

Il lavoro appena uscito si chiama “Aloizije Stepinac: Pilastro dei Diritti Umani”, ed è scritto da Esther Gitman. Si tratta del la sua tesi di dottorato per la Fulbright Fellowship, un programma di borse di studio statunitense. Lei stessa ebrea di origine della Bosnia Erzegovina, non sapeva in che modo la sua famiglia fosse stata salvata. Le ricerche la hanno portata a scoprire una verità nascosta sotto la patina della leggenda nera, dopo aver analizzato migliaia di documenti (5 mila solo riguardanti il salvataggio degli Ebrei in Croazia) e intervistato 67 sopravvissuti. E così, è venuta a sapere che il Cardinale Stepinac ha salvato, direttamente o indirettamente, almeno 6 mila ebrei durante il periodo della guerra.

La Seconda Guerra Mondiale colpì l’allora regno di Yugoslavia nel 1941, con l’invasione dei nazistie così il Regno fu diviso tra le potenze dell’Asse, per un migliore controllo della regione. La Croazia fu affidata alla Germania, con il nome di Stato Indipendente di Croazia e a capo Ante Pavelic e i suoi ustascia, fascisti croati leali ad Hitler.

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Già negli anni Trenta Stepinac aveva tuonato contro la minaccia nazista. Quando si dovette confrontare con i nazisti, dovette cercare un equilibrio per opporti al regime Ustascia mantenendo però pace e ordine nella sua nazione. “Il suo dovere – ha spiegato Gitman – era di stabilire una relazione di lavoro con Pavelic. Si odiavano vicendevolmente, ma era necessario per il bene della pace”.

Ma, nonostante tutto, Stepinac trovò modi sottili e meno sottili di opporsi a Pavelic. Per esempio, c’erano nella arcidiocesi cinque suore e due preti di origine ebraica, e per questo obbligati a portare la stella sei punte. Pavelic decise che era troppo imbarazzante, e levò l’obbligo per i sacerdoti, ma il Cardinale Stepinac chiese loro di continuare a portarla, per solidarietà con il popolo ebraico.

Il rabbino di Zagabria stabilì una solida amicizia con il Cardinale Stepinac, il quale, tra l’altro, organizzava posti dove un numero non definito di ebrei poteva nascondersi per poi fuggire in posto più sicuro. Quando lo stesso Stepinac fu in pericolo di vita, qusesti avvisò tutti di trovarsi un altro nascondiglio. Allo stesso modo, diede istruzioni a tutti i suoi sacerdoti di accettare qualunque richiesta di conversione per salvare le vite di tutti.

Come spiega Gitman, la politica di Stepinac fu che “quando un prete veniva avvicinato da un ebreo o un serbo la cui vita era in pericolo e aveva bisogno di essere convertito, doveva essere convertito perché il dovere cristiano era prima di tutto di salvare vite”.

Non solo: il Cardinale Stepinac protestò anche vigorosamente con gli ustascia per proteggere le coppie in matrimonio misto dall’essere deportato in campo di concentramento. Se fosse successo, disse, avrebbe chiuso tutte le chiese a tempo indeterminato, e avrebbe fatto suonare le campane ininterrottamente.

Gitman ha portato alla luce una lettera dell’agente nazista Hubner ad Hans Helms della polizia nazista a Zagabria, che mostrava come gli ustascia fossero ben consapevoli di questa tattica, e alla fine della lettera si sottolineava che “si crede che l’informazione sia accurata, perché è noto che Stepinac è un protettore degli ebrei”.

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Circa 5 mila ebrei furono salvati da Stepinac con un appello diretto alla Santa Sede in favore degli ebrei che erano fuggiti in territorio italiano, e che stavano per essere rimandati dagli ustascia. Fu lui, insieme all’abate benedettino Giuseppe Ramior Marcone, visitatore apostlico in Croazia, a chiedere al Vaticano di negoziare il permesso perché gli ebrei yugoslavi rimanessero in territorio italiano. Una manovra che ebbe successo.

Stepinac salvò anche un gruppo di 58 anziani ebrei che vivevano nell’ospizio “Lavoslav Schwarz” a Zagabria, portandoli in un edificio di proprietà della Chiesa dopo che i nazisti avevano chiesto loro di evacuare o andare ad Auschwitz. Questi anziani rimasero lì fino al 1947, e solo cinque di loro morirono di cause naturali durante la guerra.

E poi, c’erano le sue omelie, durissime, fortissime, in celebrazioni partecipate da folle immense, che poi venivano diffuse anche con la stampa clandestina. Tanto che un generale tedesco a Zagabria, Glaise von Horstenau, disse: “Se un vescovo in Germania parlasse in questo modo in pubblico, non scenderebbe vivo dal pulpito”.
Le omelie sono state raccolte nel 2010 in una miscellanea in tre volumi intitolata “Blaženi Alojzije Stepinac, svjedok evanđelja ljubavi” (Il beato Alojzije Stepinac, testimone del Vangelo dell'amore, e curata dal postulatore della causa, mons. Juraj Batelja).

