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Diplomazia pontificia, aperte le relazioni diplomatiche con il sultanato di Oman

Il Sultanato dell’Oman esce dal novero degli Stati senza relazioni diplomatiche con la Santa Sede. L’anniversario della guerra in Ucraina. L’impegno nel multilaterale

Caccia, al Hassan | L'arcivescovo Caccia, Osservatore Permanente della Santa Sede all'ONU, e Mohammed Al-Hassan, ambasciatore del Sultanato di Oman alle Nazioni Unite, firmano la dichiarazione di apertura delle relazioni diplomatiche, New York, 23 febbraio 2023 | Holy See Mission Caccia, al Hassan | L'arcivescovo Caccia, Osservatore Permanente della Santa Sede all'ONU, e Mohammed Al-Hassan, ambasciatore del Sultanato di Oman alle Nazioni Unite, firmano la dichiarazione di apertura delle relazioni diplomatiche, New York, 23 febbraio 2023 | Holy See Mission

L’annuncio dell’apertura delle relazioni diplomatiche tra Santa Sede e Oman allarga la rete diplomatica della Santa Sede e la sua credibilità. La firma dell’apertura delle relazioni, avvenuta a margine di una sessione delle Nazioni Unite, lascia a soli sei gli Stati che non hanno alcun tipo di relazione con la Santa Sede.

L’arcivescovo Gallagher ha commemorato il primo anno di guerra in Ucraina. La Santa Sede ha parlato in due importanti riunioni multilaterali.

                                                FOCUS OMAN

Santa Sede e Oman aprono le relazioni diplomatiche

Santa Sede e Oman hanno stabilito piene relazioni diplomatiche. L’annuncio, arrivato con una nota il 23 febbraio, non è giunto a sorpresa, perché già a novembre, durante il viaggio di Papa Francesco in Bahrein, c’era stato un contatto tra Vaticano e Muscat a livello del ministero degli Esteri. Tuttavia, la notizia è importante, perché l’Oman era uno degli otto Stati al mondo che non aveva alcun legame con la Santa Sede, nemmeno un rappresentante non residente.

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Si legge nel comunicato congiunto che “la Santa Sede e il Sultanato dell'Oman, desiderose di promuovere la comprensione reciproca e rafforzare ulteriormente l'amicizia e la cooperazione tra la Santa Sede e l'Oman; Convinte che l'instaurazione di relazioni diplomatiche serva gli interessi comuni della Santa Sede e l’Oman; guidati dai principi di uguaglianza sovrana, indipendenza, integrità territoriale e non interferenza; hanno deciso di istituire, sulla base della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche del 18 Aprile 1961, pieni rapporti diplomatici a livello di Nunziatura Apostolica presso il Sultanato di Oman e di un'Ambasciata presso la Santa Sede.

L’accordo è stato firmato alle Nazioni Unite, dall’arcivescovo Gabriele Giordano Caccia, osservatore della Santa Sede alle Nazioni Unite, e da Mohammed Al-Hassan, ambasciatore del Sultanato di Oman presso le Nazioni Unite.

Le relazioni diplomatiche cominciano, dunque, al massimo livello.

La Legge Fondamentale dell’Oman dichiara l’Islam religione di Stato e la sharia principale fonte della legislazione nazionale. Tuttavia al suo interno è anche affermata la libertà di religione, unitamente al divieto di discriminazioni su base confessionale. Circa la Chiesa Locale, il territorio dell’Oman fa parte del Vicariato Apostolico dell’Arabia del Sud, con sede ad Abu Dhabi, amministrato dal vescovo Paolo Martinelli, OFM. Cap. Sono 4 le parrocchie nel Paese, in cui svolgono il loro ministero 12 sacerdoti.

La Sala Stampa comunica che “si auspica che con l’allacciamento delle piene relazioni diplomatiche con la Santa Sede, la Chiesa Cattolica in Oman, attraverso sacerdoti e religiose, possa continuare a contribuire al benessere sociale del Sultanato.

Includendo l’Oman, la Santa Sede ha ora relazioni diplomatiche con 184 nazioni in tutto il mondo. L’ultima ad essere aggiunto alla lista era stato il Myanmar nel 2017. Una mossa che rese possibile anche il viaggio di Papa Francesco nella nazione in quello stesso anno.

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L’apertura di un canale di contatto con il Sultanato di Oman nasce proprio ne 2017. In quell’anno, fu liberato dopo 18 mesi di prigionia padre Tom Uzhunnalil, il sacerdote salesiano abducted in Yemen in 2016.

