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Suor Faustina Kowalska e Giovanni Paolo II nella luce della Divina Misericordia

Un colloquio con monsignor Paweł Ptasznik collaboratore di Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II sulla tomba di santa Faustina  |  | pd
Giovanni Paolo II sulla tomba di santa Faustina | | pd
Giovanni Paolo II  monsignor Paweł Ptaśnik  |  | pd
Giovanni Paolo II monsignor Paweł Ptaśnik | | pd

Suor Faustina Kowalska e Giovanni Paolo II, due vite che si intrecciano nel culto della Divina Misericordia.  Aci Stampa sulle due figure, ha intervistato monsignor Paweł Ptasznik  responsabile della sezione polacca della Segreteria di Stato della Santa Sede - su questo affascinante tema. Ptasznik è stato tra i collaboratori più stretti di san Giovanni Paolo II negli ultimi dieci anni del suo pontificato. Il ricordo di Wojtyla rivive sempre fervido

Da dove sorge l’interesse di Karol Wojtyła per la sua particolare devozione alla Divina Misericordia?

Allora, prima di tutto è importante andare a ritroso nel tempo. E’ il  5 ottobre 1938, quando a Cracovia, all’età di 33 anni, muore suor Faustina Kowalska. Karol Wojtyła, insieme al padre, arriva a Cracovia nell’estate dello stesso anno. Non abbiamo notizie certe per sapere se ha avuto modo di conoscere la veggente di persona, ma sicuramente conosceva il messaggio da lei trasmesso, che era già  abbastanza diffuso allora  sia a Vilnius, che a Plock, che a Cracovia. Il 1 settembre del 1939 scoppia la guerra e l’occupazione nazista, tedesca della Polonia. Karol non può più frequentare l’università, ma continua l’attività culturale e religiosa presso la chiesa parrocchiale di Dębniki. Nello stesso tempo, per non essere deportato in Germania, intraprende il lavoro nella cava di pietra, situata nei pressi del monastero di Łagiewniki. Era per lui un periodo di continuo avvicinamento al messaggio di suor Faustina. Nel 1951, l’Arcivescovo di Vilnius Romuald Jałbrzykowski, trasferitosi nel 1945 in Polonia a causa dell’occupazione sovietica della Lituania, lo stesso che ha iniziato il culto dell’immagine di Gesù misericordioso in quella città, improvvisamente si è espresso negativamente circa il culto della Divina misericordia. Le sue perplessità circa la possibilità di venerare un solo attributo di Dio sono state riprese da alcuni altri vescovi polacchi e in seguito dalla Congregazione per la Dottrina della Fede, che nel 1959 con un decreto proibiva la propaganda del culto di Dio nella Sua Misericordia secondo la forma di Suor Faustina. Questo significava anche il divieto di pubblicazione del Diario.

E, in questo punto della storia, “entra in gioco” il vescovo Wojtyła. 

Precisamente! Infatti, Karol Wojtyła, già da un anno vescovo ausiliare di Cracovia, rimane alquanto sorpreso  da tale decisione. Diventato nel 1963 Arcivescovo Metropolita di Cracovia si informa a Roma su che cosa si possa fare per riesaminare il caso. E gli viene consigliato                 - così -  di aprire il processo della beatificazione di Suor Faustina, per poter presentare una nuova versione della traduzione del Diario e di altri suoi scritti all’esame della Congregazione delle cause dei santi. Fu proprio grazie a questa nuova edizione - curata dal suo amico, noto professore di teologia dogmatica Ignacy Różycki - che il 5 aprile 1978, la Congregazione pubblica la notifica, con la quale revoca il decreto precedente. Il 19 giugno 1981, viene decretata la continuazione del processo di beatificazione. Il 7 marzo 1992 Giovanni Paolo II firma il decreto sull’eroicità delle virtù della Kowalska, e il 21 dicembre 1992 pubblica il decreto sul miracolo avvenuto per la sua intercessione. L’anno seguente, il 18 aprile 1993 avviene la beatificazione e il 30 aprile del 2000 la canonizzazione.

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Possiamo dire, dunque, che si tratta di una sorta di “castello dei destini incrociati”, così direbbe Italo Calvino. Suor Faustina e Wojtyła, due persone che si “incontrano” nella loro vita, pur essendo distanti fisicamente. Ma c’è un punto fondamentale, nel magistero di Giovanni Paolo II che è bene - forse - approfondire. Stiamo parlando della Lettera enciclica “Dives in misericordia”, pubblicata il 30 novembre 1980. Cosa può dirci di questo importante documento?

