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Verso Leone XIV in Libano, il rapporto dell’Œuvre d’Orient

L’associazione, che opera da più di 170 anni, ha dato sostegno ai cristiani d’Oriente in 23 Paesi del Medio Oriente. Un rapporto sul suo lavoro è segno di speranza. Ma anche un grido di aiuto

Libano / Œuvre d'Orient | La copertina del rapporto sul Libano dell'Œuvre d'Orient | Œuvre d'Orient Libano / Œuvre d'Orient | La copertina del rapporto sul Libano dell'Œuvre d'Orient | Œuvre d'Orient

Un grido di aiuto e un segno di speranza allo stesso tempo. Il rapporto diffuso dall’Œuvre d’Orient alla vigilia del viaggio di Leone XIV in Libano, una settantina di pagine di dati e attività che dettagliano un intervento straordinario nel Paese dei Cedri, dove il settore privato sovrasta quello pubblico e le attività della Chiesa sono cruciali per l’aiuto alla popolazione.

Un segno di speranza, perché nel lavoro svolto dalle varie associazioni cattoliche c’è un auspicio, una volontà, un tentativo di rialzarsi in una società che vive da tempo in instabilità politica e in una situazione particolarmente difficile. Un grido di aiuto, perché – si legge nel rapporto – il fatto che questi aiuti siano privati non significa che siano finanziati, ma i finanziamenti scarseggiano, come scarseggia la possibilità di erogare aiuti.

L'Œuvre d'Orient, su richiesta del Patriarca Maronita, Sua Beatitudine Béchara Rai, ha coordinato la raccolta dei dati e la redazione del rapporto con il supporto di Caritas Libano e del Segretariato Generale per l'Educazione Cattolica.

Ma cosa dice il rapporto? Che in Libano l’istruzione pubblica serve solo il 28 per cento degli studenti del Libano, e solo il 20 per cento degli ospedali del Paese è pubblico, mentre “la crisi libanese, iniziata nel 2019, ha significativamente indebolito le istituzioni statali, in particolare nei settori dell’istruzione, sociale e sanitario”, tanto che gli studenti delle scuole pubbliche hanno ricevuto una media di 50-70 giorni di scuola l’anno, mentre un anno scolastico comprende 180 giorni.

Il servizio è fornito dal settore privato non profit, con scuole semigratuite, istituti tecnici, centri di riabilitazione, cliniche, ospedali, orfanotrofi e centri per anziani e disabili.

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Il rapporto include la partecipazione di 254 di queste istituzioni, che forniscono servizi pubblici vitali.

Queste attività appartengono a 61 istituzioni religiose cristiane, ma anche a enti di beneficenza drusi, sunniti e sciiti e associazioni laiche libanesi. Ne beneficiano 146.247 persone.

Il rapporto elenca 140 scuole semigratuite che hanno istruito 26.594 bambini libanesi provenienti da contesti socio-economicamente vulnerabili in tutto il Libano. Ci sono circa 31.148 beneficiari che sono persone con disabilità, pazienti, bambini vulnerabili, persone che lottano contro la dipendenza e anziani.

Si tratta di “istituzioni uniche”, che lavorano in partnership con lo Stato libanese “attraverso accordi di sovvenzione”, ma i cui contratti non sono rispettati dallo Stato dall’inizio della crisi del 2019. Le scadenze di pagamento non sono state rispettate, mentre la lira libanese si è svalutata del 98 per cento, e così anche il valore reale dei sussidi è crollato.

L’abbandono da parte dello Stato mette a rischio le istituzioni, e per questo il rapporto mette in luce, istituzione per istituzione, i pagamenti in sospeso, che nel 2023 ammontavano a 147 milioni di dollari, interessando 254 istituzioni e 314 contratti.

Lo studio include la partecipazione di almeno 254 istituzioni (al 18 novembre 2024), tra cui istituzioni religiose cristiane, associazioni laiche e organizzazioni caritatevoli druse (Al Irfan), sunnite (Makassed) e sciite (Mabarrat). I dati sono stati raccolti tra marzo e novembre 2024.