Il ruolo dell’Oman fu fondamentale per la sua liberazione. In effetti, l’Oman ha mantenuto relazioni equilibrate con tutte le parti del conflitto in Yemen, e aveva già ottenuto la liberazione di diverse persone rapite o scomparse dal Paese in guerra.

In occasione della liberazione di padre Tom, la Santa Sede aveva anche rilasciato un breve comunicato in cui ringraziava vivamente “quanti si sono adoperati per il suo ritrovamento, in particolare, Sua Maestà il Sultano dell’Oman e le Autorità competenti del Sultanato”

Quella situazione aveva aperto un canale di dialogo, che è poi sfociato nella telefonata del 4 novembre 2022 tra il ministro degli Esteri di Oman Sayyid Badr Hamad al Usaidi e l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati.

Dopo la telefonata, il ministero degli Esteri di Oman aveva reso noto che l’arcivescovo Gallagher e il ministro degli Esteri avevano “concordato di stabilire relazioni diplomatiche tra il Sultanato di Oman e la Santa Sede”.

Gallagher e Hamad al Usaidi – comunicava ancora il ministero degli Esteri di Muscat - hanno anche preso la decisione di sviluppare una cooperazione costruttiva e un mutuo interesse per il benessere e l’armonia tra le nazioni.

Con questa decisione, l’Oman esce dal novero degli Stati al mondo che non hanno alcun legame con la Santa Sede. I sei Stati rimasti sono Arabia Saudita, Bhutan, Cina, Corea del Nord, Maldive e Tuvalu.

Ci sono invece delegati apostolici in quattro Paesi: Comore e Somalia in Africa, Brunei e Laos in Asia. 

Con il Vietnam sono state iniziate formalmente le trattative per arrivare a pieni rapporti diplomatici, cosa che ha portato – a fine 2011 – a nominare un rappresentante vaticano non residenziale presso il governo di Hanoi. L’ultimo incontro del comitato, lo scorso aprile, ha preso la decisione di continuare a progredire nelle relazioni diplomatiche, per arrivare adesso da un rappresentante non residente della Santa Sede a un rappresentante residente ad Hanoi.

Tra gli Stati che non hanno relazioni diplomatiche con la Santa Sede c’è l’Arabia Saudita. Con questa, però, la Santa Sede ha stabilito alcuni rapporti informali, prima partecipando come Paese osservatore alla Costituzione del KAICIID (il centro per il dialogo interreligioso sponsorizzato dai sauditi, con sede a Vienna fino a quest’anno e ora a Lisbona). Nell’aprile 2018 ci fu un viaggio, storico, del Cardinale Jean-Louis Tauran da presidente del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, che riuscì persino a celebrare una Messa in un territorio considerato sacro per l’Islam.

                                                FOCUS UCRAINA

Un anno dalla guerra in Ucraina. La Messa dell’arcivescovo Gallagher

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Il 21 febbraio, presso la basilica di Sant’Andrea della Valle, l’arcivescovo Paul Richard Gallagher, ministro vaticano per i Rapporti con gli Stati, ha celebrato una Messa organizzata dall’Ambasciata ucraina presso la Santa Sede in occasione del primo anniversario della guerra in Ucraina.

Una guerra che “è un evento triste, che speravamo di non arrivare mai a sperimentare”, un fatto che “sembra impossibile per il XXI secolo”, definito dal “ministro degli Esteri vaticano” raccapricciante, mentre la sofferenza che lo accompagna è inimmaginabile”.

L’arcivescovo Gallagher ha lamentato che gli sforzi diplomatici “sembrano tuttora incapaci di rompere il circolo vizioso delle violenze”, e ha chiesto di non guardare alla guerra “alla luce delle notizie sempre più preoccupanti che arrivano dal fronte nella prospettiva degli scenari militari politici che si stanno continuamente tracciando”, ma piuttosto “confrontandosi con la Parola di Dio”, ricordando che “la vocazione fondamentale di tutti è quella di servire il Signore”.

E chi serve il Signore deve essere pronto alla prova, che Dio permette “non per annientarci, ma per renderci più valorosi, non per abbandonarci ma per unirci più strettamente a lui. Perciò nella prova non dobbiamo separarci da Dio, né scoraggiarci né temere né smettere di cercare la giustizia ma confidare nel Signore e fare il bene”.

Il passo del Vangelo è quello in cui i discepoli discutono su chi sia più grande, mentre Gesù rivela la decisione di spogliarsi della propria vita consegnandosi alla morte. E loro, di fronte a questo fatto, “non osano superare la paura di interpellarlo” su questo progetto, ma piuttosto lasciano emergere “i loro calcoli e schemi di potere chiedendosi chi tra loro fosse più grande”.