Il 25 novembre 1942, in una omelia, il Cardinale Stepinac disse: “Affermiamo è che tutti i popoli e le razze vengono da Dio. In realtà, esiste una sola razza, e questa è la razza di Dio. Il suo certificato di nascita si trova nel Libro della Genesi, quando la mano di Dio dal fango della terra ha creato il primo uomo e gli ha infuso lo spirito di vita (Genesi, 2,7). Allo stesso modo ha creato per lui una compagna, e poi li ha benedetti... Ogni popolo e ogni razza, quale oggi si sviluppa sulla Terra, ha il diritto a condurre una vita umana dignitosa che è necessario onorare. Non esiste differenza fra gli uomini, appartengano essi alla razza zingara o a un’altra, siano neri o europei affamati, siano ebrei dalla pelle olivastra o superbi ariani, tutti hanno il diritto a dire: ‘Padre Nostro che sei nei cieli’. E dal momento che Dio ha dato a tutti gli uomini tale diritto, quale potenza umana può negarla loro? Non esistono differenze tra i popoli”.

E ancora: “La Chiesa cattolica ha sempre condannato, e anche oggi condanna, ogni ingiustizia e ogni violenza che si compie in nome delle teorie di classe, di razza e di appartenenza a un popolo... Non si possono cancellare dalla faccia della Terra ebrei e zingari perché li si considera una razza inferiore. Se si accettano con tale facilità i princìpi di varie teorie senza fondamento, per quale popolo vi sarà sicurezza di vita sulla Terra?”.

Nella omelia del 31 ottobre 1943, il Cardinale Stepinac sottolineò di nuovo: “La Chiesa cattolica conosce solamente razze come creazione di Dio... Per essa l’uomo è uguale, che sia un nero dell’Africa o un europeo. Per essa il re nel palazzo reale è uomo nella stessa misura in cui lo è l’ultimo povero o zingaro sotto la tenda. Essa, tra questi uomini, non conosce differenze essenziali, se sono uomini: l’uno e l’altro hanno un’anima immortale. Uno e l’altro sono della medesima origine regale... La Chiesa cattolica non può accettare che una qualsiasi razza o un qualsiasi popolo, solo perché è più numeroso e più forte con le armi, possa commettere violenza su un altro popolo meno numeroso e peggio armato. Non possiamo accettare che si uccidano innocenti, perché per esempio in un imboscata è stato ucciso un soldato, neppure se questi fosse della razza più nobile. Il sistema che chiede il massacro di centinaia di ostaggi per un crimine per il quale non è possibile scoprire il colpevole è pagano e non ha mai portato buoni frutti”.

In quel volume si trovano altre testimonianza. C’è la lettera che Meira Touvala-Weltmann scrisse l’11 giugno 1943 al vescovo Angelo Giuseppe Roncalli, allora delegato apostolico a Istanbul, ringraziando per l’aiuto e la protezione che il Beato Stepinac aveva offerto fino ad allora agli ebrei.

E scrisse a Roncalli anche il funzionario ebraico Weltmann, notando che “mosignor Stepinac ha fatto tutto ciò che era nelle sue possibilità per aiutare e attenuare lo sfortunato destino degli ebrei in Croazia”, e chiedendo al futuro Giovanni XXIII di esprimere a Stepinac il ringraziamento e chiedendo di continuare a lavorare per gli ebrei, salvando il presidente dott. Hugo Kon, e il rabbino capo dott. Miroslav Šalom Freiberger, i quali sono stati arrestati un mese fa”, e chiedendo anche che il beato Stepinac continuasse a lavorare con le autorità per facilitare il viaggio degli ebrei dalla Croazia in Ungheria e in Italia.

Lo stesso Stepinac non mancò di fare interventi diretti con le autorità croate. L’8 maggio 1943 inviò una lettera al ministro degli Interni dell’NDH, ARtukovic, in cu isi legge: “Signor Ministro, mi permetto di trasmetterle in allegato la richiesta della Comunità Ebraica di Zagabria, con la quale essa chiede la libertà di operare per il bene di quelli che sono rimasti ancora in libertà. La natura stessa della cosa, come si vede nell'allegato, mostra di essere una richiesta giusta. La prego, sig. ministro, di venirmi incontro con riferimento a questa richiesta, affinché alle persone, che sono rimaste di quelle comunità e che operano in essa, diate il permesso di operare negli ambiti di azione di detta comunità, e qualora qualcuna delle persone indicata fosse in prigione, che diate l'ordine che sia liberata. Nel ringraziarla, signor ministro, per tutto ciò che Lei ha fatto e farà, per salvare il carattere etico naturale e cristiano del nostro popolo, esprime a Lei anche in questa occasione il mio più profondo rispetto”.

Ce n’è abbastanza, insomma, per mettere da parte la leggenda nera sul Cardinale Stepinac. In fondo, il secondo miracolo c’è, ed è già stato approvato dalla Commissione dei Medici e da quella dei Teologi della Congregazione per le Cause dei Santi. Solo per ragioni di prudenza, Papa Francesco ancora non ha dato l’ok.