Città del Vaticano , 22 November, 2025 / 4:00 PM
Il Giubileo dei collaboratori di ruolo diplomatico della Santa Sede si è tenuto lo scorso 17 novembre. Si tratta dei diplomatici della Santa Sede, i funzionari delle nunziature che hanno iniziato la loro carriera. Alcuni di loro diventeranno nunzi. Leone XIV li ha incontrati, tenendo un discorso in cui ha chiesto loro di portare la speranza là dove manca la pace. Prima del discorso del Papa, c’è stato un saluto del Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, che ha poi celebrato la Messa per loro nella Basilica di San Pietro.
Durante il Giubileo, i collaboratori di ruolo diplomatico hanno anche avuto incontri in Segreteria di Stato, in particolare con l’Ufficio Statistico, e sono stati aggiornati dei nuovi sistemi di tracciamento dei plichi diplomatici, della nuova identità digitale dell’Annuario Pontificio (che sarà lanciato il prossimo 8 dicembre) e anche delle modalità in cui si selezionano e diffondono le informazioni tra le nunziature. C’è stato anche un incontro con l’Ufficio Coordinamento Dicasteri, che si occupa anche di preparare l’incontro periodico del Papa con i capi dicastero. I diplomatici vaticani hanno anche avuto incontri con gli uffici di Informazione e Documentazione e di Informatica e Amministrazione.
È stato comunque un incontro a suo modo storico, perché nella Segreteria di Stato sono vacanti le posizioni del sottosegretario per i Rapporti con gli Stati e dell’assessore, ovvero due ruoli cruciali rispettivamente in seconda e prima sezione. Il sottosegretario uscente Miroslaw Wachowski è stato infatti promosso nunzio in Iraq, e l’assessore uscente Roberto Campisi inviato come osservatore della Santa Sede all’UNESCO.
Le due posizioni sono poi state riempite dal Papa il 19 novembre: il nuovo “vice-ministro” degli Esteri è Mihăiţă Blaj e il nuovo assessore è Anthony Epko. In questo modo, la Santa Sede non arriva a dicembre senza i suo “viceministro” degli Esteri, quando sarebbe previsto uno degli incontri periodici della Santa Sede con la delegazione cinese per valutare lo sviluppo dell’accordo sino-vaticano relativo alla nomina dei vescovi. L’accordo è stato anche oggetto di un incontro a porte chiuse tra il Cardinale Pietro Parolin e i parlamentari del Partito Popolare Europeo lo scorso settembre, e Parolin avrebbe ammesso alcune difficoltà nella gestione dell’accordo.
FOCUS GIUBILEO DIPLOMATICI
Il saluto del cardinale Parolin a Leone XIV
Prima del discorso del Papa ai diplomatici della Santa Sede, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, ha tenuto un discorso introduttivo. Ha sottolineato che la gran parte dei collaboratori di ruolo diplomatico lavora nelle nunziature di tutto il mondo, ma ce n’è anche un buon numero che opera presso la Segreteria di Stato, sia nella Sezione per gli Affari Generali sia nella Sezione per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali.
Il Giubileo è in realtà parte di un programma più ampio – ha notato il Segretario di Stato vaticano – perché ogni tre anni i collaboratori di ruolo diplomatico si riuniscono a Roma. Prima dell’incontro con il Papa, i diplomatici sono stati a San Salvatore in Lauro, hanno pregato in Adorazione Eucaristica e hanno ascoltato una meditazione di Padre Ronzani, che ha parlato di Sant’Agostino.
Il cardinale Parolin ha detto che i collaboratori di ruolo diplomatico hanno un ruolo importante, perché “è vero che nelle Nunziature Apostoliche e anche in Segreteria di Stato la responsabilità principale ricade sui Nunzi, sui Capi-Missione o sui Superiori”. Però quanto è importante che ci siano anche collaboratori validi… e tutti sono collaboratori validi naturalmente, su questo non ci piove!”
Questi collaboratori sono necessari “nelle Nunziature per creare un buon clima, un clima di fraternità, un clima di famiglia, e poi per rendere fluido anche il lavoro, che a volte non è semplice, anche se ormai sappiamo che in tutto il mondo le situazioni sono abbastanza complicate”.
