E’ in corso a Roma dallo scorso 6 giugno la trentanovesima sessione della Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa di nutrizione. Tra i membri partecipanti, anche la Santa Sede, secondo cui è urgente uno “sviluppo umano sostenibile” e nuova “giustizia distributiva”, che rivela “il ruolo originale della Fao” per rispondere con una giusta nutrizione agli “affamati” del pianeta.

Questa mattina è intervenuto alla Sessione internazionale proprio il capo della delegazione vaticana, mons. Fernando Chica Arellano, che ha ricordato come sia “urgente dare un ruolo centrale all’agricoltura nell’ambito della attività economica” mondiale.

Per l’Osservatore permanente nominato da Papa Francesco presso le organizzazioni Onu che si occupano di alimentazione ed agricoltura, “in questo contesto anche l’interpretazione della nuova Agenda di sviluppo post 2015 deve andare oltre, verso un concetto di ‘sviluppo esteso’ non solo sostenibile, ma anche rispondere ad un’effettiva giustizia distributiva e non meramente legale”.

Parlare di sviluppo per tutti e di lotta alla fame, è possibile “solo ponendo al centro le esigenze della persona, di ogni persona e tutta la persona”: “quando questo non è preso in considerazione – ha detto Arellano -, gli effetti negativi sono diventati evidenti, in particolare nei settori più colpiti dalla povertà, il sottosviluppo, la disoccupazione, la malnutrizione e il degrado ambientale”.

“Tutti sappiamo che per garantire il diritto all’alimentazione non è sufficiente affermarlo”, ha continuato  l’Osservatore permanente. Piuttosto, “la delegazione della Santa Sede considera che lo sviluppo agricolo e alimentare non si può ridursi a mera gestione professionale dei programmi”.

“Se vogliamo davvero eliminare la fame nel mondo”, ha detto Arellano, “è urgente sostenere la conoscenza e la saggezza concreta e decisamente tradizionale, così importante per i piccoli agricoltori, allevatori, pescatori e lavoratori forestali, che spesso è dimenticata, ma da cui dipende in gran parte la produzione agricola”, come avviene per le “persone indigene che hanno un antico rapporto con la terra”.

Ma la cosa fondamentale è non disperdere “una visione etica e umana fondata di sviluppo”, che “ci chiama a condividere risorse, strategie e finanziamenti, ma soprattutto ci ricorda l'importanza e l'urgenza che ha il primato della solidarietà e la determinazione di porre fine una volta per tutte il sottosviluppo del mondo rurale”.