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Siria, dopo 12 anni di guerra, la road map dell’Œuvre d’Orient

Un rapporto dell’opera che, dalla Francia, aiuta le Chiese orientali mette in luce la situazione in Siria

Œuvre d'Orient | La copertina del rapporto dell'Œuvre d'Orient sulla Siria | Œuvre d'Orient Œuvre d'Orient | La copertina del rapporto dell'Œuvre d'Orient sulla Siria | Œuvre d'Orient

A un anno dalla caduta del regime di Bashir Assad, quale è la situazione in Siria? E in che modo far tornare indietro le lancette della storia, fino a ripristinare anche la differenza religiosa? A cercare una risposta a queste domande ci pensa un rapporto dell’Œuvre d’Orient, l’opera di aiuto ai cristiani in Oriente legata alla Conferenza Episcopale Francese. Forte di una storia più che secolare, e di una presenza sul territorio maturata in tempi non sospetti, l’Œuvre d’Orient ha definito tre punti cruciali riguardanti una road map per la situazione nella regione, con uno sguardo molto interessato e interessante alle istituzioni cristiane che operano nel territorio.

I tre punti imprescindibile per la ricostruzione sono il ripristino dei diritti delle minoranze, la messa in essere di meccanismi internazionali di sostegno e finanziamento per assicurare la ricostruzione esclusiva e proteggere il pluralismo, e la promozione della diversità internazionale durevole.

Il rapporto, spiega monsignor Hugues de Wollemont, presidente dell’Œuvre d’Orient, “esprime l’aspirazione alla pace, alla piena cittadinanza e alla sicurezza delle comunità cristiane per costruire la Siria di domani”, mettendo così in azione il “ruolo vitale che le istituzioni associative e caritative cristiane si uniscano per tutta la società siriana, e in particolare negli ambiti della riconciliazione dell’autonomia delle donne e dell’educazione”.

Il rapporto propone raccomandazioni concrete, raccomandando come mettere in pratica strumenti di sostegno e protezione per sostenere la diversità etnica e religiosa del Paese che oggi è “fragilizzato”.

Presente da sempre sul territorio siriano, L’Œuvre d’Orient ha dato l’allarme sulle sofferenze della popolazione siriana e l’esodo massiccio della sua componente cristiana. Un “grido nel deserto – nota de Wollemont – di cui la comunità siriana è bene “si renda conto”, prendendo le proprie responsabilità e agendo concretamente per “le comunità etniche e religiose di questa regione del mondo”, perché la presenza delle comunità siriane è “esempio di pluralismo e democrazia per il nostro mondo, e “un avvenire di pace in Siria non si potrà costruire senza di loro”.

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Nel rapporto, si nota prima di tutto la comunità “storica e vitale” dei cristiani in Siria, e il contributo che hanno dato alla società.

Vanno protetti, come dimostrano gli ultimi episodi di violenza comunitaria sulla costa a Sud della Siria. I cristiani hanno visto le loro speranze per la caduta del regime di Assad svanire nel momento in cui, il 22 giugno 2025, sono stati vittime di un attentato nella chiesa di Mar Elias, vivendo il profondo dilemma di rimanere o andare in esilio.

Vanno dunque sostenute le minoranze, e va dato un avvenire in Siria. Tra le soluzioni urgente proposte dal rapporto, si parla di strumenti di protezione contro l’impunità della persecuzione, fondi dedicati, la messa in pratica di un criterio di vulnerabilità basato sull’appartenenza a una minoranza etnica o religiosa essenziale.

Si mette in luce “l’esistenza minacciata” della presenza cristiana al cuore del conflitto siriano, sottolineando come la guerra sia stata “catalizzatore di un declino multidimensionale e acceleratore di uno sfaldamento della comunità”.

Ma, soprattutto, non si tacciono le preoccupazioni connesse con il nuovo ordine politico attualmente presente in Siria, di fronte a un “quadro girudico e costituzionale in mutazione”.  

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