L’omelia del Cardinale Parolin alla Messa
Al termine del loro pellegrinaggio e del passaggio nella Porta Santa, i collaboratori di ruolo diplomatico della Santa Sede hanno assistito nella Basilica di San Pietro a una Messa celebrata dal Cardinale Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede. Il Vangelo del giorno è quello di Gesù che passa nella strada di Gerico e guarisce il cieco, come viene raccontato dal Vangelo di San Luca, e Parolin fa un paragone tra il passaggio della Porta Santa e il passaggio di Gesù nella vita di ciascuno, come succede tra l’altro “nelle tante piccole occasioni quotidiane”, anche “durante le ore di ufficio, nella collaborazione che ci è richiesta con il Capo Missione, negli incontri che abbiamo con Vescovi, sacerdoti e laici, nell’espletamento anche della funzione diplomatica, nei momenti di serenità o nelle situazioni di solitudine e di incomprensione”.
Parolin invita i collaboratori a pregare di avere “la capacità di accorgerci quando il Signore passa nella nostra vita”, che significa “crescere nella fede”, che va in binomio inscindibile con la speranza cui è dedicato il Giubileo, perché “la speranza poggia sulla fede, sulla certezza cioè che Dio ci ama e mantiene nei nostri confronti le sue promesse di bene e felicità”.
La fede del cieco di Gerico – continua il Segretario di Stato vaticano – gli permette di ottenere “non solo la guarigione fisica, ma una nuova esistenza, una vita rinnovata, perché segue Gesù e glorifica Dio”, con una fede che si esprime nella “perseveranza della preghiera” che è ancora più importante per i sacerdoti, e per i sacerdoti che “prestano un servizio particolare come il nostro alla Chiesa e al Papa”.
Spiega il Cardinale Parolin: “Perseverare nella preghiera ci permette di guardare al di là di tutti i confini, sia materiali che spirituali, ci permette di superare ostacoli di adattamento, di convivenza, di solitudine, di incomprensione, di delusione, perché mette in gioco la potenza e la misericordia di Dio, per il quale ‘nulla è impossibile’.”
Il cardinale sottolinea che “la fede nella quale chiediamo di progredire è luce, luce sulla nostra vita, luce sulla vita della Chiesa, luce sulla vita degli uomini e del mondo”, perché “anche noi siamo ciechi”.
Parolin chiede per tutti la luce della fede, e poi esorta i diplomatici a “non cercare le luci effimere della ribalta, del successo, dei risultati immediati, ma a praticare l’umiltà, compiendo gesti di bene gratuiti e nascosti, aiutando chi vive momenti difficili in casa o in ufficio, non ferendo gli altri con parole cattive o con cattivi esempi”.
Il Segretario di Stato nota, infatti, che “ogni ministero nella Chiesa, compreso quello diplomatico, non brilla di luce propria, non gode di gloria propria, ma deve riflettere, come in uno specchio, la luce e la gloria di Cristo”.
Giubileo dei diplomatici, le parole dell’arcivescovo Russo
In occasione del Giubileo dei collaboratori di ruolo diplomatico della Segreteria di Stato vaticana, Vatican News ha intervistato l’arcivescovo Luciano Russo, Segretario della Sezione per il Personale di Ruolo diplomatico.
L’arcivescovo Russo ha sottolineato che la vocazione del diplomatico pontificio è “unitaria,” perché “in ogni situazione restiamo pastori”, e la dimensione pastorale “non è un’aggiunta devota al lavoro diplomatico, ma ciò che gli dà senso”, e “se la perdiamo diventiamo semplici funzionari”.
Per questo, aggiunge l’arcivescovo Russo, “ogni dossier, ogni nota verbale o ogni negoziato sono preparati con uno sguardo pastorale: cerchiamo sempre la pace, la tutela dei più vulnerabili, la libertà religiosa, la dignità di ogni persona, non l’interesse di uno Stato”.
Infatti, sottolinea il nunzio, “il diplomatico della Santa Sede non rappresenta solo un’istituzione, ma il Successore di Pietro e, con lui, la vicinanza della Chiesa. Per questo non può rinchiudersi in Nunziatura né limitarsi alla dimensione protocollare: deve conoscere il Paese, visitare le comunità, ascoltare le ferite e le speranze della gente”.
