Città del Vaticano , 12 July, 2025 / 4:00 PM
La visita del presidente ucraino Volodymir Zelensky a Leone XIV a Castel Gandolfo è servita al Papa per ribadire la sua disponibilità a dare il Vaticano come luogo dove eventuale tenere un negoziato di pace, e al presidente ucraino di mostrare una volontà di cercare una terza parte, come la Santa Sede, per una risoluzione negoziata. La visita ha avuto luogo il 9 luglio, alla vigilia della Conferenza per la Ricostruzione dell’Ucraina che si è tenuta a Roma. Sempre nell’ambito di quella conferenza, il governo italiano ha ricevuto i vescovi del Sinodo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, che sono stati riuniti a Roma dal 28 giugno al 10 luglio. Gli stessi membri del Sinodo hanno avuto, tra i loro relatori, anche il Cardinale Matteo Zuppi, che Leone XIV ha confermato nella sua missione umanitaria per il ritorno dei bambini ucraini – ma non ci sono ambiguità, perché Zuppi non è chiamato a tenere anche gli incontri diplomatici.
Alla conferenza è intervenuto anche l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, che ha avuto nell’occasione anche un colloquio con Anna Bjerde, direttore delle operazioni della Banca Mondiale, ma soprattutto con il consulente del presidente Zelensky Andriy Yermak, che ha descritto su X la loro conversazione come “significativa”, e affermato che si è parlato “di un range di temi importanti, dalla pace e la giustizia alla responsabilità morale di proteggere gli innocenti”.
L’8 luglio, Beate Meini-Resiger, ministro degli Esteri Austriaco, è stato in Vaticano, dove ha avuto un incontro con il suo omologo Gallagher. In un post su X, Meini-Reisiger ha detto che c’è stato “uno scambio utile su diverse questioni incluso il Medio Oriente, l’Ucraina e la protezione delle minoranze religiose”, e ha affermato di aver “concordato sull’urgenza di ristabilire un pieno accesso umanitario a Gaza senza ritardo”.
In Medio Oriente, gli attacchi dei coloni israeliani a dei luoghi cristiani hanno scatenato la protesta dei sacerdoti locali, e una nota dell’ambasciata di Israele presso la Santa Sede ha sottolineato che queste situazioni saranno prese molto seriamente. Non è la prima volta che Israele prende posizione contro questo tipo di attacchi.
FOCUS UCRAINA
Gallagher alla Ukraine Recovery Conference
Alle sessioni plenarie della Conferenza per la ricostruzione dell’Ucraina ha preso la parola anche l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i rapporti con gli Stati.
La Santa Sede – ha detto – “è convinta che la ricostruzione materiale avrà successo solo se accompagnata da una autentica ricostruzione del tessuto umano e spirituale delle nazione”. Il “ministro degli Esteri” vaticano ha rimarcato la risposta della Chiesa dall’inizio del conflitto, facendo vari esempi: la cura del Bambino Gesù per circa 3 mila bambini ucraini, il lavoro di Caritas Ucraina e Caritas Spes (braccia della Chiesa latina e greco cattolica ucraina) ha raggiunto oltre 4 milioni di persone con vari interventi dal cibo alle fornitura di case, e con un aiuto quantificabile in 500 milioni di euro tra Caritas e altre entità, mentre l’Elemosineria papale ha coordinato più di 260 convogli di aiuto e l’International Catholic Migration Commission ha implementato programmi psicosociali e finanzia strutture.
Gallagher, tuttavia, sottolinea che “ricostruire significa prima di tutto guarire i cuori, le relazioni e la fiducia”. L’arcivescovo dà anche alcuni percorsi per una “ricostruzione davvero integrale”: il primo è mettere la persona al centro. Quindi, c’è il tema della ricostruzione con un occhio all’energia ed ecologia integrale, per andare verso una energia rinnovabile, con un percoroso che deve essere anche un esempio per il primo mondo.
Il ministro vaticano per i rapporti con gli Stati ha sottolineato che “ricostruire l’Ucraina è un obiettivo che nessuna nazione può affrontare da solo”, e la Santa Sede “resta disponibile a facilitare la risoluzione delle questioni umanitarie”, senza l’intenzione di sostituire gli attori politici, ma offrendo “la forza silenziosa di una diplomazia che mette la dignità della persona prima di ogni calcolo.
Gallagher incontra la vicepresidente del Parlamento ucraino
A margine della conferenza, c’è stato anche un lungo dialogo dell’arcivescovo Gallagher con Olena Kondratiuk, vice-speaker della Verkhovna Rada (la Camera) di Kyiv.
In un post su X, Kondratiuk si è detta “grata con la Santa Sede per i suoi sforzi nel facilitare il ritorno dei bambini ucraini rapiti dalla Russia e per il sostegno all'iniziativa internazionale del Presidente Volodymyr Zelenskyy, Bring Kids Back UA”, e ha ricordato che “oltre 40 Paesi, tra cui il Vaticano, hanno aderito a questa iniziativa. Apprezziamo profondamente l'attenzione e il sostegno che Papa Leone XIV e il Vaticano offrono al popolo ucraino e ai bambini colpiti dalla guerra”.
