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Parolin, la diplomazia della Santa Sede lavora per la libertà e la dignità della Chiesa

Il cardinale Parolin | Il cardinale Parolin | Foto: Daniel Ibáñez / ACI Stampa Il cardinale Parolin | Il cardinale Parolin | Foto: Daniel Ibáñez / ACI Stampa

La politica concordataria della Santa Sede si basa su sette principi fondamentali. A ripercorrerli il Segretario di Stato Vaticano il cardinale Parolin che ha tenuto la relazione introduttiva del Convegno che la Università Gregoriana ha organizzato insieme all’ E’cole française di RomaGli Accordi della Santa Sede con gli Stati (XIX-XXI secolo).

Libertà religiosa, basata sulla Dignitatis humanae, le necessità contingenti, i modelli più o meno effettivi di concordato, il rapporto con gli episcopati locali, la necessità o meno dei concordati, le relazioni cin gli stati senza convenzioni e i rapporti multilaterali.

Un lezione universitaria che ricorda soprattutto lo spirito derivato, anche nella diplomazia dal Concilio, con un’attenzione alle Chiesa locali. “I bisogni della Chiesa, pur essendo sostanzialmente universali- dice Parolin- acquisiscono connotati particolari a seconda dei luoghi, cioè delle culture e delle diverse situazioni di ogni singolo Stato. Ciò fa sì che, entro le comuni pretese di libertà, in ogni negoziato le precise richieste avanzate possano presentare degli spunti singolari”.

Ma si può parlare di “modello concordatario?” Il cardinale risponde che “Di per sé, presso la Santa Sede non esiste un modello concordatario da seguire. La prassi normale prevede che l’avvio di un negoziato nasca da una richiesta proveniente dal Paese interessato”.

L’unica necessità è la garanzia  della libertas Ecclesiae, ossia la autonomia e indipendenza della Chiesa “nell’adempimento della sua missione religiosa, la predicazione e il magistero, la pratica del culto e l’esercizio della potestà di governo al proprio interno: a ciò corrisponde il riconoscimento civile della sua organizzazione e degli enti che ne fanno parte, così come delle iniziative che fanno capo ad essa o alle quali l’attività dei fedeli può dare vita”.

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La questione della necessità di accordi e concordati, cioè di una azione politica dalla Santa Sede è un tema molto dibattuto. “Gli accordi siglati o da sottoscrivere - dice Parolin- possono indicare, allo stesso tempo, l’ottimismo e il pessimismo della Chiesa di fronte alle sfide storiche” e gli adattamenti “sono validi per la difesa dei diritti umani, e in particolare della libertà religiosa, anche nel quadro statale contemporaneo di una società secolarizzata o non secolarizzata”. Del resto “la Santa Sede ha sempre cercato di trattare con i sovrani o i governi anche non cattolici o non cristiani circa le condizioni concrete di vita della Chiesa”.

Gli accordi diplomatici sono utili “in ragione della necessità di regolare la vita della Chiesa e di assicurare la sua indipendenza di fronte al desiderio dei Sovrani e dei Governi, una volta anche cattolici, d’interferire nella vita e nell’organizzazione della Chiesa cattolica”.

Altro punto interessante la multilateralità ossia “la partecipazione della Santa Sede ad accordi internazionali multilaterali nella forma sia della sottoscrizione e della ratifica sia dell’adesione”.

E “gli accordi attuali della Santa Sede sono anche nella logica della sua attiva partecipazione all’elaborazione di testi internazionali. Al riguardo, valga come esempio il ruolo da essa svolto come membro a pieno titolo della Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa (c.s.c.e.), iniziato a Helsinki nel 1972, e ancora effettivo con la sua appartenenza all’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (o.s.c.e.)”.

Conclude Parolin: “L’azione diplomatica della Santa Sede nel negoziare accordi specifici si conforma, dunque, a quanto è desiderato e determinato dalla comunità internazionale secondo il diritto internazionale e secondo gli impegni internazionalmente presi fino ad oggi dagli Stati”.