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Diplomazia pontificia, cosa c’è dopo la missione USA del Cardinale Zuppi?

Le conseguenze della visita del Cardinale Zuppi. Un nuovo nunzio. I cambi in Segreteria di Stato vaticana e nelle nunziature. Verso un rappresentante residente della Santa Sede in Vietnam

Cardinale Matteo Zuppi | Il Cardinale Zuppi alla Casa Bianca | Screenshot TGR Cardinale Matteo Zuppi | Il Cardinale Zuppi alla Casa Bianca | Screenshot TGR

Potrebbe esserci una ultima tappa della missione che il Cardinale Matteo Zuppi ha cominciato a Kyiv, proseguito a Mosca e definito a Washington. E la tappa potrebbe essere Pechino, almeno da varie indiscrezioni che filtrano da diversi ambienti. Sarebbe una notizia importante, considerando che mai le autorità cinesi hanno autorizzato un altissimo livello vaticano a visitare il Paese, almeno dai tempi del Cardinale Roger Etchegaray che fece la sua prima visita nel 1989.

Altre notizie: ordinato arcivescovo il prossimo nunzio in Zambia Perici; il rimpasto di fine anno delle nunziature apostoliche; l’accordo supplementare con il Kazakhstan. E, soprattutto, la visita dl presidente del Vietnam in Vaticano, che può portare alla definizione (finalmente) di un rappresentante residente della Santa Sede ad Hanoi.

                                                           PRIMO PIANO

Cardinale Zuppi, missione USA con vista Cina?

Potrebbe essere in Cina la prossima missione del Cardinale Matteo Zuppi, che Papa Francesco ha inviato prima a Kyiv, poi a Mosca e infine a Washington, nell’ambito di una serie di dialoghi che avevano come primo scopo quello di dare un sollievo umanitario alla situazione in Ucraina, e in particolare di fare uno sforzo per riportare a casa i bambini ucraini che secondo le autorità di Kyiv sono stati deportati in Russia.

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Si è creato, per ora, una sorta di meccanismo, uno scambio di liste, e si è anche verificata la disponibilità da parte russa di rimandare a casa i bambini che hanno una famiglia in Ucraina. Da definire però i dettagli, che significa anche definire quali sono le spiegazioni che può accettare la Russia per certificare la presenza di una famiglia in Ucraina.

Di fatto, la missione del Cardinale Zuppi a Washington sembra aver portato nuove aperture. Zuppi ha incontrato a Washington anche il presidente Biden, nel pomeriggio (ora USA) del 18 luglio.

Già al tempo del viaggio, gli osservatori internazionali avevano notato che l’iniziativa di Zuppi sembrava avere anche un certo grado di attenzione verso quello che succede in Cina.

Una attenzione dovuta anche al network che accompagna il Cardinale Zuppi, ovvero quello della Comunità di Sant’Egidio, i cui rappresentanti erano ben visibili e presenti durante i viaggi del Cardinale in Ucraina e Russia – in quest’ultimo caso, c’era il vicepresidente di Sant’Egidio, Adriano Roccucci, presente in tutte le foto ufficiali.

Sant’Egidio supporta anche il canale di dialogo per quanto riguarda la Cina, e in effetti un giornalista che proviene dalla comunità è arrivato persino a dare una interpretazione estremamente positiva della conferma, da parte della Santa Sede, della nomina unilaterale del nuovo vescovo di Shanghai nella persona del vescovo Giuseppe Shen Bin, che pure il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, aveva stigmatizzato (in toni diplomatici) in una intervista che aveva accompagnato la nomina.

Gli osservatori hanno registrato una serie di coincidenze sui viaggi del cardinale Zuppi. Per esempio, il 5 giugno il Cardinale Zuppi arrivava a Kyiv e in quello stesso giorno Wang Yi, responsabile Esteri del Partito Comunista Cinese, ha avuto una telefonata con Emmanuel Bonne, consigliere diplomatico di Emmanuel Macron. Mentre Zuppi era a Waghington, invece, John Kerry, inviato speciale statunitense per il clima, è stato a Pechino per incontrare l’omologo cinese Xie Zhenhua, il premier cinese Li Qyian e Wang Yi.

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Non va dimenticato che il vescovo di Hong Kong Stephen Chow Sau-yan, gesuita, è stato il primo vescovo di Hong Kong a visitare la Cina continentale dal 1994, e ha già invitato l’arcivescovo di Pechino a ricambiare la visita. Sarà creato cardinale nel concistoro del prossimo 30 settembre.

