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Papa Francesco a Budapest: "Spegnere la miccia dell'antisemitismo"

Discorso di Papa Francesco ai rappresentanti del Consiglio Ecumenico delle Chiese e di alcune Comunità ebraiche dell’Ungheria

L'incontro del Papa con i rappresentanti del Consiglio Ecumenico delle Chiese e di alcune Comunità ebraiche dell’Ungheria presso il Museo delle Belle  |  | Vatican Media
L'incontro del Papa con i rappresentanti del Consiglio Ecumenico delle Chiese e di alcune Comunità ebraiche dell’Ungheria presso il Museo delle Belle | Vatican Media
Il discorso del Papa presso il Museo delle Belle Arti di Budapest |  | Vatican Media
Il discorso del Papa presso il Museo delle Belle Arti di Budapest | Vatican Media

Dopo la visita di cortesia al Presidente della Repubblica e al Primo Ministro di Ungheria e l’incontro – a porte chiuse – con i Vescovi ungheresi, Papa Francesco è stato accolto dai rappresentanti del Consiglio Ecumenico delle Chiese e di alcune Comunità ebraiche dell’Ungheria presso il Museo delle Belle Arti di Budapest.

Questo incontro – ha sottolineato il Papa – esprime “un grande desiderio di unità” e racconta “un cammino, a volte in salita, in passato faticoso, ma che affrontate con coraggio e buona volontà”.

“Pregare insieme, gli uni per gli altri, e darci da fare insieme nella carità, gli uni con gli altri, per questo mondo che Dio tanto ama – ha detto ancora Francesco - ecco la via più concreta verso la piena unità”.

Rivolgendosi alle comunità ebraiche, il Papa ha espresso apprezzamento per l’impegno nella direzione di vedersi come amici. “Questo è il cambio di sguardo benedetto da Dio, la conversione che apre nuovi inizi, la purificazione che rinnova la vita. Chi segue Dio è chiamato a lasciare. A noi è chiesto di lasciare le incomprensioni del passato, le pretese di avere ragione e di dare torto agli altri, per metterci in cammino verso la sua promessa di pace, perché Dio ha sempre progetti di pace, mai di sventura”.

“Ogni volta che c’è stata la tentazione di assorbire l’altro – ha proseguito Francesco - non si è costruito, ma si è distrutto; così pure quando si è voluto ghettizzarlo, anziché integrarlo. Dobbiamo vigilare e pregare perché non accada più. E impegnarci a promuovere insieme una educazione alla fraternità, così che i rigurgiti di odio che vogliono distruggerla non prevalgano. Penso alla minaccia dell’antisemitismo, che ancora serpeggia in Europa e altrove. È una miccia che va spenta. Ma il miglior modo per disinnescarla è lavorare in positivo insieme, è promuovere la fraternità”.

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Pensando al Ponte delle Catene che unisce Budapest, Papa Francesco ha spiegato che ogni catena è composta da anelli e “siamo noi questi anelli e ogni anello è fondamentale: perciò non possiamo più vivere nel sospetto e nell’ignoranza, distanti e discordi. Un ponte mette insieme due parti. Il Dio dell’alleanza ci chiede di non cedere alle logiche dell’isolamento e degli interessi di parte. Non desidera alleanze con qualcuno a discapito di altri, ma persone e comunità che siano ponti di comunione con tutti”.

Rivolgendosi ai credenti, ribandendo l’importanza della libertà religiosa, il Pontefice ha auspicato che “nessuno possa dire che dalle labbra degli uomini di Dio escono parole divisive, ma solo messaggi di apertura e di pace. In un mondo lacerato da troppi conflitti è questa la testimonianza migliore che deve offrire chi ha ricevuto la grazia di conoscere il Dio dell’alleanza e della pace”.

Parlando del poeta ungherese Miklós Radnóti, vittima della Shoah, il Papa ha invitato in conclusione “a diventare radici. I nostri cammini di fede sono semi: semi che si trasformano in radici sotterranee, radici che alimentano la memoria e fanno germogliare l’avvenire. È questo che il Dio dei nostri padri ci chiede. Si giunge in alto solo se radicati in profondità. Radicati nell’ascolto dell’Altissimo e degli altri aiuteremo i nostri contemporanei ad accogliersi e amarsi. Soltanto se saremo radici di pace e germogli di unità saremo credibili agli occhi del mondo, che guarda a noi, con la nostalgia che sbocci la speranza”.