Per vivere bene il servizio diplomatico, si deve – sottolinea Russo – “ricordare che la missione si svolge sempre dentro situazioni concrete”, e naturalmente questo comporta fatica, difficoltà, che si può superare soprattutto con un “senso di fraternità” che diventa “prima forma di presenza pastorale”, e con “disponibilità interiore”, perché “in certi contesti, bisogna imparare a lasciarsi educare dalla realtà: da culture molto diverse, da ritmi differenti, da situazioni politiche o ecclesiali complesse. Non tutto è immediatamente comprensibile, ma un cuore disponibile permette di trasformare lo spaesamento in apprendimento”.
(La storia continua sotto)
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Il diplomatico vaticano non può poi esimersi da un atteggiamento di “fiducia nel Signore,” perché “nei luoghi più remoti si percepisce con grande chiarezza che il nostro servizio non si sostiene con le sole forze umane”.
Per quanto riguarda la collaborazione, questa è “una condizione operativa”, sottolinea l’arcivescovo Russo, perché “una nunziatura può svolgere bene la propria missione solo quando ciascuno partecipa responsabilmente al lavoro comune”, considerando che “nelle Rappresentanze più impegnative, dove le informazioni devono essere raccolte con attenzione e le decisioni richiedono rapidità e discernimento, la qualità del servizio dipende spesso dalla capacità di condividere con lealtà ciò che si vede, si pensa e si vive”.
Spiega l’arcivescovo Russo: “La diplomazia non consiste soltanto nell’intrattenere relazioni con Governi e Chiese locali, ma richiede anche una vita comunitaria che renda possibile un confronto sereno, la divisione dei compiti e la certezza che ognuno possa contare sull’altro. Questo clima di fiducia interna permette alla Rappresentanza di esprimere all’esterno una voce unitaria e credibile, soprattutto nei momenti di crisi o quando occorre offrire alla Santa Sede valutazioni delicate”.
L’arcivescovo Russo si sofferma anche sulla riforma della Pontificia Accademia Ecclesiastica, la “scuola degli ambasciatori” vaticana, che è diventata un “istituto di scienze diplomatiche” con lo scopo di “formare sacerdoti capaci di tenere insieme competenza professionale e sguardo evangelico”.
E dunque “sul piano delle competenze, è richiesta una solida preparazione giuridica, storica, politologica ed economica, insieme a una conoscenza seria delle lingue e delle culture”, ma ci vogliono anche qualità che “non sono materie di esame”, ma sono ugualmente cruciali, come “la prossimità, l’ascolto attento, la capacità di discernere, lo stile fraterno, il dialogo, l’umiltà e la mitezza”.
Tutto questo perché “un rappresentante pontificio è un sacerdote inviato alle Chiese e al mondo con lo stile del Buon Pastore: la sua autorevolezza nasce dalla preghiera, da una vita eucaristica intensa, dal sensus Ecclesiae e da un forte legame con il Successore di Pietro”.
In sintesi, conclude Russo, “non formiamo semplicemente funzionari, ma esperti di relazioni internazionali, ma pastori che, attraverso la via della diplomazia, servono la comunione della Chiesa e la pace tra i popoli”. È questo intreccio di preparazione accademica, di equilibrio umano e di radici spirituali che rende unica la diplomazia della Santa Sede.
FOCUS UCRAINA
La “settimana ucraina” presso la Santa Sede
Lo scorso 20 novembre, il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ha celebrato una Messa nella Basilica di Sant’Andrea della Valle per commemorare l’Holodomor, ovvero la carestia causata da Stalin con intenti genocidari che portò alla morte di un numero non ancora specificato di persone, ma che alcuni quantificano addirittura in decine di milioni.
La Messa presieduta dal Cardinale Pietro Parolin è il culmine di una settimana che ha visto in Vaticano Andryi Yermak, consulente del presidente Zelensky, e Viktor Yelensky. Quest’ultimo ha avuto diversi incontri in Vaticano, con il Cardinale Koovakand, il Cardinale Koch, il cardinale Gugerotti. La delegazione ucraina ha anche portato da Leone XIV un gruppo di bambini ucraini, tornati a casa grazie alla mediazione della Santa Sede, il 21 novembre, mentre un altro gruppo di bambini ucraini ha salutato il Papa in occasione del baciamano al termine dell’udienza generale del 19 novembre.