Durante l’incontro, ha aggiunto, “abbiamo discusso dell'escalation del terrore russo contro civili, clero e luoghi di culto. Purtroppo, la portata di questi attacchi è in aumento e le conseguenze sono terrificanti. La Russia continua inoltre l'indottrinamento e la militarizzazione dei bambini rapiti e di coloro che vivono nei territori occupati”.
Inoltre, ha sottolineato Kondratiuk, “la recente sentenza della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha confermato che si tratta di sistematiche e gravi violazioni dei diritti umani, commesse deliberatamente dalla Russia a livello amministrativo dal 2014”, e l’Ucraina si augura “che questa decisione attiri ancora maggiore attenzione internazionale su questo problema e aumenti la pressione sulla Russia. Crediamo che tutti i bambini rapiti debbano essere restituiti immediatamente prima di qualsiasi accordo di pace. La Russia deve assicurarsi che un'ampia coalizione di Stati si impegni in questa causa”.
Secondo la vice-speaker della Camera, “l'Arcivescovo Gallagher ha assicurato che la Santa Sede continuerà la sua missione e i suoi sforzi di mediazione per il ritorno dei bambini ucraini, anche attraverso il lavoro del gruppo del Cardinale Zuppi, in particolare nel quadro dell'iniziativa presidenziale”.
Il Sinodo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina incontra il governo italiano
Un laboratorio sulla ricostruzione dell’Ucraina, che raccolga istituzioni culturali, studi di architettura, soggetti economici: è l’ipotesi partorita al termine della conversazione del 9 luglio tra il governo italiano e il Sinodo della Chiesa greco-cattolica ucraina, che si è riunito a Roma a partire dallo scorso 28 giugno.
L’incontro è avvenuto alla vigilia della Conferenza per la Ricostruzione dell’Ucraina ospitata dal governo italiano il 10 e 11 luglio. La delegazione della Chiesa greco-cattolica ucraina era guidata da Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, mentre il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano ha presieduto l’incontro.
All’incontro hanno partecipato: il Ministro della cultura Alessandro Giuli, il Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin, il Ministro della salute Orazio Schillaci, l’Ambasciatore d’Italia presso la Santa Sede Francesco Di Nitto, il Presidente di Triennale Milano Stefano Boeri, il Presidente della Fondazione MAXXI – Museo nazionale delle arti del XXI secolo Emanuela Bruni e il Presidente della Fondazione e dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù Tiziano Onesti.
Nel suo saluto introduttivo, il sottosegretario Mantovano ha prima di tutto fornito le cifre della Ukraine Recovery Conference, la quarta di questo tipo dopo le conferenze di Lugano, Londra e Berlino. La conferenza che si terrà a Roma vede la partecipazione di circa 100 delegazioni ufficiali, 40 organizzazioni internazionali, 2 mila aziende (di cui circa 500 italiane) e centinaia di rappresentanti delle autonomie locali e della società civile, per un totale di 3 mila partecipanti.
Rivolgendosi alla Chiesa greco-cattolica ucraina, Mantovano ha detto che questa, in quaranta mesi di aggressione, ha “dimostrato di essere una Chiesa viva, dove il concetto di Chiesa è coinciso con quello di comunità. La pastorale e il sostegno spirituale si sono integrati con la cura, anche fisica, del vostro popolo che chiedeva rifugio e protezione. E siete stati una Chiesa più coesa di quanto in Occidente si creda. Con le altre Chiese cristiane avete infatti reagito in modo univoco e compatto e l’auspicio è che questa unità non venga mai meno”.
Mantovano ha detto che si stima che nei prossimi dieci anni si dovranno impiegare 309 miliardi di dollari per la ricostruzione ucraina, e che nella ricostruzione saranno fondamentali i rappresentanti locali, tra i quali ci sono sicuramente “vescovi, eparchi, esarchi, amministratori apostolici”.
Il sottosegretario ha dunque chiesto “come poter direttamente aiutare anche la comunità cattolica. Beneficerete come l’intera popolazione dell’enorme quantità di aiuti che giungeranno, ma siamo certi che alcune vostre specificità vanno salvaguardate e valorizzate”.
(La storia continua sotto)
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Presentando la delegazione della Chiesa greco-cattolica ucraina, Sua Beatitudine Sviatoslav ha parlato della dimensione globale della Chiesa di cui è padre e capo, e ha riferito del programma di guarigione delle ferite della guerra e della partecipazione attiva della Chiesa alla ricostruzione dell’Ucraina sin dall’inizio dell’aggressione russa.
