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Papa Francesco, l’Urbi et Orbi di Pasqua: “La Resurrezione è la vera speranza”

Papa Francesco, Pasqua 2018 | Papa Francesco si affaccia dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro per il messaggio Urbi et Orbi, Pasqua, 1 aprile 2018 | Daniel Ibanez / ACI Group Papa Francesco, Pasqua 2018 | Papa Francesco si affaccia dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro per il messaggio Urbi et Orbi, Pasqua, 1 aprile 2018 | Daniel Ibanez / ACI Group

È in Cristo Risorto che si trova la vera speranza nel mondo, in quel chicco di grano “seminato da Dio nei solchi della terra”, morto “ucciso dal peccato del mondo”, ma risorto al terzo giorno. Ed è a quella speranza che Papa Francesco si rivolge nell’Urbi et Orbi del giorno di Pasqua, con la consueta panoramica delle situazioni di crisi nel mondo, ma con lo sguardo fisso sulla speranza del Signore.

Siria, Terrasanta, Yemen, Medio Oriente, Sud Sudan, Ucraina, Penisola Coreana e Venezuela sono gli scenari citati da Papa Francesco nell’Urbi et Orbi. Ma anche la crisi dei rifugiati e tratta di esseri umani, la miseria e la disoccupazione, la miseria e l’esclusione sono temi menzionati dal Papa nel suo messaggio “alla città e al mondo” di Pasqua. Che viene preceduto dall’annunzio della Resurrezione, per mezzo dell’immagine del chicco di grano che morendo produce molto frutto, come annunciato da Gesù nel Vangelo.

Chiosa Papa Francesco: “Ecco, proprio questo è accaduto: Gesù, il chicco di grano seminato da Dio nei solchi della terra, è morto ucciso dal peccato del mondo, è rimasto due giorni nel sepolcro; ma in quella sua morte era contenuta tutta la potenza dell’amore di Dio, che si è sprigionata e si è manifestata il terzo giorno, quello che oggi celebriamo: la Pasqua di Cristo Signore”.

La Resurrezione è “la vera speranza che non delude” e che porta “frutto anche nei solchi della nostra storia”, segnata da tante “ingiustizie e violenze”. E così, è la Resurrezione a portare “frutti di speranza e dignità” dove “ci sono miseria ed esclusione, dove c’è fame e manca il lavoro, in mezzo ai profughi e ai rifugiati – tante volte respinti dall’attuale cultura dello scarto –, alle vittime del narcotraffico, della tratta di persone e delle schiavitù dei nostri tempi”.

Il primo pensiero del Papa è per “l’amata Siria”, la cui popolazione “è stremata da una guerra che non vede fine”, con l’auspicio che “”la luce di Cristo Risorto illumini le coscienze di tutti i responsabili politici e militari, affinché si ponga termine immediatamente allo sterminio in corso, si rispetti il diritto umanitario e si provveda ad agevolare l’accesso agli aiuti di cui questi nostri fratelli e sorelle hanno urgente bisogno, assicurando nel contempo condizioni adeguate per il ritorno di quanti sono stati sfollati”. Il riferimento è al dramma del Ghouta Orientale, già oggetto di appelli di Papa Francesco, che ha visto lo sfollamento di circa 7 mila persone e che sperimenta una tregua che funziona a metà, mentre per la prima volta a Damasco a causa del conflitto ha chiuso l’oratorio salesiano, riaperto in occasione della Pasqua.

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Papa Francesco poi guarda alla Terra Santa, “anche in questi giorni ferita da conflitti aperti che non risparmiano gli inermi” – e lo sguardo è rivolto agli scontri a Gaza per la “marcia del ritorno”, che hanno causato quasi 20 morti. Ma il Papa non trascura anche lo Yemen, che vive una guerra civile lontana dai riflettori ma che ha avuto come frutti anche il rapimento di padre Tom, e allarga lo sguardo anche al Medio Oriente, affinché "il dialogo e il rispetto reciproco prevalgano sulle divisioni e sulla violenza”.

Prega Papa Francesco: “Possano i nostri fratelli in Cristo, che non di rado subiscono soprusi e persecuzioni, essere testimoni luminosi del Risorto e della vittoria del bene sul male”.

Quindi, lo sguardo si posa sul continente africano, lì dove ci sono “quanti anelano ad una vita più dignitoso”, soprattutto in quelle zone "travagliate dalla fame, da conflitti endemici e dal terrorismo." 

Il Papa chiede in particolare che “la pace del Risorto risani le ferite nel Sud Sudan”, di cui ha recentemente incontrato il Consiglio delle Chiese e dove sogna ancora di andare. Per il più giovane Stato africano, la preghiera del Papa è che si aprano “i cuori al dialogo e alla comprensione reciproca”, non dimenticando "le vittime di quel conflitto, soprattutto i bambini! Non manchi la solidarietà per le molte persone costrette ad abbandonare le proprie terre e private del minimo necessario per vivere”.

Papa Francesco implora anche “frutti di dialogo per la penisola coreana, perché i colloqui in corso promuovano l’armonia e la pacificazione della Regione”, e auspica che “coloro che hanno responsabilità dirette agiscano con saggezza e discernimento per promuovere il bene del popolo coreano e costruire rapporti di fiducia in seno alla comunità internazionale”.

Papa Francesco invoca anche “frutti di pace per l’Ucraina, affinché si rafforzino i passi in favore della concordia e siano facilitate le iniziative umanitarie di cui la popolazione necessita”.

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Infine, una particolare sollecitudine per il Venezuela, il cui popolo – hanno detto i vescovi – “vive in una specie di ‘terra straniera’ nel suo stesso Paese”. E Papa Francesco, che ha sempre seguito da vicino la crisi venezuelana, prega che si possa “per la forza della Risurrezione del Signore Gesù, trovare la via giusta, pacifica e umana per uscire al più presto dalla crisi politica e umanitaria che lo attanaglia, e non manchino accoglienza e assistenza a quanti tra i suoi figli sono costretti ad abbandonare la loro patria”.

Quindi, Papa Francesco prega per i bambini che “”a causa delle guerre e della fame, crescono senza speranza, privi di educazione e di assistenza sanitaria”, ma anche “per gli anziani scartati dalla cultura egoistica, che mette da parte chi non è ‘produttivo’, e chiede sagge per quanti “hanno responsabilità politiche, perché rispettino sempre la dignità umana, si adoperino con dedizione a servizio del bene comune e assicurino sviluppo e sicurezza ai propri cittadini”.