Durante l’omelia della Messa del 20 novembre, il cardinale Parolin ha ammonito che in Ucraina: “non c'è nessuna giustificazione per costringere migliaia di civili a vivere al buio e al freddo. Ci colpiscono profondamente le notizie sugli attacchi agli impianti elettrici, alle strutture civili che hanno reso ancora più grave la vita di moltissime persone”.
Il cardinale ha anche affermato che “ogni gesto che priva la popolazione civile della possibilità di vivere nella dignità è un'offesa all'umanità e un oltraggio a Dio”.
Parlando dell’Holodomor, il Cardinale Parolin ne ha sottolineato la natura genocida, poiché “non fu la natura a generare tale orrore, ma l'odio, l'ingiustizia, l'indifferenza e l'abuso del potere”.
Al termine della celebrazione, l'ambasciatore dell'Ucraina presso la Santa Sede, Andrii Yurash, ha ringraziato il cardinale Parolin e ha sottolineato la presenza, a Sant'Andrea della Valle, di una delegazione di quattro adolescenti ucraini tra i 14 e i 18 anni, che all'inizio della guerra sono stati condotti in Russia e ora restituiti alle loro famiglie. Ha inoltre indicato tre donne, sedute tra i presenti, definendole "eroine della resistenza e della dignità": loro, ha detto, hanno dimostrato "forza e una determinazione straordinaria".
Parlando poi con i giornalisti al termine della Messa, il Segretario di Stato vaticano si è soffermato sul piano di pace in 28 punti proposto dal presidente USA, Donald Trump.
Parolin ha espresso la speranza che “si aprano le vie del dialogo che permettono la fine di questa tragedia”, e ha sottolineato che “sarà molto difficile trovare un compromesso tra quelle che sono le esigenze da una parte e le richieste dall’altra. Quindi il cammino del negoziato, immagino, sarà tutto in salita”.
Il cardinale ha anche parlato di un’eventuale partecipazione dell’Europa, che “dovrebbe partecipare”, mentre non si è espresso sulla cessione dei territori, perché “sarà poi anche quella frutto del negoziato”, dato che si arriverà alla pace “soltanto se le due parti saranno soddisfatte un po’ del compromesso”.
La Santa Sede, ha detto Parolin, continua l’impegno per il ritorno dei bambini portati in Russia, oggetto del lavoro cui era stato incaricato il Cardinale Matteo Zuppi.
La Santa Sede critica la legge ucraina sulle organizzazioni religiose
Tra gli incontri della “settimana ucraina” c’era, come detto, quello di Viktor Yelensky, capo del Servizio di Stato dell’Ucraina per l’Etnopolitica e la Libertà di Coscienza, con il Cardinale Claudio Gugerotti, prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali.
Durante l’incontro, i due hanno discusso le specifiche della situazione religiosa in Ucraina e l’implementazione della legge “Sulla Protezione dell’Ordine Costituzionale nelle Attività delle Organizzazioni Religiose”.
La legge mette fuorilegge le organizzazioni religiose il cui centro di potere sia fuori dall’Ucraina, e – sebbene abbia un riferimento generico – prende di mira in particolare le Chiese collegate al Patriarcato di Mosca. La legge era stata criticata anche da Papa Francesco. È una legge di guerra, che tiene conto anche del fatto che le altre confessioni religiose sono bandite dai territori che vengono occupati dalla Russia.
Il cardinale Gugerotti ha enfatizzato l’inammissibilità e lo sbaglio morale dell’invasione russa dell’Ucraina e ha ribadito il sostegno della Santa Sede alla comunità internazionale per raggiungere una pace duratura.
Il cardinale ha anche sottolineato di essere d’accordo con il bisogno di una “punizione chiara degli individui, inclusi i sacerdoti, che violano le leggi degli Stati o cooperano con le forze russe”, ma che allo stesso tempo non considera “possibile imporre una punizione collettiva sulle associazioni religiose”.
Da parte sua, Yelensky ha notato che una associazione religiosa non è sempre una entità legale – status che appartiene a migliaia di comunità religiose – e che comunque la decisione finale riguardo il destino di una particolare associazione religiosa è fatta da un tribunale, come dovrebbe essere in una società democratica, e per questo non si può parlare di punizione collettiva per l’intera associazione.
