Parigi , venerdì, 12. dicembre, 2025 14:00 (ACI Stampa).
A un anno dalla caduta del regime di Bashir Assad, quale è la situazione in Siria? E in che modo far tornare indietro le lancette della storia, fino a ripristinare anche la differenza religiosa? A cercare una risposta a queste domande ci pensa un rapporto dell’Œuvre d’Orient, l’opera di aiuto ai cristiani in Oriente legata alla Conferenza Episcopale Francese. Forte di una storia più che secolare, e di una presenza sul territorio maturata in tempi non sospetti, l’Œuvre d’Orient ha definito tre punti cruciali riguardanti una road map per la situazione nella regione, con uno sguardo molto interessato e interessante alle istituzioni cristiane che operano nel territorio.
I tre punti imprescindibile per la ricostruzione sono il ripristino dei diritti delle minoranze, la messa in essere di meccanismi internazionali di sostegno e finanziamento per assicurare la ricostruzione esclusiva e proteggere il pluralismo, e la promozione della diversità internazionale durevole.
Il rapporto, spiega monsignor Hugues de Wollemont, presidente dell’Œuvre d’Orient, “esprime l’aspirazione alla pace, alla piena cittadinanza e alla sicurezza delle comunità cristiane per costruire la Siria di domani”, mettendo così in azione il “ruolo vitale che le istituzioni associative e caritative cristiane si uniscano per tutta la società siriana, e in particolare negli ambiti della riconciliazione dell’autonomia delle donne e dell’educazione”.
Il rapporto propone raccomandazioni concrete, raccomandando come mettere in pratica strumenti di sostegno e protezione per sostenere la diversità etnica e religiosa del Paese che oggi è “fragilizzato”.
Presente da sempre sul territorio siriano, L’Œuvre d’Orient ha dato l’allarme sulle sofferenze della popolazione siriana e l’esodo massiccio della sua componente cristiana. Un “grido nel deserto – nota de Wollemont – di cui la comunità siriana è bene “si renda conto”, prendendo le proprie responsabilità e agendo concretamente per “le comunità etniche e religiose di questa regione del mondo”, perché la presenza delle comunità siriane è “esempio di pluralismo e democrazia per il nostro mondo, e “un avvenire di pace in Siria non si potrà costruire senza di loro”.




