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La riconcilazione polacco – ucraina, un modello per la riconciliazione europea?

Gli aiuti della Polonia all’Ucraina hanno accelerato il percorso di riconciliazione tra i due popoli che ha fatto seguito a due eventi legati alla Seconda Guerra Mondiale

Shevchuk, Gadecki | L'arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk e l'arcivescovo Gadecki firmano la dichiarazione congiunta Shevchuk, Gadecki | L'arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk e l'arcivescovo Gadecki firmano la dichiarazione congiunta "Perdono e riconciliazione" | Conferenza Episcopale Polacca / Chiesa Greco Cattolica Ucraina

Il processo di riconciliazione polacco – ucraina iniziò nel 1987. Aveva uno sponsor, Giovanni Paolo II, che da santo fu poi nominato protettore di quel percorso di riconciliazione. E aveva un precedente, la riconciliazione polacco – tedesca, sancita dalla lettera dell’episcopato polacco a quello tedesco in cui si sottolineava: “Perdoniamo e chiediamo perdono”. Oggi, la riconciliazione polacco – ucraina sembra essere quasi compiuta. Anche perché, nell’ambito della invasione su larga scala della Russia sull’Ucraina, la Polonia è stato il Paese che più di tutti è stato vicino all’Ucraina. E che questa riconciliazione sia ormai cosa compiuta lo testimonia una dichiarazione congiunta della Chiesa Greco Cattolica Ucraina e l’episcopato di Polonia firmata il 7 luglio.

L’occasione era l’80esimo anniversario della tragedia di Volyn. La dichiarazione è chiamata “Perdono e riconciliazione”. Firmatari della dichiarazione, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, padre e capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, e l’arcivescovo Stanisław Gądecki, Metropolita di Poznań e  Presidente della Conferenza Episcopale della Polonia.

I due presuli non si sono limitati alla firma della dichiarazione. L’8 e il 9 luglio hanno partecipato a un pellegrinaggio da Varsavia e Lutsk, e il 9 luglio, poi, nella chiesa cattedrale dei Santi Pietro e Paolo a Lutsk, c’è stata una preghiera per le vittime della tragedia delle vittime guidata proprio dai due.

Tre le caratteristiche di questa commemorazione. La prima: vi hanno partecipato anche i rappresentanti del Consiglio pan-Ucraino delle Chiese e delle Organizzazioni Religiose, incluso il metropolita Epifanio, primate della Chiesa Ortodossa Ucraina, e il vescovo cattolico armeno Marcos Hovhannisyan.  La seconda: la Dichiarazione Congiunta è stata firmata da Chiesa Greco Cattolica Ucraina, la Conferenza Episcopale dei vescovi cattolici di rito latino in Ucraina e l’Eparchia Greco-Cattolica di Mukachevo. La terza: che la commemorazione si svolge proprio nel contesto di una invasione su vasta scala che ha visto la grande solidarietà del popolo polacco - solidarietà che, si spera, contribuisca alla riconciliazione finale tra Ucraina e Polonia e alla guarigione delle ferite della memoria.

Prima di andare avanti, però, c’è bisogno di chiarire le vicende storiche. La tragedia di Volyn è accaduta 80 anni fa, ed era l’oggetto della commemorazione. Nel 1943, infatti, la regione di Volyn fu lo scenario in cui si consumò il lavoro di pulizia etnica dei nazionalisti ucraini contro i polacchi, supportati attivamente dalla popolazione locale. Le vittime di quel massacro non furono solo polacchi, ma anche russi, ebrei, armeni, cechi e numerose altre minoranze nazionali.

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Ma anche gli ucraini hanno avuto il loro dolore proveniente da parte polacca. Come l’Operazione Vistola, ovvero la deportazione, avvenuta nel 1947, della popolazione ucraina che risiedeva nei territori dei nuovi confini sud-orientali della Polonia, e che interessò circa 200 mila persone.

Situazioni che avevano creato profonde ferite, andando a colpire una storia di relazioni ucraino – polacco che pure – si legge nella dichiarazione – è anche piena di “gesta belle, gentili eroiche”.

Ucraini e polacchi furono battezzati “quasi allo stesso tempo” attingendo il popolo polacco alla tradizione latina e quello ucraino a quella bizantina, ma in una “unica Chiesa indivisa”, e hanno vissuto insieme anche i grandi totalitarismi.

La dichiarazione nota che con la fine del XX secolo non si è conclusa “l’era degli omicidi e della pulizia etnica”, anzi l’aggressione contro l’Ucraina, cominciata già nel 2014 sta lì a mostrare che c’è una negazione dei popoli “al loro diritto all’esistenza”, e questo dimostra che “la riconciliazione tra i nostri popoli e la cooperazione tra la Polonia libera e l’Ucraina libera sono condizioni necessarie per la pace nella nostra parte d'Europa”.

Per Sua Beatitudine Shevchuk e l’arcivescovo Gądecki “la riconciliazione è un processo non semplice”, perché richiede di andare ad un livello superiore, e accettare la necessità di chiedere perdono anche da parte di quelli che si sentono “più vittime”. Dal 1987 ad oggi, ricordano, ci sono state molte iniziative comuni, incluso un appello agli storici perché aiutino a “stabilire la verità su quegli eventi, sulla portata del dramma ma anche sulla testimonianza di santità che brillava nell’oscurità”, come quella della famiglia Ulma, che sarà beatificata in Polonia (incluso il loro bambino ancora non nato) il prossimo 11 settembre e che rappresentò un faro di umanità in una guerra inumana.

Oggi – sottolinea la dichiarazione - “dopo l'apertura delle fosse comuni di Bucha, Irpin e Hostomel comprendiamo tutti quanto sia importante citare per nome i colpevoli, riesumare le vittime e onorare il loro diritto a una degna sepoltura e alla memoria”.

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Tuttavia, viene anche rimarcato che perdono e riconciliazione sono “esperienze diverse, anche se strettamente legate”, perché il “perdono è una esperienza interiore”, che “precede la riconciliazione”, mentre quest’ultima “richiede la partecipazione di tutte le parti coinvolte nel conflitto, e può basarsi solo sul perdono reciproco. La riconciliazione può essere basata esclusivamente sulla verità e sulla giustizia”.

Sulla carta, aggiungono Shevchuk e Gądecki, la riconciliazione tra polacchi e ucraini “è già stata raggiunta”, e “in questi tragici mesi questo si è tradotto in azioni concrete scaturite dal senso di vicinanza, anche affettiva, con i nostri fratelli di sventura”, tanto che “milioni di polacchi hanno aperto le loro case e i loro cuori ai rifugiati ucraini” e “il governo polacco fornisce l’assistenza sia ai rifugiati ucraini sia allo Stato ucraino”.

Concludono i presuli: “Crediamo di scrivere, in questi giorni difficili, le nuove importanti pagine del libro della riconciliazione, in modo da poter costruire il nostro futuro comune come liberi con i liberi ed uguali con gli uguali.”