Sono segnali di avvicinamento di un certo tipo, che si uniscono alla decisione di Papa Francesco di sanare l’irregolarità creata dall’inopinata nomina, da parte cinese, del vescovo di Shanghai. Come già successo nel caso della installazione del vescovo ausiliare di Xianxi, diocesi non riconosciuta dalla Santa Sede, la Cina dà all’accordo una interpretazione larga: se non c’è nell’accordo – e non considerano i trasferimenti di vescovi nomine, sebbene lo siano, mentre la questione della suddivisione delle diocesi non è contemplata – allora è uno spazio su cui le autorità cinesi possono muoversi.

Da parte della Santa Sede, invece, si punta a stabilire una reciprocità e soprattutto un mutuo consenso, che avvenga in tutte le decisioni ecclesiali.

 La politica di cercare un accordo sulla nomina dei vescovi è nata nel 2005, quando segretario per i Rapporti con gli Stati era l’allora arcivescovo Giovanni Lajolo (oggi cardinale) e sottosegretario l’allora monsignor Parolin (oggi cardinale e Segretario di Stato vaticano): di fronte a 40 diocesi vacanti, con il rischio di avere decine di vescovi illegittimi, la Santa Sede decise di puntare su un possibile punto di incontro per la nomina dei vescovi. Quando l’accordo fu firmato la prima volta nel 2018, c’erano alla fine solo 8 vescovi non riconosciuti dalla Santa Sede, e la loro posizione è stata poi sanata dal Papa.

La Santa Sede, tuttavia, è consapevole delle difficoltà dell’accordo, ancora non pubblicato perché non definitivo. L’auspicio però è che si possa pubblicare, in modo da garantire una maggiore trasparenza al processo.

Se ci sarà la missione di Zuppi sarà soprattutto una missione di contatto, proprio in vista di risolvere il conflitto russo-ucraino su cui il Dragone Rosso ha un particolare interesse. Sarà importante vedere chi Zuppi incontrerà e perché.

La missione negli Usa di Zuppi

Se la missione di Zuppi negli Stati Uniti potrebbe portare ad una quarta missione, è bene ripercorrere anche gli effetti diplomatici delle giornate americane del Cardinale, che è stato negli Stati Uniti dal 17 al 19 luglio. Il cardinale Zuppi ha anche consegnato al presidente Biden una lettera del Santo Padre, mentre il 19 luglio la delegazione ha partecipato al Senate Prayer Breakfast presso la sede del Congresso degli Stati Uniti.

L’arcivescovo Christophe Pierre, nunzio negli Stati Uniti, preconizzato cardinale al prossimo concistoro del 30 settembre, ha tracciato con Vatican News un bilancio del viaggio.

L’arcivescovo Pierre ha detto che la missione del Cardinale Zuppi ha lo scopo di “cercare di offrire una prospettiva di pace dal punto di vista della Chiesa, un contributo della Chiesa cattolica, e del Santo Padre in particolare, alla soluzione di questa terribile realtà della guerra”.

Secondo il nunzio, Biden ha “ascoltato molto, ha anche espresso la sua soddisfazione per l’iniziativa del Papa ee del cardinale e abbiamo avuto un lungo scambio dal punto di vista del presidente e del Papa sulla questione”, e Zuppi ha “insistito molto sul fatto che noi vogliamo contribuire, ma non abbiamo le potenzialità per risolvere subito tutti i problemi”, e ha “insistito sulla dimensione umanitaria e sul desiderio del Santo Padre di contribuire in ogni modo possibile, ma in particolare alla situazione dei bambini che dall’Ucraina sono stati portati in Russia”.

L’arcivescovo Pierre ha sottolineato che Zuppi ha detto al presidente che il lavoro è solo all’inizio, ma che “ha trovato ovunque una certa buona volontà nel cercare di risolvere il problema”.

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L’arcivescovo Pierre ha ricordato che “le conseguenze della guerra sono terribili per la popolazione”, ma come diplomatici “si lavora un passo alla volta”.

L’arcivescovo Timothy Broglio, ordinario militare e presidente della Conferenza Episcopale degli Stati Uniti, ha lodato con Vatican News la decisione del Santo Padre che punta a “dare eco al messaggio di pace che è veramente il messaggio del nostro salvatore”.