Il Vescovo Maksym Ryabukha, Esarca dell'Esarcato di Donetsk, e il Vescovo Mykhailo Bubnii, Esarca dell'Esarcato di Odessa, hanno presentato la situazione nelle loro regioni e le esigenze più importanti per la loro ripresa. Il Vescovo Maksym Ryabukha ha sottolineato la necessità di investimenti nell'istruzione e nel supporto psicologico per la popolazione.
Al termine dell’incontro, è stata proposta la costituzione di un Laboratorio sulla Ricostruzione dell’Ucraina raccogliendo magari istituzioni culturali italiane e internazionali, studi di architettura e ingegneria, aziende e soggetti economici, sul tema della rigenerazione urbanistica e architettonica delle città e del patrimonio culturale dell’Ucraina, dando vita a un hub europeo per la ricostruzione, con particolare attenzione alle infrastrutture sociali come le scuole e le istituzioni culturali.
Ucraina, i risultati dei bombardamenti nelle parole del nunzio Kulbokas
Mentre si teneva a Roma la conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina, nella notte tra il 9 e il 10 luglio, si sono intensificati gli attacchi russi anche a Kyiv, e le esplosioni dei droni hanno persino danneggiato l'edificio della Rappresentanza pontificia, nel quartiere di Shevchenkivskyi.
Parlando con i media vaticani, l’arcivescovo Visvaldas Kulbokas, nunzio a Kyiv, ha sottolineato che gli attacchi si sono intensificati, e che anche l’edificio della nunziatura ha riportato danni, raccogliendo una serie di schegge abbastanza grandi, tra l’altor in un quartiere dove ci sono molte ambasciate.
L’arcivescovo Kulbokas ha notato inoltre che “proprio in questi giorni le suore della Nunziatura hanno in visita la loro superiora generale accompagnata da alcune consigliere. Anche loro hanno avuto una notte senza poter dormire. Appartengono alla Congregazione delle Suore della Carità di San Vincenzo. In Ucraina, la Congregazione è stata fondata l'8 giugno 1926 dal metropolita Andrey Sheptytsky, come ramo orientale dell’omonima congregazione fondata in Belgio. La loro Casa Generalizia si trova a Lviv e una comunità di tre religiose collabora con la nostra Nunziatura e noi siamo molto grati di questo. Questa notte abbiamo ospitato anche il vescovo eletto di Kamianets-Podilskyi dei latini [monsignor Edward Kava, OFM Conv, ndr]. Le schegge che hanno colpito la struttura sono cadute anche a pochi metri dalla mia abitazione e da quella del vescovo. Quando sentiamo esplosioni così potenti, non c'è modo di dormire e quindi siamo scesi giù perché bisogna essere pronti a lasciare l'edificio qualora prenda fuoco. Rimanere ai piani superiori sarebbe troppo imprudente perché lì non si farebbe in tempo a lasciare l'edificio come succede con tutte le case civili quando vengono colpite”.
Il nunzio nota, comunque, che “gli attacchi anche sulla città di Kyiv sono stati sempre frequenti [dall’inizio dell’invasione su larga scala, ndr], ma si può dire che sono stati periodici negli anni 2023-2024. Sono stati molto intensi proprio all'inizio della guerra su vasta scala, quindi a febbraio, marzo 2022 e adesso – a partire dalla fine del mese di maggio, tutto giugno e all'inizio di luglio – l'intensità è molto aumentata sia riguardo alla frequenza degli attacchi di missili e di droni di diverso tipo sia riguardo al numero. Per esempio, contando solo i droni, se non erro, le esplosioni si susseguivano una dopo l'altra nel giro di tre ore. Poi arrivavano i missili. Tre ore significa che si sente passare un drone e poi lo stesso drone che ritorna e tu non sai quale obiettivo sta cercando perché lo senti proprio sopra la testa. Poi un altro e il quinto, il decimo, il ventesimo, il trentesimo… è un continuo. Poi si sentono le esplosioni e quindi è tutto molto intenso.
Ucraina, il Cardinale Zuppi incontra il Sinodo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina
Il 10 luglio, il Cardinale Matteo Zuppi ha partecipato alla riunione del Sinodo dei vescovi della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, assicurando la costante solidarietà della Chiesa italiana al popolo ucraino.
Nel suo intervento, il cardinale Zuppi ha parlato in particolare degli sforzi umanitari per il rimpatrio dei bambini ucraini portato illegalmente in Russia. Il presidente Zelensky, ha detto, ha presentato un altro elenco di bambini da sottoporre a verifica presso le autorità russe, e il meccanismo prevede anche una verifica da parte del nunzio a Kyiv e del nunzio a Mosca.
Il cardinale ha comunque ha riconosciuto che il processo di rimpatrio dei minori, così come la riunificazione familiare e lo scambio dei prigionieri, si sta svolgendo troppo lentamente, per via di difficoltà di comunicazione tra le parti e di difficoltà di verifica delle informazioni.