Nell’incontro, oltre al Cardinale Gugerotti – che è stato nunzio in Ucraina dal 2015 al 2020 – e a Yelensky, c’erano anche l’ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede Andryi Yurash, il primo segretario dell’Ambasciata di Ucraina presso la Santa Sede Serhiy Kozachevsky, il segretario del Dicastero per le Chiese Orientali Michel Zahal, e il capo specialista per il supporto del legale e il dipartimento di analisi del Servizio di Stato ucraino Viktor Husev.
FOCUS MEDIO ORIENTE
Il Cardinale Pizzaballa presenta a Friburgo la sua esperienza del Medio Oriente
Il 24 novembre, il Cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, ha ricevuto la laurea honoris causa dell’Università di Friburgo, e nella sua lectio magistralis ha esposto la situazione che vive in Terrasanta.
Nella sua lectio, il cardinale Pizzaballa ha ripercorso gli eventi del conflitto iniziato dopo l’atroce attacco di Hamas del 7 ottobre 2023. Ha avuto commenti positivi sulla tregua, ma questa – ha detto il cardinale – non ha portato serenità, né l’inizio di una riconciliazione perché “le ferite sono troppo profonde”, e in Medio Oriente c’è “un cuore sopraffatto e lacerato dalla propria sofferenza, che non trova più il minimo spazio per accogliere quella degli altri”.
Per questo, ha detto il patriarca latino di Gerusalemme, è necessaria una ricostruzione non solo materiale, ma anche “umana e spirituale” di fronte a un conflitto che ha creato crollo del dialogo religioso, ha vissuto un ruolo distruttivo della retorica politica e ha esacerbato le crisi interne che affliggono la società palestinese.
"I rapporti tra le religioni, un tempo considerati consolidati – ha detto il cardinale – ora sembrano sospesi. Tutti si sentono traditi, incompresi, indifesi e senza sostegno.”
Ma la soluzione del conflitto, ha spiegato il cardinale, deve “andare oltre la politica”, e non può prescindere dalla consapevolezza che “questa terra è prima di tutto il luogo della rivelazione”.
La religione stessa deve guardare a Dio, altrimenti “rischia di inaridirsi”.
Il cardinale Pizzaballa ha guardato alla Gerusalemme Celeste descritta dall’Apocalisse, una città “le cui porte sono sempre aperte”. "Oggi – ha chiosato il cardinale - ognuno ha la propria narrazione degli eventi, spesso venata di sfiducia verso l'altro, percepita come una minaccia, a torto o a ragione". Il Patriarca di Gerusalemme ritiene quindi "necessario ripensare le categorie di storia, memoria e, di conseguenza, colpa, giustizia e perdono, collegando direttamente la sfera religiosa a quella morale, sociale e politica. Gran parte della violenza odierna deriva dall'incapacità di riconsiderare criticamente la propria narrazione storica.”
La Terra Santa ha proseguito il patriarca – “non è un microcosmo chiuso in sé stesso”, ma piuttosto “mantiene un legame indissolubile con il mondo intero e viceversa”.
E infine, Pizzaballa dà alla Terra Santa il compito “ultimo e sublime” di “guarire ferite, odio e ricordi tossici”.
FOCUS USA
I vescovi USA vietano le transizioni di genere
I vescovi degli Stati Uniti hanno esplicitamente e formalmente vietato la cosiddetta assistenza di " affermazione di genere " negli ospedali cattolici . Le " Linee guida etiche e religiose per i servizi sanitari cattolici” (ERD) aggiornate sono state approvate a stragrande maggioranza il 12 novembre 2025, durante l'assemblea plenaria della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (USCCB).
L’ERD stabilisce standard etici per l’assistenza sanitaria alla luce dell’insegnamento della Chiesa. La settima edizione degli ERD incorpora le linee guida pubblicate nel 2023 dal Comitato dottrinale dell'USCCB, che proibivano interventi chirurgici o chimici volti a modificare o simulare le caratteristiche sessuali del corpo di un paziente in quelle del sesso opposto.
