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Regno Unito, la lotta dei vescovi contro la legge per il suicidio assistito

Mai una legge per l’eutanasia era andata così avanti. L’opposizione dei vescovi e degli esperti

Preghiera interreligiosa contro l'eutanasia | La preghiera del Cardinale Nichols, l'arcivescovo Welby e il rabbino Mirvis contro il disegno di legge sull'eutanasia  | CNA (da archivio Getty) Preghiera interreligiosa contro l'eutanasia | La preghiera del Cardinale Nichols, l'arcivescovo Welby e il rabbino Mirvis contro il disegno di legge sull'eutanasia | CNA (da archivio Getty)

Il 22 ottobre è il giorno della memoria di San Giovanni Paolo II. Ed è stata a lui consacrata una novena proclamata dai vescovi di Inghilterra e Galles per pregare contro l’approvazione della legge dell’eutanasia, che andava in seconda lettura alla Camera dei Lord proprio il 22 ottobre. La legge è poi passata in quella seconda lettura, anche se ci sono anche altri passaggi da fare perché diventi ufficiale. E anche i vescovi continuano a combattere per non trascinare il Regno Unito sul piano inclinato delle leggi pro-morte, come è successo in altri Paesi Europei.

Si chiama “Legge per l’assistenza a morire” (Assisted Dying Bill), ed è stata presentata dalla Baronessa Molly Christine Meacher. È la terza proposta di legge sul tema. Le altre due sono state redatte prima delle elezioni del 2015 e non sono mai diventate legge. Ma ora, sembra che i tempi siano più maturi, o semplicemente la composizione del Parlamento è diversa.

La proposta di legge punta a legalizzare il morire come una scelta per adulti malati terminali e mentalmente abili nei loro sei mesi finali di vita. Perché questa scelta sia convalidata, ci vuole il parere favorevole di due dottori indipendenti e un giudice di una Alta Corte. In caso di parere positivo, il paziente potrebbe essere fatto morire nel modo e nel luogo che lui sceglierà.

Ad oggi, il suicidio assistito è punito in Inghilterra con un massimo di 14 anni di prigione.

La legge è passata in seconda lettura nonostante diversi pareri sfavorevoli, emersi dalle relazioni di 60 Lord che hanno messo in luce la necessità di proteggere i vulnerabili e le persone con disabilità, e stigmatizzato l’uso improprio di un linguaggio di compassione quando si parla di suicidio assistito.

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Sono stati anche gli argomenti dei vescovi cattolici, che hanno chiesto in questi mesi ai fedeli di lanciare petizioni contro la proposta di legge, oltre che a pregare perché non venga approvata.

I vescovi non sono stati soli. Il 19 ottobre, il Cardinale Vincent Nichols, arcivescovo di Westminster, ha visto unirsi alla sua voce quelle dell’arcivescovo di Canterbury Justin Welby e del Rabbino Capo Ephraim Mirvis. I tre hanno inviato una lettera in cui si metteva in luce i rischi per le persone vulnerabili, e chiedevano piuttosto misure per rendere disponibili cure palliative di alta qualità per tutti alla fine delle loro vite.

Dopo il passaggio alla Camera, ora la proposta di legge sarà esaminato da un comitato, mentre i vescovi, per bocca del vescovo John Sherrington che guida il dipartimento della Conferenza Episcopale sulle questioni di vita, continueranno a “monitorare e mettere in discussione la legislazione”, perché è chiaro che “la Chiesa Cattolica non può mai essere di assistenza nel prendere la vita di un altro, anche qualora questi lo richieda”.