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Sviluppare la democrazia. La ricetta della Santa Sede per il Medio Oriente

Arcivescovo Paul Richard Gallagher | Un primo piano dell'Arcivescovo Paul Richard Gallagher, Arcivescovo Paul Richard Gallagher | Un primo piano dell'Arcivescovo Paul Richard Gallagher, "ministro degli Esteri" della Santa Sede | CC

Sviluppare la democrazia, per evitare che la stessa democrazia possa legittimare ideologie estremiste e fondamentaliste. È la ricetta della Santa Sede per il Medio Oriente, delineato dall’arcivescovo Paul Richard Gallagher, “ministro degli Esteri vaticano” lo scorso 19 ottobre ad Atene, parlando ad un incontro sul tema “Il pluralismo religioso e culturale e la coesistenza pacifica in Medio Oriente.”

I temi sono quelli sviluppati dalla Santa Sede in anni di presenza. L’arcivescovo Gallagher ricorda che c’è stato un altro Sinodo, quello per il Medio Oriente, che ha affrontato questi temi. Era il 2010. Poco dopo, iniziò la cosiddetta “primavera araba.” Già nell’esortazione post-sinodale “Ecclesia in Medio Oriente” si parlava dell’esodo dei cristiani dalle terre della tradizione e di molti altri problemi che si sono rivelati drammaticamente attuali. L’esortazione fu firmata e consegnata da Benedetto XVI in Libano nel settembre 2012, durante il suo viaggio apostolico.

“Non ha sorpreso il fatto che il documento pontificio sia stato consegnato in Libano, poiché questo Paese occupa un posto speciale nel cuore dei Papi che si sono succeduti e della Chiesa cattolica,” spiega l’arcivescovo Gallagher, che – come già fece Giovanni Paolo II prima di lui – sottolinea l’importanza del Libano come esempio per tutto il Medioriente. “Il messaggio del Libano continua a essere valido per il futuro del Medio oriente e, pertanto, la risoluzione della crisi costituzionale è urgente non soltanto per il Paese, ma per l’intera regione mediorientale”, afferma l’arcivescovo Gallagher.

Come promuovere la coscienza pacifica in Medio Oriente? Al primo punto, il “ministro degli Esteri” vaticano mette il rispetto dei diritti umani e della libertà religiosa e di coscienza, perché la religione è “un elemento fondamentale del tessuto sociale.” Afferma l’arcivescovo Gallagher: “La libertà religiosa è un diritto umano intrinseco e non è affatto incompatibile con la costruzione di società sulla base della cittadinanza comune, anzi è inaccettabile che persone credenti, a prescindere dalla loro fede, debbano reprimere una parte di sé — la loro fede — per essere cittadini attivi.”

L’arcivescovo mette in luce che i cristiani sono pronti ad essere cittadini degli Stati del Medio Oriente, a fianco “dei loro concittadini musulmani,” nell’intento di “costruire società che rispettino i diritti umani di tutti i cittadini.”

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Il secondo punto, afferma il segretario per i Rapporti con gli Stati vaticano, è quello di “promuovere una cultura di democrazia.” È un punto sul quale la diplomazia pontificia batte moltissimo, consapevole che la cosa richiederà tempo. È importante – afferma l’arcivescovo Gallagher - che l’esercizio della democrazia non sia limitato allo svolgimento di elezioni, ma significhi anche sviluppare e promuovere una ‘cultura di democrazia’ che includa lo sviluppo dello stato di diritto, dove tutti sono uguali davanti alla legge, e realizzare istituzioni statali che siano al servizio di tutti i cittadini.”

La richiesta è quella di elezioni democratiche. Anche se – nota l’officiale della Santa Sede – c’è “il pericolo che la democrazia possa legittimare ideologie estremiste e fondamentaliste che rappresentano una minaccia sostanziale non soltanto per le minoranze religiose della regione, come i cristiani, ma anche per la maggioranza dei musulmani nel mondo arabo che cercano istituzioni democratiche basate sulla cittadinanza e sulla partecipazione piuttosto che sull’affiliazione religiosa.”

L’arcivescovo Gallagher si rifà alla “sana laicità” già delineata nell’esortazione apostolica post-sinodale “Ecclesia in Medio Oriente.” Nell’esortazione veniva spiegato che “la sana laicità [...] significa liberare la religione dal peso della politica e arricchire la politica con gli apporti della religione, mantenendo la necessaria distanza, la chiara distinzione e l’indispensabile collaborazione tra le due,” perché “nessuna società può svilupparsi in maniera sana senza affermare il reciproco rispetto tra politica e religione, evitando la tentazione costante della commistione o dell’opposizione.”

Come sviluppare questa sana laicità? Con il dialogo interreligioso, sostiene l’arcivescovo Gallagher, la cui promozione, vero, “è una particolare responsabilità dei leader religiosi,” ma “la società civile e i leader politici possono fare molto per creare gli spazi necessari perché il dialogo interreligioso abbia luogo.”

E l’arcivescovo Gallagher ricorda la “Dichiarazione di Atene, firmata il 3 settembre da leader cristiani e musulmani organizzato dal Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e dal Centro per il dialogo interreligioso Kaiciid a Vienna, al quale ha partecipato anche il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso della Santa Sede.

“Denunciando la violenza in nome della religione – afferma il “ministro degli Esteri" vaticano - la Dichiarazione ha invitato tutti i leader e quanti hanno responsabilità politiche a preservare la diversità religiosa e culturale in Medio oriente e a sostenere le iniziative tese a rafforzare il tessuto sociale delle società mediorientali basato sul principio della cittadinanza comune.”

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