Le linee guida chiamano comunque le strutture sanitarie cattoliche ad accogliere le persone transgender con dignità e rispetto. L’approccio conservativo, che non offre assistenza per la transizione di genere, è già stato adottato da diverse istituzioni cattoliche, ancora prima dell’entrata in vigore dei nuovi ERD.
Il documento – ha detto il vescovo James Massa, presidente del Comitato Dottrinale della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti - è il risultato di un'attenta riflessione e discernimento, che incorpora i commenti di medici cattolici, bioeticisti e organizzazioni sanitarie. Si basa inoltre sulla dichiarazione "Dignitas Infinita" pubblicata nel 2024 dal Dicastero per la Dottrina della Fede del Vaticano, e va a colmare una lacuna in tal senso.
La dichiarazione affronta diverse gravi violazioni della dignità umana, tra cui povertà, guerra, minacce ai migranti, tratta di esseri umani, abusi sessuali, violenza contro le donne, aborto, maternità surrogata, eutanasia e suicidio assistito, emarginazione delle persone con disabilità, teoria di genere, interventi di riassegnazione chirurgica del sesso e violenza informatica. Secondo il testo, questo elenco non è esaustivo.
Ancora, il vescovo Massa ha osservato che le linee guida costituiscono una risorsa "molto utile per coloro che perseguono l'obiettivo essenziale di rendere la nostra antropologia e l'insegnamento morale cattolico accessibili alla nostra gente, ai fedeli".
FOCUS EUROPA
Belarus, due sacerdoti cattolici rilasciati dalla prigione
Due sacerdoti cattolici sono stati liberati dalla prigione bielorussa in cui erano detenuti, come “atto di buona volontà”, dopo che i leader nazionali si erano impegnati in colloqui con il Vaticano. Lo ha riportato il media di Stato bielorusso BeITA, che ha sottolineato che il presidente Aleksandr Lukashenko ha perdonato i due sacerdoti che erano accusati di “gravi crimini contro lo Stato”.
I due sacerdoti sono padre Henrykh Akalatovich e padre Andzej Yukhnevich, perdonati dopo una – riferisce BeITA – “intensificazione dei contatti con il Vaticano”. La Conferenza Episcopale Bielorussa, in un comunicato stampa successivo alla notizia della liberazione, ha espresso “gratitudine a quanti hanno contribuito al rilascio dei preti imprigionati”, sia gli officiali vaticani che quelli della Chiesa bielorussa, i quali hanno aiutato a “mantenere una dinamica positiva di relazioni bilaterali basate sui valori tradizionali di fraternità, tolleranza e rispetto dei credenti”.
Padre Akatalovich era stato condannato a 11 anni di prigione il 30 dicembre 2024, con l’accusa di alto tradimento, mentre padre Yukhnevich era stato condannato a 13 anni di prigione con l’accusa di abuso dei minori – accuse che il sacerdote ha sempre negato.
In una comunicazione diffusa il 20 novembre dal gruppo di attivisti per i diritti umani Viasna, si afferma che il rilascio è avvenuto “in parte grazie alla visita del Cardinale Claudio Gugerotti”.
FOCUS MULTILATERALE
La Santa Sede all’Organizzazione Internazionale del Lavoro
Il 18 novembre, l’arcivescovo Ettore Balestrero, Osservatore della Santa Sede presso le organizzazioni internazionali a Ginevra, ha preso la parola in occasione dell’organo governativo dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO).
L’arcivescovo Balestrero ha notato “i tempi turbolenti” cui è soggetto il sistema multilaterale e ha chiesto di tornare “ai principi sui quali questa organizzazione si è fondata”, a partire dalla convinzione che tutti gli uomini sono pari in dignità, che va “fortemente riaffermata”.
Secondo la Santa Sede, ogni riforma deve partire da qui, e questo perché la visione “è essenziale per mantenere l’integrità e la credibilità di un più ampio sistema multilaterale”, è “cruciale per l’efficacia degli interventi e la vitalità dell’ILO, e serve allo scopo finale che è quello di “dare beneficio a lavoratori, imprenditori e comunità”.
COP 30, il nunzio in Brasile parla ai media vaticani
L’arcivescovo Giambattista Diquattro, nunzio apostolico in Brasile, ha dato ai media vaticani le sue riflessioni a seguito del COP 30 di Belém, la 30esima conferenza delle parti delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico. La Santa Sede ha partecipato con una delegazione di alto livello, guidata dal Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, che ha anche letto un messaggio di Leone XIV.
