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Diario del Sinodo: si parla di formazione, dialogo interreligioso, popoli indigeni

Si torna agli interventi generali, nel giorno della Madonna di Aparecida, Molti i temi affrontati durante le discussioni

Sala Stampa, briefing | Il briefing del 12 ottobre 2019 sui lavori del Sinodo Speciale per la Regione Panamazzonica | Daniel Ibanez / ACI Group Sala Stampa, briefing | Il briefing del 12 ottobre 2019 sui lavori del Sinodo Speciale per la Regione Panamazzonica | Daniel Ibanez / ACI Group

Una Chiesa “profetica, solidale, samaritana”, con agenti pastorali che sappiano non solo fare iniziative sociali, ma anche accompagnare spiritualmente le persone: alla fine della prima settimana del Sinodo speciale per la Regione Panamazzonica, si comincia a delineare il modello di Chiesa ritenuto necessario per evangelizzare l’Amazzonia e per costruire una Chiesa con un volto amazzonico”.

“Sono ripresi gli interventi in aula – sottolinea don Giacomo Costa, segretario per la Commissione dell’Informazione del Sinodo – e comincia a consolidarsi un cammino, un pensiero dell’assemblea stessa. In questo senso, il cammino della Chiesa per l’ecologia integrale può essere considerato come un appello alla conversione integrale del Vangelo di Gesù Cristo”.

Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero della Comunicazione, aggiunge che “molto si è parlato di dialogo interreligioso”, e molti uditori delle popolazioni indigene hanno chiesto “rispetto per la loro cultura, da considerare non come un qualcosa in vetrina, come qualcosa vivo, da rispettare e considerare”.

Si è parlato anche del ruolo delle donne, e in particolare è arrivata anche la proposta per un Sinodo sulle donne – proposta, in realtà, che spesso circola negli ambienti vaticani. Le donne, è stato detto, sono “molto attive nelle comunità amazzoniche e pronte a condividere le responsabilità pastorali insieme con i sacerdoti”, e quindi si è proposta una maggiore valorizzazione delle donne consacrate.

Dopo l’invocazione della Madonna di Aparecida, con l’intervento guidato dall’ausiliare di Manaus, sono stati molti i temi sul tavolo, oltre quelli già citati.

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Prima di tutto, l’educazione integrale, con la richiesta di “un accesso paritario all’informazione” e l’invito è quello di rinnovare il compito degli educatori “attraverso la prospettiva dell’evangelizzazione”, considerando come urgente un patto educativo, in prospettiva ecologica e in chiave amazzonica. L’educazione integrale è chiamata a ristabilire la connessione tra l’uomo e ambiente, e deve diventare parte del modo di vivere nella Chiesa per il mondo. Suor Zully Rosa Rojas Quispe, delle Suore Missionarie Domenicane del Santo Rosario, ha detto a tal proposito che “si devono riformare i curricula dei seminari”, integrando con le lezioni di filosofia “le saggezze ancestrali” dei popoli dell’Amazzonia, perché non c’è una sola Amazzonia, ma ci sono più amazzonie”.

Il vescovo Adriano Ciocca Vasino, Vescovo Prelato di São Félix, ha detto che tra le tribù indigene ce n’è una cattolica, e ci sono dei giovani che vogliono diventare sacerdoti, ma ancora non ha trovato “come fare per formare questi giovani”.

Padre Costa ha sottolineato che c’è stato anche un richiamo contro le ingiustizie e le violenze, come “la violenza estrattivista”:

Un intervento si è concentrato sul dramma della tratta di esseri umani e del traffico di organi, mentre un altro ha puntato il dito contro la disoccupazione giovanile, la prima e più grave forma di esclusione ed emarginazione della gioventù.

C’è stato anche un intervento sulle migrazioni, dato che l’Amazzonia ne è molto colpita. È stato sottolineato che il migrante non va considerato “un mero dato sociologico e politico, ma un luogo teologico”, e serve una pastorale attenta a questo tema.

Si è parlato anche di missione, di come portare la fede a gruppi di indigeni volontariamente isolati, cui va portata una testimonianza “coerente, bella, capace di attrarre”; mentre la missione è importante anche da un punto di vista ecumenico.

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Gli uditori dei popoli indigeni hanno poi chiesto che la “cura della casa comune” non sia un’altra espressione del colonialismo economico, sociale e culturale che vuole modernizzare il territorio.