Zuppi ha comunque detto che l’impegno sta continuando.
L’Ordine di Malta e il suo lavoro in Ucraina
Il 10 luglio, Fra’ John T. Dunlap, è intervenuto alla seconda sessione plenaria della Ukraine Recovery Conference.
Nel suo intervento, il Gran Maestro ha rinnovato l’appello dell’Ordine di Malta alla comunità internazionale a preservare i principi e le regole che governano il diritto umanitario internazionale: “L’attacco deliberato a civili e operatori umanitari, così come la distruzione pianificata di servizi sociali e infrastrutture, sono assolutamente inaccettabili”.
Fra’ John T. Dunlap ha sottolineato come la dimensione umana sia “uno dei pilastri della ripresa e della ricostruzione dell’Ucraina” e ricordato che alcuni ambiti richiedono la massima priorità e attenzione: “Le condizioni degli orfani e dei bambini; la necessità di garantire il trattamento migliore e più completo di chi è stato reso disabile fisicamente; e il riconoscimento e la cura delle numerose ferite psicologiche causate da questa tragica guerra”.
Proprio per far fronte alle cosiddette “ferite invisibili” del conflitto, l’Ordine di Malta ha sviluppato programmi specifici per offrire sostegno psicologico individuale, familiare e di gruppo, in diversi centri del Paese. In tre anni sono stati erogati più di 60.000 consulti, di cui hanno usufruito oltre 37.000 adulti e circa 45.000 bambini e minori, sia tra gli sfollati interni che tra i rifugiati nei Paesi limitrofi.
Già presente sul territorio da più di 30 anni, da febbraio 2022 l’Ordine si è attivato con lo sforzo congiunto di tutte le sue Associazioni, Corpi di soccorso e circa 1.000 volontari (sia stranieri che ucraini) per garantire assistenza medica, sociale e psicologica, nonché rifugi sicuri agli sfollati in Ucraina e nei Paesi limitrofi, dando supporto a circa 4 milioni di persone. Sono state distribuite più di 10.000 tonnellate di aiuti in oltre 70 località diverse; 300.000 persone sono state assistite alle frontiere e sono stati allestiti più di 60 rifugi per ospitare gli sfollati. Inoltre, nel 2022 l’Ordine ha aperto una clinica per protesi a Lviv per aiutare le vittime delle esplosioni di mine, con la fornitura ad oggi di oltre 250 protesi.
Con oltre 80 milioni di euro mobilitati, l’impegno dell’Ordine di Malta in Ucraina è il più importante dopo l’intervento nella Seconda Guerra Mondiale. Anche gli enti dell’Ordine di Malta in Germania, Austria, Italia, Francia, Lituania, Polonia, Ungheria, Romania e Slovacchia hanno partecipato attivamente ai progetti di assistenza ai rifugiati.
FOCUS MEDIO ORIENTE
Medio Oriente, i sacerdoti di Taybeh, Ramallah e Palestina prendono posizione
Lo scorso 8 luglio, i sacerdoti delle chiese di Taybeh-Ramallah e Palestina hanno inviato una dichiarazione commentando i ripetuti attacchi dei coloni contro terreni, luoghi sacri e proprietà delle Chiese cristiane – greco-ortodossa, latina, greco-melchita cattolica.
Nella dichiarazione, i sacerdoti riferiscono che “martedì 8 luglio 2025, i coloni hanno appiccato deliberatamente incendi nei pressi del cimitero cittadino e dell'antica chiesa di Al-Khader, risalente al V secolo, minacciando uno dei più antichi luoghi di interesse religioso della Palestina. Se non fosse stato per la vigilanza dei residenti e l'intervento dei vigili del fuoco, si sarebbe verificata una catastrofe ancora più grave”.
I sacerdoti notano che “in una scena quotidiana provocatoria, i coloni continuano a far pascolare le loro mucche sui terreni agricoli di Taybeh, nel cuore dei campi di proprietà delle famiglie della città e persino vicino alle loro case, senza alcuna deterrenza o intervento da parte delle autorità competenti. Queste violazioni non si limitano alle sole provocazioni; danneggiano direttamente anche gli ulivi, che costituiscono la principale fonte di sostentamento per i residenti della città, e impediscono agli agricoltori di accedere e lavorare le loro terre”.
E ancora, i sacerdoti sottolineano che la parte orientale di Taybeh “è diventata bersaglio aperto per gli avamposti di insediamenti illegali che si espandono silenziosamente sotto la protezione dell’esercito e fungono da trampolino di lancio per ulteriori attacchi alla terra e alle persone”.
I sacerdoti notano che Taybeh, anticamente Aphram, ovvero il luogo in cui Gesù si rifugiò prima della sua passione e crocifissione, è rimasta “l’unica città cristiana rimasta in Cisgiordania e la sua popolazione interamente cristiana costituisce una caratteristica unica di questo paesaggio geografico e religioso”, in una presenza “continua dai tempi di Cristo fino ad oggi”, che però oggi è sotto minaccia di “erosione e devastazione a causa del sistematico attacco alla terra, ai luoghi santi e alla popolazione”.