Gesù, però, non si rassegna di fronte a questo comportamento deludente, perché “la verità che deve insegnare è troppo importante”, e parla rimarcando che “più grande non è quello che si fa servire dagli altri e li sottomette con forza alla sua volontà, ma è colui che sa farsi piccolo e servire gli altri rispettando la loro libertà”.

Cristo mostra, insomma, “che chi ha il potere non è legittimato a disprezzare o opprimere quelli più piccoli, ma deve rispettarli ed apprezzarli”, e “un atteggiamento contrario non va solo contro la dignità dell'uomo, ma è un oltraggio contro Dio stesso”.

L’arcivescovo Gallagher ha sottolineato anche come la Parola di Dio “ci ricorda, anzitutto, che la nostra libertà è un dono grande, ricevuto non dà alcun uomo o da alcuna legge, ma da Dio stesso”, che è “il primo a rispettarlo”.

Per questo il segretario per i Rapporti con gli Stati ha esortato inoltre a imparare da Cristo “a perdonare non nel giorno di Pasqua, ma quando siamo sulla croce”, “senza dimenticare mai che l'unica vera ragione del potere è quella di servire al bene di tutti e che la forza non deve chiudere il cuore, ma aprirlo e non deve escludere ma accogliere”.

L’ambasciatore Yurash a SkyTg24: la visita del Papa è vicina

Nonostante non ci siano segnali che Papa Francesco voglia effettivamente andare a Kyiv, e che il Papa stesso abbia sempre vincolato la possibilità di un viaggio ad un altro viaggio a Mosca, l’ambasciatore di Ucraina presso la Santa Sede Andryi Yurash ha detto che crede che una visita del Papa in Ucraina sia vicina.

"Il sostegno del Santo Padre è stato essenziale per il nostro Paese. Nell’ultimo anno abbiamo ascoltato oltre cento discorsi e appelli del Papa per la pace in Ucraina, un modo di incoraggiare gli ucraini a restare forti", ha detto l’ambasciatore.

L’ambasciatore ha detto che “la pace è un obiettivo primario”, ma che è anche “difficile accettare una vittoria su queste rovina, senza giustizia”, considerando che “un quinto del territorio ucraino è sotto l’occupazione russa al momento” e “dobbiamo pensare a come riconquistare il nostro territorio, per fare in modo che centinaia di migliaia di persone possano fare ritorno nelle loro case. Per pensare alla pace dobbiamo pensare a come far tornare gli ucraini nel loro territorio liberato".

Sebbene la Santa Sede sia stato indicato più volte come un mediatore, né l’Ucraina né la Russia sembrano aver mai preso in considerazione l’idea di una mediazione pontificia. Per l’ambasciatore, però, considera la Santa Sede come “uno dei mediatori più importanti per i negoziati”.

Ad ogni modo, afferma, “l’Ucraina ha sempre sostenuto qualsiasi tentativo, da qualunque parte arrivasse, per iniziare i negoziati sin dall’occupazione della Crimea otto anni fa”.

Tuttavia, l’ambasciatore ammette che “per iniziare i negoziati c’è bisogno di volontà da entrambe le parti di sedersi a un tavolo. La Santa sede può offrire un’opportunità per iniziare questo processo, l'Ucraina ha sempre sostenuto i negoziati, ma la Russia si è sempre opposta, la pace non è nei loro piani, come ha ribadito il presidente russo nel suo ultimo discorso".

Papa Francesco in Russia?

Leonid Sebastianov, capo dell’Unione dei vecchi credenti e amico personale di Papa Francesco, ha rilanciato l’idea di un passaggio del Papa in Russia, magari tornando da un viaggio in Mongolia che si pensa in programma per settembre 2023.

In una intervista all’agenzia di Stato russa TASS, Sebastianov ha detto che "in primavera, Francesco, tornando dalla Mongolia, potrebbe fare una sosta nella Russia dell'est, Vladivostok, per fare visita al ‘Parco nazionale della Terra del Leopardo’ dove ci sono leopardi, salvati dall'estinzione, che il Papa ha detto di voler vedere. A uno di questi animali il Pontefice avrebbe dato il nome di ‘Martin Fierro’, personaggio famoso della letteratura argentina”.

Sembra più una ipotesi parodistica che una reale prospettiva, sia perché non pare che Putin abbia intenzione di accettare una mediazione della Santa Sede, sia perché un passaggio del Papa a Vladivostok non sarebbe una effettiva visita in Russia, e non potrebbe avere quell’incontro bilaterale che rappresenta per il Papa la finestra aperta per un dialogo di pace.