Nelle sue dichiarazioni, l’arcivescovo Diquattro ha detto di auspicare che il COP 30 porti anche a “un chiaro e rinnovato impegno al multilateralismo” per tornare a dialogare e affrontare con “apertura, fiducia e collaborazione le attuali problematiche globali”.
Il nunzio in Brasile, vice capo della delegazione della Santa Sede, ha messo in luce come questa sia stata formata da “membri provenienti da diverse istituzioni della Santa Sede e dello Stato della Città del Vaticano: la Segreteria di Stato, il Dicastero per la Cultura e l’Educazione, il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, il Dicastero per la Comunicazione, il Governatorato, la Nunziatura Apostolica insieme a un esperto locale”. Inoltre, a Belém ci sono stati altri attori della Chiesa, tra cui nove cardinali e 36 vescovi.
Per quanto riguarda la Santa Sede, questa offre “un contributo etico e un messaggio di solidarietà umana fondati sul Magistero della Chiesa”, e contribuisce ai negoziati “richiamando alla centralità della dignità della persona umana conferita da Dio”, e dando priorità al “volto umano della crisi climatica”, ma anche ribadendo che “i progressi conseguiti alla COP 28 non devono essere indeboliti, incluso il fondamentale impegno a transitare dai combustibili fossili, ma devono coesistere con un’attenzione particolare verso coloro che sono maggiormente colpiti dai cambiamenti climatici e dalle risposte ad essi”.
Diquattro ha notato che la Santa Sede “sottolinea l’importanza di meccanismi finanziari più equi, perché le popolazioni più povere risultano le più vulnerabili al mutamento climatico, divenendo le prime vittime. Un'autentica solidarietà deve animare quei meccanismi di finanziamento basati sulla fraternità”.
Inoltre, la Santa Sede partecipa ai negoziati del nuovo Gender Action Plan, nella “consapevolezza che le donne e le ragazze sono colpite in modo sproporzionato dal cambiamento climatico, in particolare nel Sud del mondo, e che esse svolgono un ruolo importante nell’affrontarne le conseguenze”. Tuttavia, il nunzio denuncia “i tentativi di utilizzare linguaggi e concetti non consensuali o controversi che inevitabilmente vanno a discapito dell’avanzamento dei lavori. Pensiamo, ad esempio, all’inserimento nel testo dei diritti sessuali e riproduttivi, che includono l’aborto, che la Santa Sede non può in alcun modo accettare. Si tratta, di fatto, di uno sviamento dal vero tema in discussione, come la partecipazione delle donne ai processi decisionali e negoziali, la promozione dell’educazione (pensiamo, ad esempio, ai mezzi di comunicazione), il supporto dei Paesi sviluppati ai Paesi in via di sviluppo, anche in ambito Gender Action Plan. Molte donne, soprattutto nel Sud del mondo, possono beneficiare di quanto il Piano d’Azione prevede ed è questo l’obiettivo a cui bisognerebbe guardare con spirito costruttivo e in buona fede, mettendo da parte interessi egoistici”.
Infine, Diquattro sottolinea che “la Santa Sede si adopera per rispondere agli impegni assunti con l'adesione alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sui Cambiamenti Climatici e all'Accordo di Parigi”, con un impegno personale che va oltre il fatto che “le emissioni climalteranti dello Stato di Città del Vaticano risultano infinitesimali a livello globale”.
Oltre al rinnovo dell’impegno multilaterale, la Santa Sede spera che “la Cop30 confermi l'impegno già adottato a Dubai nel 2023 di proseguire il percorso diretto al conseguimento dell'obiettivo dell'Accordo di Parigi, ossia limitare l'aumento della temperatura media globale a 1.5°C rispetto al periodo pre-industriali”, cosa che significa “accelerare attività volte a migliorare l'efficienza energetica, l'utilizzo di energie a basso consumo di carbonio, le azioni di riforestazione. Si tratta di iniziative che devono porre al centro il creato: persone e ambiente, non soltanto l'economia, senza trascurare, ovviamente, una maggiore attenzione all'adattamento e all'educazione”.