Per questo, i sacerdoti locali invitano enti locali e internazionali, “in particolare consoli, ambasciatori e rappresentanti della Chiesa in tutto il mondo” a “aprire una indagine immediata e trasparente sugli incendi dolosi e sui continui attacchi a proprietà, terreni agricoli e luoghi santi”, nonché a “esercitare pressioni sulle autorità occupanti affinché fermino le pratiche dei coloni e impediscano loro di entrare nei terreni della città o di farvi pascolare il bestiame”.
Inoltre, si chiede di “inviare missioni internazionali e ecclesiastiche sul campo per documentare i danni alle terre e ai luoghi sacri e analizzare il deterioramento della situazione”, e di “sostenere la popolazione di Taybeh con iniziative economiche e agricole e rafforzare la loro resilienza attraverso un efficace supporto legale”.
Questo perché i sacerdoti credono che “la Terra Santa non possa sopravvivere senza i suoi indigeni. L'espulsione dei contadini dalle loro terre, la minaccia alle loro chiese e l'assedio delle loro città sono pugnalate al cuore vivo di questa patria”.
C’è da dire che la preoccupante situazione degli attacchi dei coloni alle comunità cristiane è stata già affrontata dal governo israeliano, e lo stesso ambasciatore di Israele presso la Santa Sede aveva espresso sdegno lo scorso anno in occasione di alcuni attacchi.
In un post su X dell’11 luglio, Yaron Sideman, ambasciatore di Israele presso la Santa Sede, ha affermato che lo Stato israeliano prende questi incidenti “molto seriamente” e che si stanno “esaminando le circostanze”, e che, “se un crimine è stato commesso, sarà pienamente investigato, e i responsabili saranno portati alla giustizia”. Sideman ha aggiunto: “Condanniamo fortemente tutti gli atti di violenza, inclusi gli attacchi contro i siti religiosi. Vale la pena notare che Israele salvaguarda la sicurezza di tutte le comunità religiose e resta l’unica nazione in Medio Oriente dove il numero dei cittadini cristiani continua a crescere”.
FOCUS ASIA
Corea del Sud, il presidente Lee incontra il Cardinale You
Il presidente coreano Lee Jae-myung ha incontrato il Cardinale Lazarus You Heung-sik, prefetto del Dicastero per il Clero, che era in Corea per un tempo di riposo. È il primo incontro ufficiale del presidente con il cardinale, ed è la prima tappa di un percorso che porterà alla Giornata Mondiale della Gioventù del 2027, che si terrà a Seoul, e cui il Papa dovrebbe partecipare.
Il presidente Lee ha detto che spera che il Papa, nel suo viaggio verso la Corea, possa fare anche tappa a Pyongyang, per favorire il disgelo e la pace nella penisola coreana. Non è una idea nuova. Già con il presidente Moon, l’allora ambasciatore di Corea presso la Santa Sede Kim lavorò ad una possibilità di incontro con i gerarchi nord-coreani, e in alcuni casi è stato pensato anche un possibile passaggio di Papa Francesco a Pyongyang, magari per una tappa veloce in aeroporto.
Il presidente Lee ha comunque fatto sapere la sua intenzione di incontrare il Papa prima del 2007, mentre il Cardinale You ha riferito verbalmente al presidente coreano che Leone XIV lo ha invitato a visitare Roma.
Lee ha detto di auspicare che “la Santa Sede possa dare un contributo speciale al miglioramento delle relazioni coreane prima del 2027", ha dichiarato Lee.
Se sarà confermata la partecipazione di papa Leone XIV alla seconda Gmg in Asia, dopo quella tenuta nelle Filippine nel 1995 (la 41esima in totale) si tratterà del terzo pontefice a visitare la Corea del Sud. Prima di lui, a recarsi nel Paese furono San Giovanni Paolo II nel 1984 e papa Francesco nel 2014.
Prima dell’incontro con il presidente Lee Jae-myung, il 3 luglio il cardinale Lazarus You Heung-sik aveva partecipato a un incontro con la stampa presso la Conferenza Episcopale Cattolica della Corea (CBCK), durante la quale aveva raccontato le settimane della morte di Papa Francesco, del Conclave e dell’inizio del nuovo pontificato.
Ha detto anche di aver avuto degli scambi con Leone XIV sulla Gmg a Seoul, e ha sottolineato di aspettarsi che l’eventuale visita del Papa “possa contribuire in modo significativo non solo ai rapporti tra le due Coree, ma anche tra Corea del Nord e gli Stati Uniti, e più in generale alla pace nella Penisola”.