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Il rapporto descrive anche l'ecosistema in cui operano queste istituzioni, la massa critica di beneficiari necessaria, il loro ruolo vitale nel sostenere i più vulnerabili, la negligenza che subiscono e l'urgente necessità di sostenere la loro missione. Dall'inizio della guerra, queste istituzioni hanno svolto un ruolo significativo nella risposta alla crisi umanitaria, fornendo assistenza, alloggio e supporto agli sfollati, pur impegnandosi al contempo a mantenere le loro attività.

Nota il rapporto che “tuttavia, essendo private – e quindi spesso erroneamente percepite come a scopo di lucro – queste istituzioni ricevono solo un sostegno marginale dai donatori internazionali rispetto al numero di persone vulnerabili che assistono. Questo rapporto mira a sensibilizzare sulla missione di queste istituzioni e a promuovere un maggiore sostegno per coloro che assistono”.

Tra queste istituzioni, ci sono anche quelle colpite dalla guerra Israele-Hamas scoppiata dopo i tragici fatti del 7 ottobre 2023 e dal deterioramento della situazione umanitaria a partire dal 23 settembre 2024. Le attività si sono dovute adattare, sebbene i problemi di fondo non siano cambiati.

Nonostante tutto, “con 1,2 milioni di sfollati tra settembre e dicembre 2024 e il peggioramento della situazione umanitaria, il loro lavoro con i beneficiari è stato rafforzato. Oltre ai risultati presentati in questo rapporto, abbiamo voluto sottolineare anche il ruolo essenziale che queste istituzioni svolgono nella risposta alla crisi umanitaria e la necessità di sostenere le loro attività affinché possano proseguire pienamente la loro missione”.

Il 18 novembre 2024, gli estensori del rapporto hanno esaminato la situazione di 190 delle 254 istituzioni che hanno partecipato al rapporto.

In primo luogo, 22 strutture hanno subito danni materiali a causa dei bombardamenti (Al Kafa'at, l'ospedale Tel Chiha di Zahle, numerose scuole e orfanotrofi appartenenti all'associazione Mabarrat, ecc.), mentre 38 strutture hanno dovuto chiudere durante il conflitto. Ci sono 54 strutture che

ospitano o forniscono supporto (rieducazione, aiuti alimentari, ecc.) agli sfollati.

Il rapporto “raccomanda, in particolare, che i donatori e le organizzazioni internazionali sostengano la missione di queste strutture, oltre agli aiuti di emergenza forniti alle vittime di guerra, affinché possano recuperare la piena capacità di rispondere in modo sostenibile ed efficace alla crisi umanitaria e agli sforzi di ricostruzione”.

Nel dettaglio, “la prima raccomandazione è quella di invitare le istituzioni e i donatori internazionali (Unione Europea, organizzazioni delle Nazioni Unite, Fondo Monetario Internazionale, Banca Mondiale, ambasciate, ministeri degli affari esteri, ecc.) a sostenere queste istituzioni non governative e senza scopo di lucro con una missione di servizio pubblico e ad adattare i loro criteri di sovvenzione a questa specifica realtà libanese”.

La seconda raccomandazione “mira a proporre un consorzio di attori libanesi e internazionali disposti a sostenere e guidare strutturalmente questo settore”.

In uno spirito di responsabilità condivisa e interesse collettivo, questo consorzio potrebbe includere Organizzazioni Non Governative (ONG), rappresentanti delle istituzioni beneficiarie e lo Stato libanese. L'obiettivo di questo consorzio sarebbe quello di coordinare gli sforzi per istituire meccanismi operativi e finanziari adeguati per assistere direttamente queste istituzioni e aiutarle a uscire dalla crisi”.

In particolare, questo progetto sarà condotto in consultazione con lo Stato libanese, nel tentativo di “ripristinare un supporto efficace alle organizzazioni non governative con cui lo Stato ha stipulato contratti”, seguendo il modello di integrazione che “limita il rischio di una "ONG-izzazione del Libano", che porta a una maggiore dipendenza dai finanziamenti esterni e a un indebolimento delle strutture statali.

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