L’arcivescovo Broglio ha ricordato che la visita del Cardinale Zuppi non ha rappresentato “certo una mediazione, ma un’occasione per valutare cosa potrebbe fare la Santa Sede per aiutare una eventuale fine delle ostilità in Ucraina”. Il presidente dei vescovi USA ha messo in luce che “la Chiesa si sta concentrando su ciò che sa fare meglio, che è l’assistenza umanitaria”.

L’arcivescovo ha anche voluto sottolineare che il presidente è stato con il cardinale “più di un’ora”, cosa che indica “di quanta importanza il presidente degli Stati Uniti abbia attribuito al gesto di Papa Francesco di inviare il cardinale”.

Parlando della risposta della Chiesa alla guerra, l’arcivescovo Broglio ha sottolineato che “negli Stati Uniti la risposta è stata immensa, ed è stata sostanzialmente in termini di aiuti umanitari inviati all’Ucraina”.

L’ordinario militare si dice poi particolarmente preoccupato dall’invio di bombe a grappolo in Ucraina da parte degli Stati Uniti. Ha sottolineato che “il vescovo Malloy, che è il presidente del nostro Comitato per la Giustizia e la Pace internazionale, ha diffuso una dichiarazione in cui ha denunciato l'uso di bombe a grappolo. Siamo allineati con la posizione che la Santa Sede ha assunto su quel tipo di armi che, qui sto parlando un po' fuori dal mio campo, sono armi che hanno un'azione indiscriminata. Quindi c'è sempre un pericolo in guerra che gli innocenti vengano feriti o che possano persino perdere la vita in un'azione militare e certamente dovrebbe sempre essere evitato”.

Vietnam, verso un rappresentante permanente ad Hanoi

La prossima visita in Vaticano presidente Vo Van Thuong apre la strada ad un accordo tra Santa Sede e Vietnam per la nomina di un rappresentante permanente della Santa Sede ad Hanoi. Vo Van Thuong sarà in Vaticano durante la sua visita in Europa che lo porterà a toccare Austria e Italia tra il 23 e il 28 luglio.

Il presidente Thuong è in carica da marzo. L’ultima visita di un presidente vietnamita in Vaticano è quella di Trần Đại Quang nel 2016.

Lo scorso marzo, c’era stato il X incontro del gruppo di lavoro congiunto tra Vietnam e Santa Sede, che non poté avere il previsto incontro con Papa Francesco perché questi era ricoverato in ospedale.

Nel comunicato finale dell’incontro si leggeva che le due Parti hanno riaffermato la libertà della Chiesa di portare avanti la sua missione per il bene dell’intera società, nell’ambito della legalità. Altresì, entrambi hanno concordato che la Comunità cattolica in Vietnam continuerà ad essere ispirata dal Magistero della Chiesa riguardante la vocazione ad essere, nello stesso tempo, buoni cattolici e buoni cittadini".

Quindi, "le due Parti hanno riconosciuto il progresso delle relazioni Vietnam – Santa Sede, inclusi contatti e consultazioni regolari, lo scambio di delegazioni ad alto livello e le frequenti visite pastorali in Vietnam del Rappresentante Pontificio non residente, l’Arcivescovo Marek Zalewski!".

Infine, praticamente annunciando la nomina di un rappresentante permanente, si legge che "in particolare, considerando lo statuto di un Rappresentante Pontificio Residente in Vietnam, le due Parti hanno raggiunto un consenso essenziale sull’accordo".

La visita del presidente potrebbe dare il via all’accordo. Dal 1975, anno in cui il delegato apostolico in Vietnam fu espulso dal governo comunista, non c’è un rappresentante permanente della Santa Sede in Vietnam.

La nomina di un rappresentante permanente non è, ancora, l’ambito passo per le piene relazioni diplomatiche, che ci sarà solo quando queste saranno formalizzate e ci sarà un ambasciatore.

Tuttavia, la questione è rilevante anche perché questo tipo di accordo può servire anche come modello pragmatico per le relazioni con la Cina.

Vietnam e Santa Sede hanno, da anni, un accordo per la nomina dei vescovi, meno sponsorizzato di quello cinese, ma comunque presente.  