Tuttavia, per la Santa Sede, il tema centrale è difendere un’“attenzione crescente per l’educazione all’ecologia integrale”, un approccio che si auspica “sempre più presente nei diversi tavoli del negoziato delle COP”.
La Santa Sede all’Organizzazione degli Stati Americani, contro la violenza sulle donne
Il 19 novembre, monsignor Juan Antonio Cruz Serrano, Osservatore Permanente della Santa Sede all’Organizzazione degli Stati Americani (OAS) è intervenuto alla sessione straordinaria del Consiglio Permanente in cui si è trattato della Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro la Donna”.
Nel suo intervento, Cruz Serrano ha notato che la violenza contro le donne è “una realtà dolorosa che persiste nella società e richiede un impegno comune, deciso e perseverante”.
Secondo la Santa Sede, ogni tipo di violenza esercitata contro le donne è “contraria alla sublime natura mana e costituisce una grave violazione della sua dignità e un attacco inammissibile ai diritti umani”, ed è per questo importante “riaffermare e dare coscienza alla dignità della donna”, così come promuovere politiche che la proteggano ed evitino ogni forma di ‘cosificazione’ della donna”.
Di fatto, ha aggiunto Cruz Serrano, da questa “concezione errata derivano diverse forme di degrado e violenza”, che hanno luogo anche “negli spazi digitali”, e per questo motivo “è necessario sostenere mezzi integrali di educazione e prevenzione, nel rispetto reciproco e la protezione efficace delle vittime”, educando in particolare alla “complementarità tra uomini e donne, perché entrambi possano svilupparsi in eguaglianza, accompagnandosi tra loro e rispettando mutualmente l loro dignità”.
Per la Santa Sede, è importante mettere in luce anche il necessario impatto della famiglia nella formazione di relazioni “basate sul rispetto della dignità di tutto l’essere umano, la fraternità e il riconoscimento del valore unico e irripetibile che ha ciascuna persona, uomo e donna, come opera del creatore”.
FOCUS AMBASCIATORI
Il congedo dell’ambasciatore di Ungheria presso la Santa Sede
Eduard Habsburg-Lothringen, ambasciatore d’Ungheria presso la Santa Sede, ha incontrato Leone XIV il 21 novembre in occasione di una visita di congedo.
Habsburg era ambasciatore di Ungheria presso la Santa Sede dal 2015, ed era tra gli ambasciatori accreditati in servizio da più lungo tempo. Durante il suo periodo da ambasciatore, Papa Francesco ha visitato l’Ungheria due volte: nel viaggio di un giorno per la chiusura del Congresso Eucaristico Internazionale di Budapest nel 2021, e poi di nuovo dal 28 al 30 aprile 2023.
Il suo ultimo impegno come ambasciatore in carica è stato l’organizzazione della visita del primo ministro ungherese Viktor Orbán a Leone XIV. Durante il suo mandato come ambasciatore, i rapporti tra Ungheria e Santa Sede sono stati caratterizzati da una collaborazione sempre più stretta. L’ambasciata d’Ungheria presso la Santa Sede si è anche arricchita di un secondo segretario con una delega speciale per la cooperazione archivistica con la Santa Sede, Krisztina Toth.
Un nuovo ambasciatore di Corea presso la Santa Sede
Il 19 novembre, l’arcivescovo Edgar Peña Parra, Sostituto per gli Affari Generali , ha ricevuto l’Ambasciatore della Repubblica di Corea Hyung Sik Shin, per la presentazione della copia delle Lettere Credenziali.
FOCUS NUNZI
Un nuovo nunzio in Algeria
Il 22 novembre, Leone XIV ha nominato nunzio in Algeria Javier Herrera Corona, finora Nunzio Apostolico nella Repubblica del Congo e in Gabon. Herrera Corona era nunzio in Congo dal 2022, ma prima era capo della missione di studio della Santa Sede a Hong Kong. Entrato nel Servizio diplomatico della Santa Sede il 1° luglio 2003, ha prestato la propria opera nelle Rappresentanze Pontificie in Pakistan, Perù, Kenya, Gran Bretagna e Filippine.
Predecessore di Herrera Corona in Algeria era l’arcivescovo Kurian Vayalunkal, ad Algeri dal 2021 ed inviato nunzio in Cile lo scorso 15 marzo.
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