                                                FOCUS EUROPA

Spagna, l’arcivescovo Auza contro le ultime leggi approvate in Spagna

Al momento del dibattito della nuova legge sull’aborto in Spagna, c’è stata anche una dichiarazione senza precedenti che ha incluso quasi tutte le confessioni religiose di Spagna. La legge è passata lo stesso. E il 21 febbraio, l’arcivescovo Bernardito Auza, nunzio in Spagna, ha criticato le nuove leggi durante una conferenza su Santa Sede e Agenda 2030 che si è tenuta all’Università Francisco de Vitoria, che aveva come obiettivo di presentare il VI congresso di “ragione aperta”.

Durante la conferenza, il nunzio ha spiegato che la Santa Sede si mette contro quelli che forniscono più risorse per la protezione delle specie minacciate da estinzione che per la protezione della vita nascente”.

L’arcivescovo, che è stato anche osservatore presso la Missione della Santa Sede alle Nazioni Unite, ha detto che la Santa Sede è d’accordo con la maggior parte degli obiettivi dell’Agenda 2030, ma che non ha mancato di mostrare riserve riguardo punti concreti degli obiettivi 3 e 5, che si riferiscono a salute e uguaglianza di gender.

In particolare, la Santa Sede ha espresso riserve sull’uso della terminologia di “diritto alla salute sessuale e riproduttiva, e ha detto che non si includerà mai la parola aborto.

Allo stesso tempo, l’arcivescovo Auza ha messo in luce che il termine “uguaglianza di gender” è stato completamente ribaltata, e che la Santa Sede interpreta il termine secondo la sua base biologica di femminile e maschile”.

L’arcivescovo Auza ha criticato che in Spagna esista un ministero per l’Agenda 2030 e ha lamentato che questo dipartimento “dà abbastanza enfasi ad obiettivi che la Chiesa con condivide.” Anche perché – ha detto – i suoi obiettivi sono chiari, dato che “in Spagna non lottiamo contro la fame (sì, si dice che c’è la fame, ma non è una priorità del Paese), non lottiamo contro la povertà estrema, non lottiamo per una educazione disponibile a tutti. Sono tutti obiettivi già raggiunti. Perché allora avere un ministero solo per il 2030? Si vede dalle leggi che vengono emanate in questi ultimi giorni”.

Per il nunzio, la Chiesa “non ha necessità di una agenda 2030 per promuovere società più giuste”, dato che le istituzioni ecclesiastiche sono sempre state in lotta contro l’estrema povertà, nella cura dell’ambiente, e nella promozione dell’educazione per tuti”.

Parlando dell’ambiente, l’arcivescovo Auza ha notato che il tema dell’ecologia integrale “ha guadagnato importanza” ed è “ogni volta più urgente in un contesto di lotta contro il grave deterioramento del pianeta”.

Di ecologia integrale, parlava il nunzio, parlava Paolo VI già nel 1971, mentre Giovanni Paolo II proclamò San Francesco di Assisi patrono dell’ecologia, e Benedetto XVI fu persino definito “il Papa verde” per la sua attenzione al tema dell’ambiente. Papa Francesco poi ha dedicato all’ecologia una intera enciclica, la Laudato Si.

                                                FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede alle Nazioni Unite, il Comitato delle operazioni di pace

Il 21 febbraio, si è tenuto alle Nazioni Unite di New York un Comitato Speciale sulle Operazioni di Pace.

L’arcivescovo Gabriele Giordano Caccia, Osservatore Permanente della Santa Sede presso le nazioni unite, ha ricordato nel suo intervento i recenti viaggi papali in Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan, due Stati dove “le operazioni di pace hanno l’obiettivo di fornire alle autorità supporto per raggiungere stabiità, costruire uno Stato di diritto, e piantare semi di sviluppo.

La Santa Sede ha chiesto alle Nazioni Unite di adattare la sua struttura e i suoi metodi della missione in cinque aspetti: portare avanti un concetto di politica che orienti le autorità pubbliche a cercare il bene comune; accrescere il numero e l’influenza delle donne come operatori di pace, riconoscendone il contributo unico alla pace; la protezione delle popolazioni civili dai danni; il servizio di supporto alla pace, con sempre maggiore coinvolgimento di tutti i segmenti delle popolazioni ospiti; e infine, l’eliminazione dello sfruttamento sessuale e l’abuso.

