"Nelle parole di saluto rivolte a braccio ad alcuni giovani cattolici russi negli scorsi giorni, com’è chiaro dal contesto in cui le ha pronunciate, il Papa intendeva incoraggiare i giovani a conservare e promuovere quanto di positivo c’è nella grande eredità culturale e spirituale russa, e certo non esaltare logiche imperialistiche e personalità di governo, citate per indicare alcuni periodi storici di riferimento".
Da sempre, nei momenti di difficoltà, il popolo ucraino si stringe intorno alla Madre, nel santuario di Zarvanytsia. E la guerra non ha fermato, anzi ha reso ancora più partecipe, il pellegrinaggio nazionale, che ha visto la partecipazione di un ospite di eccezione: il cardinale preconizzato Americo Aguiar, ausiliare di Lisbona ma soprattutto presidente del comitato organizzatore della Giornata Mondiale della Gioventù.
Il processo di riconciliazione polacco – ucraina iniziò nel 1987. Aveva uno sponsor, Giovanni Paolo II, che da santo fu poi nominato protettore di quel percorso di riconciliazione. E aveva un precedente, la riconciliazione polacco – tedesca, sancita dalla lettera dell’episcopato polacco a quello tedesco in cui si sottolineava: “Perdoniamo e chiediamo perdono”. Oggi, la riconciliazione polacco – ucraina sembra essere quasi compiuta. Anche perché, nell’ambito della invasione su larga scala della Russia sull’Ucraina, la Polonia è stato il Paese che più di tutti è stato vicino all’Ucraina. E che questa riconciliazione sia ormai cosa compiuta lo testimonia una dichiarazione congiunta della Chiesa Greco Cattolica Ucraina e l’episcopato di Polonia firmata il 7 luglio.
Cosa vuole dire essere cristiani in tempi di guerra? È la domanda esistenziale cui stanno cercando una risposta i cristiani in Ucraina, che sono da un anno alle prese con una guerra su vasta scala a seguito dell’aggressione russa. E, secondo l’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, il magistero della Chiesa non dà “risposte sufficienti” per la guerra moderna, che “è peggiore, è diversa, è molto più distruttiva” di quella normalmente conosciuta, e intorno alla quale si è costruita anche la dottrina sociale cristiana.
Fino ad ora, la Chiesa Greco Cattolica Ucraina, la più grande delle Chiese sui iuris, manteneva in comune con il mondo ortodosso orientale anche il calcolo della data delle festività, fatta secondo il calendario giuliano. Il Natale, dunque, cadeva il 7 gennaio, e non il 25 dicembre, cosa che li accomunava agli ortodossi. Ma, in una decisione definita storica, dall’1 settembre 2023 la Chiesa Greco Cattolica Ucraina passerà al calendario gregoriano per le festività fisse, mantenendo l’attuale calcolo per la Pasqua.
La domanda aperta resta quella della ricostruzione. Perché dopo la guerra in Ucraina, la pace porterà con sé tante questioni da risolvere: il rapporto con il vicino russo, la ricostruzione della fiducia, l’eventuale riconciliazione che però non può avvenire incondizionatamente. Ma l’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, padre e capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, ha speranza. Una speranza che viene da Cristo, anche perché “il mondo senza Dio è destinato alla morte”.
Nella mattinata del 12 novembre, l’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, ha avuto un incontro con il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano. L’incontro veniva al termine di una settimana a Roma dell’arcivescovo maggiore, che si è allontanato dall’Ucraina per la prima volta dallo scoppio della guerra. Shevchuk, nel corso della settimana, ha incontrato anche Papa Francesco e il Papa emerito Benedetto XVI.
“La forza della preghiera rende il popolo ucraino vivo, perciò Le chiedo di continuare a pregare per la pace in Ucraina”. Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, padre e capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, ha incontrato il 9 novembre Benedetto XVI nel monastero Mater Ecclesiae, e nella conversazione che ha avuto con lui ha chiesto al Papa di continuare a pregare per l’Ucraina.
Incontrando Papa Francesco dopo otto mesi passati a fianco della popolazione sotto attacco, Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, ha portato un dono simbolico e sostanziale: il frammento di una mina russa che ha distrutto la facciata dell’edificio della chiesa greco cattolica nella città di Irpin’, vicino Kyiv, nel mese di marzo.
Sarà l’inverno più duro, per una Ucraina che ormai è al quarto mese di guerra, che subisce l’aggressione russa e che si trova a fare i conti non solo con le conseguenze a breve termine del conflitto, ma anche con quelle di lungo termine, perché la catastrofe umanitaria è la più grande che si sia mai vista dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Il quadro della situazione ucraina descritto dall’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk è desolante e disperato, ma anche pieno di orgoglio per una popolazione che sta lottando per la sua libertà.