Il modello Vietnam funziona così: c’è un periodo di consultazione, al termine del quale il rappresentate pontificio invia i risultati alla Congregazione alla Congregazione dell’Evangelizzazione dei Popoli, che ha ancora competenza sul Vietnam. Quest’ultima finalizza la lista dei tre candidati, che viene presentata al Papa, il quale fa la sua scelta. Solo dopo la scelta del Papa, la Santa Sede si confronta con il governo vietnamita riguardo il candidato selezionato. Il governo vietnamita vaglia la candidatura, e poi accetta eventualmente il candidato. Quindi, la Santa Sede rende nota la nomina del vescovo. 

                                               FOCUS MEDIO ORIENTE

L’esilio del Patriarca Sako, la posizione della nunziatura a Baghdad

Dalla notizia che il presidente dell’Iraq Abudl Latif Rachid, presidente dell’Iraq, ha ritirato il riconoscimento istituzionale al Patriarca dei Caldei, il Cardinale Louis Raffael Sako, questi è andato in esilio per protesta, prima recandosi ad Erbil e poi muovendosi fino ad Istanbul.

Il capo dello Stato ha infatti cancellato il Decreto 147, emanato dal predecessore Jalal Talabani il 10 luglio 2013, che sanciva la nomina pontificia del porporato a capo della Chiesa caldea “in Iraq e nel mondo” e per questo “responsabile dei beni della Chiesa”. In particolare, ad essere al centro dell’attenzione era proprio il controllo del denaro.

Tuttavia, la presidenza ha fatto sapere che il decreto è stato cancellato perché ormai il controllo dei beni da parte delle organizzazioni religiose è già iscritto nella costituzione.

Di fatto, però, il provvedimento si è iscritto in un momento molto difficile, nel mezzo di una forte polemica tra il Cardinale Sako e al Kildani, che si dice rappresentante dei cristiani e che ha fondato una milizia cristiana, la milizia Babilonia. Il cardinale, che si è spostato prima ad Erbil per protesta e poi a Istanbul, dove era previsto ordinasse un sacerdote caldeo. È una protesta, in fondo, che si installa in un clima già rovente.  

Sulla questione, oltre alla solidarietà di tutto il mondo, è arrivato anche, a sottolineare la gravità della situazione, una nota ufficiale della nunziatura apostolica a Baghdad.

In particolare, la nunziatura ha lamentato “l’incomprensione e le questioni inappropriate” riguardanti il ruolo del Cardinale Sako come custode delle proprietà della Chiesa Caldea.

Il presidente Latif Rashid ha chiesto e ottenuto di incontrare Fr. Charles Lwanga Suuna, charge d’Affaires della nunziatura apostolica per parlare appunto del decreto.

Durante la conversazione – riferisce la nunziatura – Padre Suuna ha “sottolineato che l’amministrazione delle proprietà della Chiesa dovrebbe continuare ad essere esercitata dai capi delle Chiese anche a livello pratico, cioè di fronte ai Tribunali iracheni e agli uffici dei governi”. La nunziatura, tuttavia, non ha commentato se questo “debba essere assicurato a livello di decreto presidenziale o in un altro modo appropriato”.

La situazione ha comunque portato il Cardinale Sako a rinviare l’incontro dei vescovi della Chiesa caldea in programma dal 20 al 25 agosto 2023 a Baghdad. “ I membri dell'ISIS hanno sfollato i cristiani da Mosul e dalla Piana di Ninive nel 2014 , e ora il Presidente della Repubblica  li sta sfollando oggi, sotto la pressione della milizia babilonese delle Forze di mobilitazione popolare”, sottolinea il Cardinale Sako.

Il ritiro del decreto viene al termine di una campagna mediatica contro i cristiani di Iraq dal capo del Movimento Babilonia Rayan al-Kaldani. Questi, spalleggiato da fazioni sciite collegate a potenze straniere (come, si pensa, l’Iran), vuole formare un’enclave nella piana di Ninive sfruttando la posizione di forza e disponendo di quattro parlamentari [su cinque riservati per quota alla minoranza, sebbene la loro scelta non sia esercitata in via esclusiva da cristiani, ndr] e un ministero da lui controllati.

Israele, l’ambasciatore Schutz condanna un episodio di intolleranza al Muro Occidentale

L’ambasciatore di Israele presso la Santa Sede Rafael Schutz si dice “scioccato e sconvolto dalla notizia che all’abate Nikodemus dell’Abbazia della Dormizione sia stato chiesto di rimuovere la sua croce pettorale mentre era nelle vicinanze del Muro Occidentale.

