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Bagnasco: la sfida dell'annuncio in un' Europa senza Dio

Il cardinale Bagnasco celebra la messa nella Missione Italiana di San Gallo, città dove ha sede il CCEE |  | FB Il cardinale Bagnasco celebra la messa nella Missione Italiana di San Gallo, città dove ha sede il CCEE | | FB

Annunciare il Vangelo in una Europa più secolarizzata e che di fatto vive ‘come se Dio non ci fosse’, questo è il primo compito che il Cardinale Bagnasco si pone come Presidente del CCEE. Il cardinale Bagnasco ha recentemente visitato San Gallo sede del CCEE, e ieri si sono chiusi i lavori a Roma della presidenza.

In una intervista a Aci Stampa, il Cardinale avverte del pericolo dell’omologazione in Europa, che umilia la storia dei singoli popoli e delle sfide che le nuove tecnologie pongono all’uomo europeo.

Eminenza, lei è stato da poco nominato Presidente del CCEE. Come vede il suo ruolo in questa nuova tappa?

Vedo il mio ruolo di Presidente come un servizio ai miei confratelli responsabili delle conferenze episcopali di tutto il continente europeo. Un servizio che vuol dire ascoltare ai miei confratelli e fare delle sintesi alla luce del Magistero della Chiesa, del Santo Padre e la situazione dei singoli paesi.

Quali sono le sfide che deve affrontare il CCEE e l’Europa in questa nuova tappa?

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Il primo e fondamentale compito è annunciare il Vangelo a un mondo, a un continente che sembra sempre più secolarizzato e che lo è di fatto. Un continente che vive come se Dio non ci fosse. La prima sfida, quindi, è quella di annunciare la novità di Gesù, perché dal Suo Vangelo deriva la cultura europea e l’identità dei singoli paesi. Nonostante ciò, non dobbiamo dimenticare che ci sono anche dei segnali di risveglio della fede perché il cuore del uomo è sempre uguale. I tempi, le culture e i modi di vivere sono sempre diversi,  ma il cuore dell’uomo resta sempre uguale. Quindi sono convinto che il migliore alleato del Vangelo sia sempre l’uomo nelle sue domande fondamentali. Basta che l’uomo europeo si metta ad ascoltare il suo cuore.

I nuovi movimenti che sorgono contro l’omologazione europea dei singoli paesi...sono una risposta del popolo per conservare la sua identità?

L’omologazione non è mai positiva. Il Vangelo, la fede Cristiana,  non ha mai omologato, ma valorizzato, accolto e portato agli uomini al compimento del suo essere più alto. Un conto è ordinare le cose, cercare delle sintesi, ma non omologare. Omologare vuol dire umiliare le differenze, che sono legittime, soprattutto se riguardano popoli, nazioni, storie…Se l’Europa continua su questo cammino, su questa volontà di omologazione, fallirà inevitabilmente. In questo caso, i popoli sentirebbero l’Europa come un peso, come una arroganza e non come una casa dove tutti possono trovare rispetto e riconoscimento.

Stiamo perdendo i valori della solidarietà e della famiglia in Europa?

Il problema della solidarietà è messo a giusta prova dalle grandi sfide come l’immigrazione, ma non solo. La solidarietà è messa anche a prova tra le diversità dei popoli, diversità sociali e tra i popoli europei, economiche, sociali.. Per cui è necessario che una Europa che voglia essere casa comune, deve essere solidale, non solo verso l’esterno del continente, rispetto al flusso delle migrazioni, ma anche fra i paesi che la configurano e all’interno dei vari paesi.

D’altro lato, la famiglia purtroppo subisce una umiliazione culturale e anche una trascuratezza sociale. Non mi sembra che ci siano abbastanza politiche a sostegno della famiglia in tutti i paesi europei. In alcuni ci sono di più, in altri di meno o quasi zero. Comunque, attaccare e non valorizzare la famiglia vuol dire tagliarsi veramente tutte le radici possibili.

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Come si integrano, secondo la sua visione,  la Chiesa orientale e l’occidentale in Europa?

Gli europei occidentali, sono molto consapevoli di avere bisogno della spiritualità e della teologia orientale, che ci ricorda la dimensione mistica del Vangelo, quindi il primato della vita spirituale e il primato di Dio. Per questo siamo molto grati ai confratelli e alle Chiese dell’Europa orientale. Allo stesso tempo, loro guardano a noi e parliamo fra di noi proprio per poterci integrare vicendevolmente sul piano pastorale. Da una parte e dall’altra abbiamo doni vicendevoli da scambiarci.

La Chiesa in Europa perde ogni anno più fedeli…è destinata a scomparire?

Assolutamente no. Forse in questo momento in certe zone dell’Europa, la sordità delle persone si fa sentire in modo particolare, perché il fenomeno del secolarismo di stampo individualistico, procede con forza. La Chiesa comunque non scomparirà per due motivi fondamentali: innanzitutto Cristo, perché Egli ha detto ‘io sono con voi tutti i giorni fino alla fine dei tempi’. La Sua parola è  il punto di forza della Chiesa in Europa, la Chiesa Corpo di Cristo.

Secondo, perché le comunità cristiane continuano ad esserci. Magari con numeri a volte più ridotti, dipende dalle zone, dai paesi, dalle situazioni. Però allo stesso tempo vediamo spuntare dei germogli di vivacità e desiderio di Dio, in particolare di Cristo, che fanno ben sperare. Non dimentichiamoci che l’uomo, anche se la cultura cerca di isolarlo, è fatto per vivere insieme a Dio e ai fratelli.

Cosa chiede la Chiesa all’Europa?

La Chiesa si sente molto partecipe del camino europeo, è per l’Europa, è convinta del cammino dell’unificazione europea, però chiede che l’Europa non abbia paura di Gesù Cristo, che si lasci parlare ancora da Dio, che sia consapevole della sua missione universale e per tanto ripensi alle proprie basi.

L’Europa di oggi può insegnare qualcosa agli altri continenti?

Può mostrare due cose fondamentali. La prima, annunciando Cristo, la Chiesa in Europa annuncia la pienezza dell’uomo perché in Gesù, come il Concilio ricorda, risplende il volto di Dio e il volto vero dell’uomo. Quindi, annunciare Gesù è il compito fondamentale della Chiesa in Europa al servizio dell’umanità.

Secondo, l’Europa e noi Chiesa in Europa, abbiamo la missione di ricordare al mondo che la grande sfida per il mondo intero è governare il potere tecnologico. Nel senso che il progresso scientifico e tecnologico nel mondo innanzitutto in Europa  è grandissimo. Però, se questo progresso tecnologico non ha un’ anima spirituale, morale, si ritorce contro l’umanità. Se questa tecnologia non è al servizio dell’uomo, il progresso si rivolge contro l’umanità stessa.

l’Europa ha il compito di ricordare al mondo la grande sfida tecnologica, più di tutti gli altri continenti e paesi, per un motivo molto semplice. Perché ha conosciuto nel novecento il potere del male, attraverso degli eventi che tutti conosciamo e che sono veramente terribili, dove il potere tecnologico senza anima è andato contro l’umano. Questo potere ha distrutto l’uomo. L’Europa, più di altro continente, conosce questa esperienza e deve fare ed essere saggezza e messaggio per il mondo intero.

 

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