Secondo il Cardinale You, Leone XIV “nutre un’immagine molto positiva della Corea”. E, condividendo le sue intenzioni di preghiera, il CardinaleYou ha detto di pregare anche “perché la Corea diventi davvero un Paese avanzato nel vero senso della parola: un Paese che sa donare agli altri e vivere bene insieme”.
Nepal, i cattolici contro la nuova legge sulla scuola
In Nepal è in via di approvazione una nuova legge sulla scuola che ha generato diverse controversie e un dibattito acceso, mentre è già annunciata una protesta della Federazione degli Insegnanti del Nepal.
Lo School Education Bill del Nepal è compost da 163 articoli, ed è stato emendato 1700 volte, in una versione che gli insegnanti nepalesi considerano “regressiva” rispetto al disegno di legge originale del settembre 2023.
Il contenzioso riguarda soprattutto le scuole private, per la maggioranza cattoliche. Nonostante il governo abbia detto di aver stanziato un budget di 211 miliardi di rupie per l’istruzione, ci sono – lamentano gli insegnanti – ancora ostacoli come scarsi investimenti, alti tassi di abbandono scolastico e metodi di insegnamento obsoleti.
Padre Pius Perumana, sacerdote nepalese del Vicariato Apostolico del Nepal, la circoscrizione ecclesiastica che abbraccia tutto il territorio della nazione, ha detto all’agenzia del Dicastero dell’Evangelizzazione Fides che una delle questioni “è lo sforzo di garantire che le scuole private non siano orientate esclusivamente al profitto, il che, a mio parere, è una buona mossa. Il problema principale in Nepal è come rendere accessibile il diritto all'istruzione ai bambini anche negli angoli più remoti del Paese".
In Nepal ci sono circa 11,5 milioni di bambini su una popolazione totale di 33 milioni di abitanti, e tra loro circa un milione sono orfani. I bambini di età compresa tra 0 e 14 anni rappresentano circa il 39% della popolazione e circa 3,5 milioni bambini hanno un'età scolare compresa tra 8 e 12 anni. La Costituzione del Nepal del 2015 garantisce all'articolo 31 il diritto all'istruzione gratuita e obbligatoria fino al livello base (classi 1-8) e all'istruzione gratuita fino al livello secondario (classi 9-12).
Questo diritto è stato ulteriormente rafforzato dalla Legge sull'Istruzione gratuita e obbligatoria, che include gruppi emarginati come i bambini dalit e i bambini con disabilità.
Secondo l'Annuario statistico della Chiesa cattolica (dati del 31 dicembre 2023) il Vicariato Apostolico del Nepal, che include una comunità di circa 8000 cattolici, nel suo impegno per l'istruzione, svolto grazie al contributo di ordini religiosi maschili e femminili, gestisce 24 asili (con 1300 bambini); 29 scuole elementari (con oltre 13mila allievi); 25 scuole medie con 25mila studenti di diverse etnie e religioni.
FOCUS AFRICA
Camerun, i leader cattolici chiedono al presidente di non ricandidarsi
Un sacerdote del Camerun, padre Étienne Bakaba, ha chiesto al presidente Biya di non cercare di essere rieletto come presidente.
In una lettera aperta, il sacerdote, che proviene dall’arcidiodesi di Douala, si è rivolto al presidente dicendo che “non lo può fare più”, ovvero ricandidarsi, perché “è una questione di senso comune”, e che va dato ai “camerunensi che hanno una ambizione sana di instillare un nuovo spirito in una nuova terra con l’opportunità di prepararsi in maniera appropriata per una vera elezione, il cui risultato sarà accettato dal popolo sovrano”.
Bakaba ha chiesto “una lezione senza violenza” in quello che chiama “un appello e una preghiera”.
Se si candidasse, Biya andrebbe a concorrere per l’ottava volta come presidente. Bakaba ha detto che in questo modo il presidente andrebbe a “morire nel potere”, e che i supporter che lo spingono a ricandidarsi sono “veri nemici del Camerun”, che “non potranno nascondersi dalla storia quando il tempo arriverà”.
Il sacerdote ha anche notato che c’erano onesti militant nel partito politico del presidente che credono fermamente che Biya “non è più l’uomo giusto per il Massimo lavoro della nazione, ma hanno troppa paura di parlare”, mentre gli altri alleati sono “traditori e opportunisti” che stanno già cambiando direzione.
Bakala non ha fatto sacerdoti, ma è probabile che si riferiva ai due ministri che si sono recentemente dimessi e hanno dichiarato la loro intenzione di sfidare alle prossime presidenziali. Si trattta di Issa Tchiroma Bakary, ministro dell’Occupazione e della Allenamento Vocazionale”, e Bello Bouba Maiguri, ministro del Turismo e del Tempo Libero, che ha lavorato con il 92enne presidente del Camerun per decenni.
