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Religioni a Sarajevo, un obiettivo: ricostruire la fiducia reciproca

Ifet Mustafic | Ifet Mustafic, ufficio del  Raisu-l-Ulama, Comunità Islamica di Sarajevo, 4 giugno 2015 | Andreas Dueren / ACI Group Ifet Mustafic | Ifet Mustafic, ufficio del Raisu-l-Ulama, Comunità Islamica di Sarajevo, 4 giugno 2015 | Andreas Dueren / ACI Group

“Ricostruire la fiducia.” Quando gli viene chiesto della più importante sfida che devono affrontare le religioni unite in Bosnia, Ifet Mustafic, che si occupa del dialogo interreligioso nell’ufficio dell’Ulema nella Comunità Islamica di Bosnia Erzegovina, non ha dubbi.

“Si parla molto delle vittime della guerra, delle persone che sono morte durante la guerra. Sono state fatte cose brutte durante la guerra, e molti di quanti hanno perpetuato queste cose brutte sono affiliati alle religioni. Ma ricostruire non significa solo riconoscere le cose brutte. Il primo passo è ricostruire la fiducia,” dice.

Riceve in degli uffici a pochi passi dal Ponte Latino, sul fiume che attraversa la città. Dall’altra parte del fiume, si trova la Cattedrale di Sarajevo, a fianco alla Cattedrale di Sarajevo la cattedrale ortodossa, dietro la Cattedrale una moschea. È un colpo d’occhio che testimonia come le tre religioni possano convivere insieme. Eppure, il dialogo è difficile. Anche perché si ricostruiva il dialogo tra le religioni dopo cinquanta anni di comunismo, e cinque anni di guerra.

"Quando è finita la guerra, ci siamo resi conto che le persone mancavano proprio della terminologia religiosa. Abbiamo fatto un piccolo libro, tutte le religioni insieme sedute in un tavolo, che spiegava la terminologia religiosa di ciascuno,” affema Mustafic.

Il problema vero non era però nella mancanza di una terminologia adeguata, quanto nella mancanza di fiducia reciproca. “La fiducia è stata anche una delle vittime della guerra. E se non ti fidi di qualcuno, non puoi lavorare con qualcuno,” ha detto, sottolineando che questa mancanza di fiducia ha reso ancora più difficile il dialogo interreligioso.

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Per questo, il fatto che i leader delle quattro grandi religioni presenti a Sarajevo (ortodossi, cattolici, musulmani, ebrei) saranno insieme al Papa sul palco al Centro Studi Francescano nel pomeriggio del 6 giugno "rappresenta un momento molto importante."

Sedendo su un divano intagliato nel legno, fatto dagli artigiani che hanno costruito anche la cattedra su cui il Papa celebrerà Messa nel Kosevo Stadium il 6 giugno, Mustafic sottolinea che “tra i regali della delegazione islamica, ci sarà anche un libro del 2012 intitolato “Le religioni in Bosnia Erzegovina,” in inglese e bosniaco, che racconta proprio la presenza storica delle religioni nella nazione e ne mette in luce le caratteristiche.

Si deve ripartire – afferma Mustafic – dal mutuo riconoscimento dell’importanza di ciascuno, perché “il dialogo esisteva prima della guerra, e dopo la guerra si è cercato di ricostruire quel dialogo quando i leaders di tutte le religioni si sono seduti insieme e hanno cercato almeno di parlare.”

L’idea è quella di andare oltre le ferite del passato. “Sono stato recentemente ad un incontro, e noto che si tende a parlare delle ferite del passato, cose che feriscono. È un problema anche questo di mancanza di fiducia. Ma la scelta è ormai quella di andare oltre il passato, di lavorare su cose importanti per tutti noi e sulle quali possiamo essere d’accordo.”

Come la questione della restituzione delle proprietà alle comunità religiose. Una questione che Mustafic spera il Papa affronterà durante il viaggio. “Come musulmani, ci aspettiamo che il Papa incoraggi il percorso che abbiamo intrapreso, e sostenga il dialogo, ma anche che il Papa dica qualcosa delle proprietà religiose” espropriate dal comunismo, per le quali c’è una trattativa per la restituzione.

 

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