L’ambasciatore ha anche espresso tutta la sua solidarietà all’abate e dichiarato, via Twitter, che “si devono evitare questi indicibili atti e assicurare che non siano ripetuti. La libertà di religione e di culto sono garantiti in Israele e così deve continuare ad essere”.

Le parole dell’ambasciatore sono molto importanti, e vanno in diretta continuità con le dichiarazioni del ministro degli Esteri Cohen, la scorsa settimana in visita all’arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario vaticano per i Rapporti con gli Stati. Cohen, affrontando il tema degli atti anti-cristiani, aveva sottolineato che questi dovevano essere combattuti.

Ma cosa è successo? Lo scorso 19 luglio, l’abate Nikodemus Schnabel dell’Abbazia della Dormizione, era in vista con il ministro dell’Educazione Tedesco al Muro Occidentale, quando è stato fermato da una donna che è stato detto essere un impiegata dalla Western Wall Heritage Foundation, che gestisce il sito. Questa donna gli avrebbe fatto notare che la croce è troppo visibile e inappropriata per l’area, che era l’area di preghiera del luogo santo ebraico.

Schabel ha risposto: “È molto aspro, non sta rispettando la mia religione. Mi sta privando di un mio diritto umano. Questa non è una provocazione, sono un abate. Questo è il mio abito. La croce è parte del mio abito. Sono un abate romano cattolico. Lei vuole che non mi vesta secondo la mia fede, questa è la verità”.

                                               FOCUS ASIA

Santa Sede – Kazakhstan, entra in vigore l’Accordo supplementare

Durante il viaggio di Papa Francesco in Kazakhstan, era stato firmato un Accordo Supplementare all’Accordo tra la Santa Sede e il Kazakhstan sulle relazioni mutue del 24 settembre 1998. L’accordo è stato a Nur Sultan, in Kazakhstan, il 22 settembre 2022.

La procedura necessaria per l’entrata in vigore dell’accordo è stata completata il 19 luglio. Il trattato, spiega un comunicato della Sala Stampa della Santa Sede, agevola l’acquisizione del permesso di soggiorno in Kazakhstan da parte degli operatori pastorali.

                                               FOCUS NUNZI E NUNZIATURE

Il cardinale Parolin ordina arcivescovo il nunzio Perici

Lo scorso 15 luglio, monsignor Gian Luca Perici è stato ordinato arcivescovo dal Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano. Perici ha ricevuto l’incarico di nunzio apostolico in Zambia e Malawi lo scorso 5 giugno, dopo una lunga carriera diplomatica cominciata nel 2001, che lo ha visto servire nelle rappresentanze pontificie di Messico, Haiti, Malta, Angola, Brasile, Svezia, Spagna e Portogallo.

Nella sua omelia, il Cardinale Parolin ha ricordato il compito di un vescovo, che è principalmente quello di portare “il lieto annuncio ai miseri” e a “fasciare le piaghe dei cuori spezzati”, perché il vescovo è “segno di Cristo” ed è chiamato ad essere “una buona sentinella che, scrutando l’orizzonte, avverte la comunità di ogni pericolo che si avvicina”.

Le armi del vescovo sono – ha continuato il Cardinale – “umiltà e carità” per “insegnare con autorevolezza e senza autoritarismi, per governare con fermezza e dolcezza allo stesso tempo, per distribuire il pane di vita e ogni efficacia sacramentale”, trovando in Cristo “in Cristo un modello tanto splendido e alto che potrebbe, in un primo momento, persino installare in lui un certo timore paralizzante”.

E così il vescovo è chiamato a volgere lo sguardo verso “il cuore di Gesù che brilla di un amore infinito”, rivolgendo ogni attenzione a questa “fonte di misericordia” e mostrando “la dolcezza del giogo di Cristo in modo da togliere dalle spalle del popolo a lui affidato il triste giogo del peccato”.

L’arcivescovo Perici, da “ambasciatore del Papa”, ha anche il compito di “far giungere la parola del Papa alle Chiese e ai governi”, ed essere “un instancabile operatore di pace in questo mondo tribolato da guerre e conflitti sanguinosi”, a promuovere la difesa dei “diritti fondamentali della persona umana, spesso minacciati da ideologie che la strumentalizzano e la manipolano in nome di un umanesimo che, in verità, non ha più nulla di umano”.