FOCUS NORDAMERICA
Stati Uniti, il vescovo Barron contro una legge che obbliga a violare il sacramento della confessione
Lo scorso 7 luglio, il vescovo Robert E. Barron di Winona-Rochester ha criticato in una intervista una legge dello Stato di Washginton che impone ai sacerdoti di riportare di abusi senza eccezioni, rischiando di violare il segreto della confessione.
Si tratta, ha detto, di una “violazione della clausola di libero esercizio del Primo Emendamento”. “Che lo Stato possa interferire in questa sacra disciplina della Chiesa dovrebbe preoccupare non solo i cattolici, ma anche tutti gli americani che difendono la libertà religiosa”, ha detto il vescovo Barron in una dichiarazione inviata all’Our Sunday Visitor.
Barron è noto nel mondo dei media come fondatore del ministero mediatico Word on Fire. Lo scorso 4 luglio, il vescovo ha redatto un cosiddetto friend-of-the-court brief nel caso sollevato dall’arcivescovo Paul Etienne di Seattle e altri vescovi e sacerdoti contro il governatore dello Stato di Washington Bob Ferguson e la sua amministrazione contro la legge, recentemente approvata, che imponeva di riportare gli abusi senza alcuna eccezione, nemmeno per il privilegio tra sacerdote e penitente.
La legge entrerà in vigore a partire dal 27 luglio, e richiede specificamente a “ogni ministro, sacerdote, rabbino, imam, anziano dotato di regolare licenza, accreditato o ordinato”, di riportare di presunti casi di abuso sulla base di informazioni ottenute “solamente come risultato di una comunicazione privilegiata”. La legge, tra l’altro, non chiede questa informazione confidenziale ad altri ruoli, come personale scolastico, infermiere, psicologi, assistenti sociali.
Lo scorso maggio, il Dipartimento di Giustizia USA ha aperto una indagine sullo sviluppo e approvazione della legge, che è stata contestata anche dalle Chiese ortodosse in America.
Barron si è trovato ad opporsi a legislazioni simili quando era ausiliare di Los Angeles. Nel suo brief, sottolinea che “la legge si basa su una premessa manifesta di una mancanza di rispetto del sigillo della confessione”, e sottolinea che “poche pratiche religiose sono più incomprese del sacro sigillo della Confessione nella Chiesa Cattolica”, un sacramento che “fu istituito da Gesù Cristo e dato agli apostoli”, dando ai peccatori “l’accesso alla guarigione e alla grazie perdonante di Cristo”, motivo per cui – dice il vescovo Barron – “assolutamente niente deve stare nel mezzo di un peccatore che cerca questa fonte di grazia” e per questo “il sigillo è di indispensabile importanza: se un penitente sa che il prete possa (o addirittura debba) condividere con altri ciò che gli è stato detto nella più sacra confidenza, sarebbe riluttante nell’approcciare la confessione”.
Il diritto canonico proibisce al confessore di usare quanto appreso in confessione a detrimento del penitente.
Non è la prima volta che una legge di Stato mette a rischio il segreto della confessione, tanto che nel 2020 ci volle una nota della Penitenzieria Apostolica a mettere in chiaro che il sigillo della confessione è inviolabile.
La legge dello Stato di Washington è solo l’ultima di una serie di leggi che violano il segreto della confessione, mentre anche la legge sulla sicurezza di Hong Kong del 2024 rischiava di andare in quella direzione.
Il Senato della California ha approvato il 24 maggio 2019 la legge 360, con 30 voti a favore e 2 contrar. La legge chiede ai sacerdoti di riportare ogni sospetto o conoscenza di abusi su minori ottenute anche durante il sacramento della confessione di un altro sacerdote o collega. La legge era anche stata emendata, perché una prima bozza della legge richiedeva la violazione del sigillo della confessione ogni volta che un sacerdote sospettasse abusi d parte di qualunque penitenti.
In Australia, la Chiesa Cattolica australiana ha già fatto sapere che non romperà il segreto della confessione, accettando le raccomandazioni della Royal Commission, una inchiesta governativa di cinque anni che ha ascoltato8 mila testimonianze su fatti che sarebbero accaduti tra il 1950 e il 2010 – inchiesta che ha portato a 230 processi, l’accusa di molestie al 7 per cento dei sacerdoti australiani e possibili risarcimenti da trasferire a 60 mila persone. La commissione aveva stilato una serie di raccomandazioni per la lotta agli abusi, che la Conferenza Episcopale Australiana ha analizzato passo dopo passo in un documento di 57 pagine, pubblicato il 31 agosto. Quasi tutte le raccomandazioni erano state accettate. Tranne la richiesta di rompere il sigillo sacramentale.
La tendenza internazionale di attaccare il segreto della confessione ha colpito anche l’India, dove ad agosto 2018 la Commissione Nazionale delle Donne ha chiesto al governo di abolire il sacramento perché “è una interferenza indebita in una questione sacra e vitale della vita cristiana”. La richiesta era arrivata a seguito dello scandalo che ha visto coinvolti 4 sacerdoti della Chiesa ortodossa siro-malankarese, i quali avevano utilizzato confidenze che una donna sposata aveva fatto loro in confessione per ricattarla e abusare sessualmente di lei.
