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Sudan, Adwok, vescovo ausiliare di Khartoum, la Caritas ci aiuti !

Il presule costretto a fuggire da Khartoum. In decine di migliaia lasciano il paese

Daniel Marko Kur Adwok, vescovo ausiliare di Khartoum |  | Caritas Internationalis
Daniel Marko Kur Adwok, vescovo ausiliare di Khartoum | | Caritas Internationalis
Sudan |  | pd
Sudan | | pd

"Khartoum non è più una città sicura. La gente scappa, lascia la città in balìa dei combattimenti tra soldati regolari e milizie. Io stesso sono dovuto andare via". Monsignor Daniel Marko Kur Adwok, vescovo ausiliare di Khartoum descrive in un’intervista ad Acistampa il suo paese, il Sudan, sprofondato nel caos, dopo che lo scorso 15 aprile si sono riaperte le ostilità tra i due generali che guidavano il Paese dal colpo di Stato del 2021: Abdel Fattah al-Burhan, capo delle forze armate regolari e di fatto presidente del Sudan e il suo vice, Mohamed Hamdan Dagalo (detto Hemedti), al comando delle milizie chiamate Forze di Supporto Rapido (Rapid Support Forces). Secondo le Nazioni Unite decine di migliaia di persone sarebbero in fuga, 450 (al 25 aprile 2023) sarebbero state uccise e 4.000 ferite, con venti ospedali costretti a chiudere. La guerra approfondisce la crisi in un paese di 48 milioni di persone, nella parte nord orientale dell’Africa, con il reddito pro capite tra i più bassi al mondo, 750 dollari all’anno.

Monsignor Adwok è stato a Roma a metà maggio, durante l’Assemblea generale di Caritas Internationalis, rappresentando la Caritas del Sudan.

Mi tolga subito una curiosità, com’è riuscito a venire a Roma?

Normalmente, quando devo uscire dal Sudan, passo da Khartoum, vado a Juba e poi da Juba prendo un altro aereo per un'altra destinazione. Dopo aver lasciato Khartoum mi sono trasferito in un'altra città chiamata Kosti, a 300 km a sud della Capitale. Dunque questa volta, praticamente da Kosti ho dovuto attraversare il confine in macchina, via terra, cercando di raggiungere Juba, poi da lì sono andato ad Adis Abeba, e da Adis Abeba qui a Roma.

Come sta reagendo la gente a questi recenti scontri?

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Questa guerra è arrivata inaspettata dalla popolazione, e quindi ha coinvolto sia la comunità ospitante - cioè i residenti di Khartoum - sia i rifugiati e gli sfollati che erano arrivati da altre parti del Sudan. La guerra è tra i soldati del governo e la milizia, le Forze di supporto rapido, che all'inizio lavoravano insieme nel governo, ma ad un certo punto si sono separati e hanno cominciato a combattersi. La gente si sta allontanando da Khartoum. Sia gli abitanti indigeni, sia gli stranieri, i rifugiati e gli sfollati.

Dove si dirigono?

Penso che il gruppo più numeroso stia andando in Sud Sudan perché è più vicino e meno costoso. Quindi ora stanno affollando il confine. Ma alcuni si sono spinti fino al Ciad, altri in Centrafrica, un altro gruppo è diretto a nord verso il confine con l'Egitto. E poi credo che un gruppo si sia diretto in Eritrea. Ma ho sentito dire che anche i rifugiati eritrei che si trovavano in Sudan si sono spostati verso sud. Quindi forse si stanno dirigendo verso paesi come l'Uganda, il Kenya, la Tanzania e così via. Sanno che la situazione nel loro Paese non è facile.

Lei rappresenta la Caritas del Sudan. In che modo fate fronte a questa emergenza?

Come Caritas Sudan non abbiamo le capacità necessarie. Abbiamo bisogno del sostegno dei membri della Confederazione e della loro assistenza. Ho chiesto un accompagnatore che ci aiuti a formare i membri del nostro staff che sono stati introdotti di recente nel lavoro. Non sono in grado di gestire un volume così elevato di rifugiati o di rimpatriati che arrivano nel Paese. Hanno quindi bisogno di essere assistiti. Come vede, abbiamo in realtà appena iniziato a riabilitare la Caritas. La Caritas non è stata attiva per quasi 10 anni. Semplicemente a causa della cessazione dell'attività.

Dunque ora chi può aiutare il Sudan?

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Il Paese nel 2011 è stato diviso in due. I vescovi del sud sono riusciti a lavorare sodo, anche con il sostegno dei partner delle altre agenzie Caritas che prima aiutavano tutta la Conferenza episcopale quando era ancora unita. Così la Caritas Sud Sudan ha iniziato a lavorare immediatamente non appena ha ottenuto l'approvazione. Facciamo appello alle Caritas dei Paesi confinanti e a tutta la Confederazione Caritas perché ora è coinvolta nel problema del Sudan. La popolazione ha bisogno del loro sostegno. Devono aiutarci a monitorare gli spostamenti delle persone e il tipo di assistenza di cui hanno bisogno. Principalmente, certamente, di cibo e riparo. Altre cose verranno in seguito, come la riattivazione del sistema educativo e così via. Ma la cosa più importante ora è davvero il cibo e il riparo, perché siamo quasi nella stagione delle piogge.