Non solo. Il nunzio è chiamato ad essere “un autentico ponte in grado di presentare le necessità, le problematiche, le speranze e i timori delle singole Chiese locali alla Chiesa universale facendo loro percepire la paterna sollecitudine del successore dell’apostolo Pietro”.

Il nunzio in Tajikistan e Kirghizistan

L’arcivescovo eletto George George Panamthundil affiancherà al ruolo di nunzio in Kazakhstan anche quello di nunzio in Tajikistan e Kirghizistan. L’ufficialità è arrivata il 15 luglio, dopo l’agreament delle due nazioni asiatiche. La nunziatura in Kazakhstan è storicamente legata alle altre due nunziature della steppa.

Nato nel 1972, sacerdote dal 1998, siro-malankarese, Panamthundil è nel servizio diplomatico della Santa Sede dal 2005, e ha prestato servizio nelle rappresentanze pontificie di Costa Rica, Guinea, Iraq, Austria, Israele, nella Delegazione Apostolica in Gerusalemme e Palestina e nella rappresentanza pontificia a Cipro.

La nomina a nunzio in Kazakhstan è dello scorso 16 giugno. Monsignor Panmathundil sarà ordinato vescovo il prossimo 9 settembre.

Un nuovo nunzio in Colombia

Il 19 luglio, monsignor Paolo Rudelli, nunzio in Zimbabwe, è stato trasferito nell’incarico di nunzio in Colombia. Prende il posto dell’arcivescovo Montemayor, che Papa Francesco ha destinato come nunzio in Irlanda. È stato in servizio diplomatico per la Santa presso la Nunziatura Apostolica in Ecuador (2001-2003) e in Polonia (2003-2006); quindi in Segreteria di Stato (2010-2014). Dal 2009 al 2014 è stato Economo della Pontificia Accademia Ecclesiastica (2009-2014). Dal 2014 al 2020 è stato Osservatore Permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa a Strasburgo. Quindi, è stato nominato nunzio apostolico in Zimbabwe.

Nunziature apostoliche, tutti gli spostamenti

Scorrere le modifiche dell’annuario pontificio permette anche di vedere in che modo cambia la composizione delle nunziature apostoliche, con spostamenti ed eventuali promozioni. Per la prima volta, nelle modifiche dell’Annuario Pontificio compaiono anche gli incarichi assegnati a quanti hanno compiuto un anno missionario, incluso nel curriculum dei futuri diplomatici della Santa Sede per volere di Papa Francesco.

Come cambia allora la geografia delle nunziature? Monsignor Marcel Mbaye Diouf si trovava nella nunziatura apostolica in Nicaragua, ormai chiusa e custodita dall’ambasciata di Italia a Managua, perché il personale è stato cacciato dal governo nicaraguense, dopo l’inconcepibile espulsione del nunzio, l’arcivescovo Waldemar Sommertag, che fu accompagnato alla frontiera senza nemmeno il tempo di fare i bagagli. Diouf servirà ora presso la nunziatura apostolica in Egitto.

Era rimasta vacante la nunziatura apostolica in Romania, dopo la promozione a nunzio di monsignor Germano Penemote, il primo nunzio angolano della storia. Ora, andrà a rinforzare i ranghi della nunziatura di Bucarest monsignor Tuomo V. Vimpari, trasferito dalla sezione per gli Affari Generali della Segreteria di Stato.

Il suo posto in Sezione Affari Generali viene preso da monsignor José Nahum Jairo Salas Castaneda, trasferito dalla nunziatura apostolica in Ungheria. In Ungheria invece va José Antonio Rordiguez Garcia, proveniente dalla Sezione per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali della Segreteria di Stato. Al suo posto, va monsignor Hrvoje Skrlec, che fino ad ora ha servito alla nunziatura apostolica dell’Unione Europea.

A Bruxelles va, direttamente dalla nunziatura in Australia, Monsignor John Baptist Itaruma, che conosce le istituzioni europee avendo servito alla missione del Consiglio d’Europa al tempo in cui l’attuale arcivescovo Rudelli era Osservatore. Itaruma serviva alla nunziatura di Australia, dove andrà monsignor Alfred Rayan D’Souza, dalla nunziatura in Croazia. A Zagabria servirà invece monsignor Alvaro Ernesto Izurieta y Sea, finora alla missione di studio in Hong Kong – la missione è legata alla nunziatura di Manila.

