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Predica di Quaresima. Cantalamessa: "Passare dalle formule alla vita"

Terza meditazione di Quaresima, stamani in Aula Paolo VI, tenuta alla Curia Romana e a Papa Francesco dal predicatore della Casa Pontificia

Predica di Quaresima, Padre Raniero Cantalamessa |  | Vatican Media / ACI Group Predica di Quaresima, Padre Raniero Cantalamessa | | Vatican Media / ACI Group

Terza meditazione di Quaresima, stamani in Aula Paolo VI, tenuta alla Curia Romana dal predicatore della Casa Pontificia sul tema “Voi chi dite che io sia?”. Presente oggi anche Papa Francesco. Cantalamessa si sofferma in particolare sulla fede nella "divinità di Cristo" e sulla sua potenza salvifica

"Ci siamo proposti di reagire al come se "Cristo non esistesse", come se si potesse capire tutto della Chiesa prescidendo da Lui. Ci siamo proposti di rinnovare la nostra fede in chiave spirituale. Per parlare di Cristo abbiamo scelta la chiave più sicura quella del dogma Cristo vero Dio e vero uomo. Vogliamo risvegliare i dogmi e infondere in essi vita", dice nell'introduzione il Cardinale che ha aperto la meditazione con un’Ave Maria "per i frutti del viaggio in Iraq".

"Ora affrontiamo il dogma di Cristo vero Dio". Padre Raniero Cantalamessa parla alla platea della ricostruzione storica di questo dogma. "Esso fu sancito solennemente nel concilio di Nicea del 325 con le parole che ripetiamo nel Credo. Al di là dei termini usati, il senso profondo è che in ogni lingua e cultura Gesù deve essere proclamato Dio nel senso più forte che la parola Dio ha. Conoscere Cristo significa riconoscere i suoi benifici, non indagare le sue nature. Il Cristo per me diventa più importante del Cristo in sè", dice il cappuccino.

"Come risvegliare in noi una fede luminosa, creduta, professata e vissuta? - domanda il Caridnale - A Gesù non interessa tanto quello che dice di lui la gente, ma quello che dicono di lui i suoi discepoli. Voi chi dite che io sia? La domanda più risolutiva. Partiamo dai Vangeli per rispondere alla domanda".

"Nei sinottici la verità è continuamente sottointesa. Chi se non Dio può rimettere i peccati? Chi può poclamarsi giudice finale? Come basta un capello per ricostruire il dna cosi basta una sola riga del Vangelo per ricostruire il dna di Gesù, per scoprire ciò che egli pensava di se stesso. Giovanni ha fatto della divinità di Cristo lo scopo primario del suo Vangelo, questi segni sono stati scritti perchè crediate che Gesù è il Cristo", sottolinea nella terza predica il Cardinale.

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"Un giorno di tanti anni fa celebrai la messa in un monastero di clausura, il Vangelo di Giovanni dove Gesù dice "io sono". Nel lezionario queste parole erano scritte in maiuscolo e questo in me fece scoccare una scintilla, quella parole esplosero dentro di me. La mia però era una conoscenza scolastica. Quel giorno era un'altra cosa. Sembrava che il Risorto proclamasse lui stesso il suo nome divino, io mi sentivo piccolo piccolo. Era un'emozione di fede. C'è da rimanere stupiti di fronte all'impresa che lo Spirito Santo ha portato a termine con Giovanni", continua Padre Raniero Cantalamessa.

"Nessuna delle cosidette cristologie dal basso è riuscita ad elevarsi. La ragione l'aveva data Gesù nel Vangelo. Il Cristo conosciuto dai suoi benefici è il frutto migliore dell'ecumenismo. Noi tutti abbiamo bisogno di dare alla fede una dimensione personale, intima. Siamo tutti chiamati in causa. Passare dalle formule, alla vita. Dal pensato al vissuto. Consapevoli però che non basta ripetere il Credo di Nicea, occorre rinnovare lo slancio di fede che si ebbe allora nella divinità di Cristo e di cui non c’è stato più l'eguale nei secoli.", ne è convinto il Predicatore.

"Nessuno parla dell'atto di credere. Questo è un atto singolare, non può essere fatto che dal singolo. Credi tu? Si, Signore io credo. Quando Gesù domanda: credete voi? Non intende la fede in Dio. Parla della fede in Lui. Dobbiamo accettare anche noi di passare attraverso questo momento di prova, di subire questo esame. Alla domanda di Gesù? Io ci metto il mio nome - continua Cantalamessa- La divinità di Cristo è l'Everest della fede. Credere in un Dio nato in una stalla e morto su una croce. Riscoprire le radici della fede nel cuore".

Conclude cosi infine il Cardinale la sua predica: "Tutto questo è importante anche per l'ecumenismo cristiano. Il vero ecumenismo spirituale non è solo pregare per l'unità dei cristiani, è la comunione dei santi. La fede nella divinità di Cristo è importante per l'evangelizzazione. Tolta la divinità di Cristo tutto si sfalda e crolla. La fede dei cristiani è la divinità di Cristo. Conoscere Cristo è riconoscere i suoi benefici. C'è un dipinto tra i più famosi dell'arte moderna, una copia fu venduta per 180 milioni di dollari, rappresenta la vita che non ha senso. Su uno sfondo rossastro un uomo attraversa un ponte con due individui che camminano ignari a tutto. E' "l'urlo di Munch", un grido di disperazione. Gesù ha detto io sono la luce del mondo, chi crede in Cristo ha la possibilità di resistere al non senso della vita. Chi crede in Cristo non cammina nelle tenebre, sa dove viene e dove va. Ma soprattutto sa che è amato da qualcuno. Gesù ha detto io sono la resurrezione e la vita. Questo da al credente la certezza che la nostra vita non termina con essa".