Già nelle prime frasi dell’Enciclica Giovanni Paolo II riesce a sintetizzare - a livello teologico - l’intero documento. Infatti,  scrive: “Dio ricco di misericordia» è colui che Gesù Cristo ci ha rivelato come Padre: proprio il suo Figlio, in se stesso, ce l'ha manifestato e fatto conoscere ”. Il Papa fin dall’inizio imposta - dunque - tutto il discorso, tacitamente riferendosi alla vecchia controversia sulla possibilità di venerare un solo attributo di Dio, sul concetto che  la misericordia non è solo un attributo astratto. Essa ha un volto. Il Papa scrive: “Un'esigenza (...), in questi tempi critici e non facili, mi spinge a scoprire nello stesso Cristo ancora una volta il volto del Padre, che è «misericordioso e Dio di ogni consolazione». Solo dopo quest’introduzione il Pontefice fa l’analisi del concetto di «misericordia» nell’Antico Testamento e nella parabola del figliol prodigo, per passare poi al Mistero Pasquale, quale fonte della misericordia. Nel suo libro, Memoria ed identità, ci spiega che “Cristo crocifisso e risorto, così come apparve a suor Fastina, è la suprema rivelazione della verità che «Dio è amore»”. In questa prospettiva il Papa ricorda che, come la vita nel mistero della risurrezione è più potente della morte, così l’amore misericordioso di Dio è più potente del peccato. Ciò non vuol dire che l’uomo possa negare il peccato, non preoccuparsi delle proprie colpe, sperando nella misericordia. Al contrario, la morte e la risurrezione di Cristo costituiscono una chiamata alla conversione, che “è la più concreta espressione dell'opera dell'amore e della presenza della misericordia nel mondo umano”. Così ci dice nella Lettera. La Misericordia di Dio, dunque, non cessa mai di rivelarsi: avviene nel cuore degli uomini,  nelle loro azioni, “come una verifica particolarmente creatrice dell'amore che non si lascia «vincere dal male», ma si vince «con il bene il male»”. 

E, in questo discorso, si inserisce anche la missione della Chiesa che - citando la Lettera, sempre - ha la missione di insegnare che ”l'amore misericordioso indica anche quella cordiale tenerezza e sensibilità indispensabile tra coloro che sono più vicini: tra i coniugi, tra i genitori e i figli, tra gli amici. Esso è indispensabile nell'educazione e nella pastorale”.  Ma se apriamo il discorso a qualcosa di più ampio, possiamo arrivare alla società, giusto?

 Giovanni Paolo II ci ha insegnato che quest’amore sta alla base di ogni sforzo per creare un mondo “più umano”. Con la Lettera, inoltre,  ha individuato la missione della Chiesa nel mondo contemporaneo appunto nella realizzazione di tale compito. Così scrive Giovanni Paolo II, nel documento: “Il mondo degli uomini può diventare sempre più umano solo se introdurremo nel multiforme ambito dei rapporti interumani e sociali, insieme alla giustizia, quell'«amore misericordioso» che costituisce il messaggio messianico del Vangelo”. 

Il Papa conclude l’Enciclica con due capitoli intitolati: “Preghiera della Chiesa dei nostri tempi” e “La Chiesa fa appello alla misericordia divina”. Uno dei più evidenti segni di questa preghiera è l’introduzione nel calendario liturgico della Chiesa della festa della Divina Misericordia. Ci può commentare questo gesto così importante per la storia della Chiesa e del pontificato di Giovanni Paolo II?

Compiendo questo gesto durante la canonizzazione di Suor Faustina, il 30 aprile 2000, il pontefice si chiedeva: Che cosa ci porteranno gli anni che sono davanti a noi? Come sarà l'avvenire dell'uomo sulla terra? E rispondeva così: “A noi non è dato di saperlo. E' certo tuttavia che accanto a nuovi progressi non mancheranno, purtroppo, esperienze dolorose. Ma la luce della divina misericordia, che il Signore ha voluto quasi riconsegnare al mondo attraverso il carisma di suor Faustina, illuminerà il cammino degli uomini del terzo millennio”. Cristo ci ha insegnato che l'uomo non soltanto riceve e sperimenta la misericordia di Dio, ma è pure chiamato a ‘usar misericordia’ verso gli altri: Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. E’ l’evangelista Matteo, a parlare. L'introduzione della festa della Divina Misericordia come l’atto culminante e decisivo nello sviluppo del culto. La devozione che finora aveva carattere privato è stata inclusa nella tradizione liturgica cristiana. E’ diventata un importante elemento del culto pubblico della Chiesa, perché al livello di festa. Sono sicuro che oggi, Giovanni Paolo II e suor Faustina, saranno a festeggiare con noi, questa ricorrenza. 

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