Monsignor Amaury Medina Blanco si trasferisce dalla nunziatura in Bosnia ed Erzegovina a quella in Austria, e il suo posto a Sarajevo è stato preso da Monsignor Javier Camanes Fores, che era a Brasilia. In Brasile va monsignor Gabriele Pesce, trasferito dalla nunziatura in India.

Passa alla sezione degli Affari Generali della Segreteria di Stato Monsignor Piotr Tarnawsky, finora a Mosca, mentre monsignor Mislav Hodzic fa il percorso inverso e va dalla seconda sezione della Segreteria di Stato alla nunziatura di Mosca.

Torna in Segreteria di Stato anche monsignor Edward Karaan, così come monsignor Mario Biffi, entrambi in Seconda Sezione.

Monsignor José Antonio Teixera Alves si sposta dalla nunziatura apostolica in Kenya a quella in Portogallo, don Luciano Labanca va in Kenya dalla nunziatura a Trinidad e Tobago.

Monsignor Roberto Lucchini, dopo aver servito alla nunziatura di Città del Messico, si sposta nella nuziatura della Repubblica del Congo, e fa il percorso inverso monsignor Andrea Giovita.

La nunziatura in Sri Lanka viene rafforzata da don Francesco Diano, che viene dalla rappresentanza pontificia di Antananarivo. Don Krszysztof Seroka si sposta invece dalla nunziatura apostolica in Uganda alla nunziatura apostolica in Belarus.

Quindi, ci sono gli ecclesiastici che hanno terminato l’anno missionario e cominciano la carriera diplomatica come addetti di nunziatura: don Francis Chukwuebuka Ezinwa viene inviato ad Hong Kong, Josué Frederic Delwende Ilboud viene inviato in Trinidad e Tobaco, don Ngbeso Vital Akele Ohochi va in Repubblica Dominicana e Don Joseph Saleem è inviato in El Salvador.

Cominciano la carriera diplomatica: don José Israel Cruz Escarraman, che andrà in Madagascar; Fernando Grande Frias, che andrà in Kuwait; Kwami Kouwonou, destinato all’Uganda; don Alberto Napolitano, destinato all’India.  

                                                           FOCUS MULTILATERALE

La Santa Sede a New York, la situazione in Ucraina

Il 18 luglio, al Palazzo di Vetro delle Nazioni Unite, c’è stato un incontro plenario sulla situazione dei territori temporaneamente occupati di Ucraina.

L’arcivescovo Gabriele Caccia, osservatore permanente della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha espresso la grave preoccupazione della Santa Sede riguardo la sanguinosa guerra in Ucraina e ribadito il suo auspicio che le armi siano silenziate.

Caccia ha implorato gli Stati a continuare a dare supporto umanitario agli sfollati, e di lavorare per la pronta riunificazione di tutte le famiglie separate dalla violenza in Ucraina.

Il nunzio ha anche ricordato le parole di Papa Francesco, il quale ha chiesto di “non crescere rassegnati alla guerra, ma di lavorare insieme per la pace”. La Santa Sede sostiene un cessate il fuoco e l’inizio di negoziati che portino ad una pace giusta e duratura.

Santa Sede a Ginevra, verso il summit sugli obiettivi di sviluppo sostenibile

Il 19 luglio, si è tenuto presso la sede delle Nazioni Unite a new York un Forum di sviluppo politico di Alto Livello che affrontava la preparazione del summit sugli obiettivi di sviluppo sostenibile 2023.

Nel suo intervento, l’arcivescovo Gabriele Caccia, Osservatore della Santa Sede presso le Nazioni Unite, ha notato che a metà dall’implementazione dell’Agenda per lo Sviluppo sostenibile, i progressi verso gli obiettivi dell’Agenda sono stati insufficienti o sono addirittura peggiorati, anche a causa della pandemia da COVID 19. Lo sradicamento della povertà resta la più grande sfida globale e un requisito per lo sviluppo sostenibile.

Il nunzio ha descritto una “cultura dello scarto” pericolosa e pervasiva, che crea indifferenza a molti tipi di scarto. Per contrastare questa cultura dello scarto, la Santa Sede chiede alla comunità internazionale di generare processi di sviluppo in cui la dignità inerente di ciascuna persona è rispettata, i bisogni dei poveri e di quelli in situazioni vulnerabili ricevono risposta, e una relazione armoniosa con l’ambiente sia restaurata.