Si tratta di una tendenza internazionale che ha radici lontane. Nel 2011, al culmine della crisi degli abusi tra il clero irlandese, Enda Kenny, allora “Taoiseach” (Primo Ministro) sostenne che “i sacerdoti dovrebbero avere un obbligo di legge di riportare i casi di abuso appresi in confessione”.
A livello internazionale, si era andati anche oltre: nel 2014, il Comitato ONU per la Convenzione sui Diritti del Bambino – vale a dire, il Comitato che valuta come le convenzioni siglate vengono applicate dagli Stati aderenti nel loro territorio – arrivò addirittura a fare pressioni sul diritto canonico, non distinguendolo dalle leggi dello Stato di Città del Vaticano, che erano invece oggetto della Convenzione, e criticando “il codice del silenzio vaticano”, che impedisce “pena scomunica” ai membri del clero di andare a denunciare i casi di cui vengono a conoscenza alle autorità.
FOCUS MULTILATERALE
La Santa Sede a Ginevra, la questione dei brevetti
Tra le agenzie più interessanti a Ginevra c’è la WIPO, ovvero l’Organizzazione Mondiale per la Proprietà Intellettuale. La Santa Sede è membro, ed è stata decisiva, in passato, perché venissero alleviati i copyright sui libri per gli ipovedenti, dando così la possibilità anche a quanti erano in oggettiva difficoltà di accedere alla cultura.
Lo scorso 9 luglio, si è tenuto un incontro dei Paesi membri. L’arcivescovo Ettore Balestrero, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le organizzazioni internazionali a Ginevra, ha notato nel suo intervento che la proprietà intellettuale “bilanciata ed efficace” dei sistemi WIPO hanno “stimolato innovazione e creatività, facilitato lo scambio di conoscenza e di esperienza tecnica tra le nazioni, e contribuito al raggiungimento di modelli di sviluppo sostenibile”.
Insomma, i brevetti WIPO hanno dimostrato “crescente credibilità”, e una “provata efficacia” che proviene da “termini e regole concordati tra gli Stati”.
Questo è un “concreto esempio di come la cooperazione internazionale possa tenere accordi che offrano servizi pratici e accessibili per il beneficio di tutti”.
La Santa Sede affronta però anche il tema della crescita dell’innovazione tecnologica, e in particolare del veloce sviluppo dell’intelligenza artificiale che pone “questioni sul diritto di autore, invenzione e la protezione della creatività umana”.
Una informativa europea contro le organizzazioni religiose “anti-gender”
Un rapporto finanziato da alcune istituzioni europee ha lanciato una allerta esplicita contro organizzazioni religiose, educative e politiche che si oppongono all’ideologia del genere. Tra queste organizzazioni, si trovano anche entità legate all’Opus Dei, come l’Università di Navarra, e centro di formazione politica come l’ISSEP fondato da Marion Maréchal in Francia.
Il rapporto si intitola “The Next Wave: How Religious Extremis mis reclaiming power” (La prossima ondata: come l’estremismo religioso sta reclamando il potere), ed è stato elaborato da Neil Datta per il Forum Parlamentare Europeo per i Diritti Sessuali e Riproduttivi, un gruppo di pressione che ha lo scopo di promuovere l’agenda dell’aborto, del femminismo radicale e delle politiche di identità di genere nell’Unione Europea.
Il rapporto fa una lista di cento organizzazioni in Europa che formerebbero un “ecosistema reazionario” caratterizzato dalla sua opposizione all’aborto, all’eutanasia, al matrimonio omosesssuale e all’autodeterminazione del gender, e che vengono classificate come “un estremismo religioso” la cui presenza nel dibattito pubblico costituirebbe “una minaccia ai valori democratici dell’UE”.
L’informativa si scaglia contro l’Università di Navarra, tra le istituzioni che “esercitano influenza intellettuale e dottrinale” in queste reti, sebbene non venga accusata di una attività politica diretta.
In generale, la Spagna è uno dei Paesi che destano più preoccupazione, secondo il rapporto, tanto che si calcola che “più di 66 milioni di dollari sono stati destinati nel Paese ad attività etichettate come “anti-gender”. Addirittura, il rapporto lamenta che la cifra sarebbe incompleta a a causa della “opacità delle entità implicate”, sebbene il rapporto non metta in luce alcuna illlegalità, ma solo delle divergenze ideologiche”.
Il rapporto si presenta come uno studio di “sicurezza democratica”, ma sembra piuttosto un documento di strategia politica, che sembra voler stringere il cerchio contro i dissidenti morali all’interno delle strutture istituzionali dell’Unione Europea.
Il documento pone così questioni sul futuro della libertà religiosa o di coscienza in Europa.
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