La Santa Sede alle Nazioni Unite, assemblea speciale per l’Ucraina

Il 22 febbraio, si è tenuta l’Undicesima Sessione di Emergenza Speciale delle Nazioni Unite sull’Ucraina. La plenaria ha portato ad una risoluzione che chiede il ritiro delle truppe di Mosca dal territorio ucraino, cui si sono astenute Russia e Cina.

Intervenendo nel dibattito, l’arcivescovo Caccia ha chiesto a tutti gli attori coinvolti nel conflitto di “rimanere aperti al dialogo” e di non rischiare “l’unica porta ragionevole alla pace”.

Il nunzio ha enfatizzato la “inumanità delle moderne operazioni di guerra in Ucraina”, con riferimento alle tattiche che “trattano i soldati come oggetti più che come esseri umani dotati di una dignità inviolabile”.

L’arcivescovo ha anche ricordato l’obbligo di tutti gli Stati sotto la legge umanitaria internazionale di “evitare di evacuare bambini in territori stranieri”, e sottolineato quanto sia importante riunificare le famiglie.

L’arcivescovo Caccia ha anche comunicato la posizione della Santa Sede che le azioni indiscriminate di guerra sono crimini “contro Dio e l’uomo stesso”, e allo stesso tempo ha rinnovato la gratitudine della Santa Sede a governi, organizzazioni e individui che hanno aiutato quanti sono in momento di bisogno.

Le conseguenze della guerra, ha detto, vanno oltre i confini ucraini. La Santa Sede supporta l’iniziativa del Grano del Mar Nero, che permette l’esportazione di grano, mentre stigmatizza l’uso della minaccia nucleare. La Santa Sede supporta anche L’Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica, di cui è membro fondatore, nel creare una zona di protezione per la centrale nucleare di Zaporizhzhia.

L’arcivescovo Caccia ha infine chiesto di evitare “retorica e azioni di escalation” per impegnarsi invece “nel dialogo per fermare la vergogna della guerra, che nasce dal cuore umano corrotto dal peccato”.

                                                            FOCUS ASIA

Sri Lanka, la questione delle elezioni

Le elezioni locali in Sri Lanka sono fissate per il 9 marzo, ma al momento non c’è conferma che si terranno perché il governo non sta stanziando i fondi necessari per stampare le schede elettorali. La situazione potrebbe creare nuove proteste. Le opposizioni stanno accusando il presidente Ranil Wickremesinghe - che ha preso il posto di Gotabaya Rajapaksa dopo la rivolta di piazza del luglio scorso nel Paese in ginocchio per la crisi economica - di non volere le elezioni perché non appaia evidente la distanza tra il voto popolare e la sua amministrazione.

La situazione non ha lasciato indifferente il Cardinale Malcolm Ranjith, arcivescovo di Colombo, che ha sottolineato che “il rinvio delle elezioni farà perdere allo Sri Lanka la fiducia che si è guadagnato presso la comunità internazionale. Ci appelliamo alle autorità affinché non spingano il Paese verso una crisi più grave in un momento in cui è colpito dalla bancarotta e dall’assistenza della Banca Mondiale, del Fondo Monetario Internazionale e dei Paesi stranieri”.

Il Cardinale ha rimarcato che è dovere del presidente fare in modo che le elezioni locali si svolgano, mentre “è dovere di tutti i partiti politici, delle organizzazioni civili e dei leader religiosi farsi avanti per il bene della nazione”.

                                                            FOCUS AMERICA LATINA

Nicaragua, il presidente Ortega attacca ancora la Chiesa

Ancora una volta, il presidente del Nicaragua Daniel Ortega ha attaccato la Chiesa cattolica. Dopo la condanna a 26 anni di carcere del vescovo Rolando Àlvarez di Matagalpa, che aveva rifiutato l’esilio ed è stato considerato colpevole di tradimento in un processo per niente trasparente, il presidente ha attaccato la Santa Sede dicendo che l’elezione del Papa è solo una mafia.

“Il popolo – ha detto – dovrebbe eleggere i cardinali, e dovrebbe essere esserci una votazione del popolo cattolico perché il Papa venga eletto direttamente dal popolo. Che decida il popolo, e non la mafia che è organizzata lì in Vaticano”.

Le parole di Ortega sono la risposa all’appello di Papa Francesco all’Angelus del 12 febbraio scorso contro la condanna di Àlvarez e all’esilio comminato a 222 oppositori. La settimana scorsa, tra l’altro, la giustizia nicaraguense ha spogliato della nazionalità e inibito a vita dagli incarichi pubblici 94 oppositori politici.