Dopo aver chiesto già in occasione della Domenica delle Palme una tregua per la Pasqua, Papa Francesco ha aderito all'appello del Segretario Generale dell’ONU - d’accordo con l'Arcivescovo Maggiore Sviatoslav Shevchuk, Capo della Chiesa Greco-Cattolica Ucraina - per una tregua in occasione della celebrazione della Pasqua secondo il calendario giuliano, il 24 aprile prossimo.
Chernihiv, nel cuore della Rus’, è praicamente rasa al suolo; Mariupol è una città martire; Kharkiv è una città fantasma; Slavutych, vicino Chernobyl, è accerchiata. Uno dopo l’altro, l’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, nomina gli scenari di guerra, noti e meno noti. E per tutti c’è una parola di speranza, che è poi la parola della Chiesa. Perché è la Chiesa che opera in questi scenari quasi disperati, in una guerra che dura ormai da più di un mese e che non solo ha messo in ginocchio l’economia del Paese, ma lo ha praticamente svuotato.
“Noi resistiamo. Resistiamo in preghiera. Per il nostro esercito. Per la nostra Patria. Per il nostropaziente, ma sofferente popolo ucraino di cui, secondo l’ONU, oggi abbiamo quasi quattrocentomila profughi. In meno di cinque giorni. Ma noi resistiamo. Resistiamo in preghiera”.
"Crediamo che come dopo la morte arriva il giorno, dopo la morte la Resurrezione, anche dopo questa terribile guerra ci sarà la vittoria dell’Ucraina”. Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, padre e capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, invia un videomessaggio dopo la terribile notte di bombardamenti di Kiev. Con il volto provato, ma sereno, Shevchuk incoraggia i suoi connazionali in guerra, annuncia che i sacerdoti andranno a celebrare nelle cantine, nei rifugi anti-aerei ovunque, e chiede ai fedeli di andare a confessarsi e alla Divina Liturgia.
Guerra in Ucraina, proseguono gli sforzi di Papa Francesco. Dopo aver fatto visita all’ambasciata della Federazione Russa presso la Santa Sede nella mattinata, Papa Francesco ha telefonato a Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa Greco Cattolica Ucraina. Ne dà notizia il segretariato a Roma dell’arcivescovo maggiore.
In Ucraina non c’è una guerra religiosa. Anzi, le confessioni religiose si stanno impegnando per mantenere la pace religiosa, fanno iniziative insieme, e questo nonostante l’Ucraina sia al centro non solo di un conflitto militare, ma anche di uno scontro ecumenico da quando il Patriarca Bartolomeo di Costantinopoli ha concesso l’autocefalia alla Chiesa Ortodossa Ucraina, creando così una Chiesa nazionale ortodossa sganciata dal Patriarcato di Mosca. Ma questo non cambia il lavoro sul territorio, spiega l’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, capo e padre della Chiesa Greco Cattolica Ucraina.
Una giornata di preghiera che “rischiara il buio e porta la speranza della pace a livello universale”. Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, è grato al Papa per aver proclamato questa giornata straordinaria di preghiera per la pace in Ucraina. Sottolinea che, se scoppiasse un conflitto in Ucraina, sarebbe una minaccia per tutti, non solo per gli ucraini. Mette in luce la tensione della popolazione. Rimarca l’importanza di portare avanti un dialogo ecumenico.
Probabilmente il momento in cui la trasformazione della Chiesa Greco Cattolica Ucraina in una Chiesa globale è stato chiaro a tutti è avvenuto durante l’incontro interdicasteriale che Papa Francesco ha voluto in Vaticano con il Sinodo e i vescovi della più grande delle 23 Chiese sui iuris unite a Roma nel luglio 2019. Perché lì è diventato evidente che si parlava, sì, di una Chiesa di rito orientale radicata per storia e tradizione in Ucraina. Eppure, i vescovi venivano da quattro diversi continenti. Tutti convocati per parlare della loro nazione. Tutti, comunque, incaricati di rappresentare la loro Chiesa nel mondo.
Il 10 marzo 1946, a Lviv (Leopoli) si tenne uno pseudo-Sinodo che mise fuori legge la Chiesa Greco Cattolica Ucraina e la condannò alla clandestinità. Settantacinque anni dopo, l’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, capo e padre della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, chiede di non dimenticare, anzi che ricordare è un dovere perché in fondo quello che è successo allora, può succedere ancora oggi. E sta già succedendo, almeno in alcuni dei territori occupati dalla Federazione Russa. Per questo, va studiata la storia: per evitare che questi eventi si ripetano. La verità storica “è un vaccino necessario quanto quello del coronavirus”.
Ogni sera, alle 21, i Greco Cattolici Ucraini pregano per la pace e la serenità nella loro nazione. E ora, finché la crisi bielorussa non sarà terminata, l’arcivescovo maggiore Shevchuk li invita a farlo anche per la pace in quella che un tempo era chiamata “Russia bianca” e che oggi rivendica la sua identità come Belarus, nazione distinta dalla Russia e che dalla Russia vuole emanciparsi.