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Finanze vaticane, bilancio APSA 2022: tra la crisi europea e la ripresa post Covid

Circa 32 milioni di euro dati come contributo alla Curia. 4.072 immobili gestiti in Italia. Oltre 6 milioni di IMU. Gli investimenti all’estero. Tutto quello che c’è da sapere dell’ultimo bilancio dell’APSA

APSA | La targa dell'APSA all'ingresso della sede dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica | Vatican News APSA | La targa dell'APSA all'ingresso della sede dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica | Vatican News

Era nata come “La Speciale”, e serviva a gestire il patrimonio che si era creato con le compensazioni che la Santa Sede aveva avuto con la Conciliazione. Nel 1967, Paolo VI la aveva riorganizzata, dandole il nome di Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, APSA. Oggi, con le riforme economiche vaticane, ha assunto un po’ il ruolo della “banca centrale”, un po’ quello del fondo sovrano di investimenti, dove sono confluiti anche tutti i contributi di amministrazione della Segreteria di Stato. È l’evoluzione dell’APSA, che lo scorso 10 agosto ha presentato per il terzo anno consecutivo il suo bilancio, mettendo a nudo costi di gestione (aumentati di 3 milioni), utili (diminuiti), numero di immobili e una serie di dati e programmi per i prossimi tre anni.

Il bilancio è stato pubblicato il 10 agosto, senza conferenza stampa, senza spiegazioni, senza nemmeno intervista istituzionale al presidente, il vescovo Nunzio Galantino, che tra l’altro quest’anno ha terminato i primi cinque anni di mandato. Generalmente, agosto era anche il tempo della presentazione del bilancio della Curia, ma questo non è stato pubblicato, forse risentendo anche del cambio al vertice, con la promozione di Maximino Caballero Ledo a presidente dopo che padre Antonio Guerrero Alves aveva lasciato per ragioni di salute.

I numeri

Cosa dice il bilancio APSA? Lo scorso anno le attività immobiliari sono cresciute di 32 milioni di euro, ed è anche frutto della messa a reddito di alcuni immobili sfitti, ma anche della ripresa delle attività dopo il COVID – l’APSA aveva infatti cancellato una parte dei canoni di affitto, variabile tra il 30% ed il 50% a seconda dell’attività svolta, e deciso che un altro terzo del canone sarebbe stato pagato alla fine dell’emergenza.

Dall’altra parte, le attività mobiliari hanno subito un risultato negativo di 6,7 milioni: nel 2021 era in attivo di 19,85 milioni, e dunque la differenza è di circa 26,55 milioni. La scelta, si spiega nel bilancio, è stata quella di privilegiare investimenti prudenziali, con basso reddito, senza rischi, in un mercato comunque difficile come quello che ci si trova ad affrontare per via della guerra in Ucraina.

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Comunque, ci si trova con un attivo di 52,2 milioni, con una crescita di 31,4 milioni del 2021.

Gli immobili

L’APSA possiede e gestisce diversi immobili. Sono 4.072 in Italia, che coprono una superficie commerciale di circa 1,47 milioni di metri quadri. Di queste unità, 2.734 sono dell’APSA e 1.338 di altri enti. Tra le unità dell’APSA, 1.389 sono ad uso residenziale, 375 ad uso commerciale 717 sono pertinenze e 253 sono quelle a redditività ridotta. Quanto al tipo di reddito che se ne ricava, 1887 unità sono sul libero mercato, 1.208 a canone agevolato e 977 a canone nullo. Per l’anno d'imposta 2022, l’APSA ha versato all’erario italiano 6,05 milioni di euro per l’IMU e 2,91 milioni di per l’IRES.

Il 92 per cento degli immobili in Italia sono nella provincia di Roma, il 2 per cento nelle province di Viterbo, Rieti e Frosinone, il 2 per cento a Padova (la Basilica del Santo), il 2 per cento ad Assisi e poi un 2 per cento distribuito in altre 25 province italiane. A Roma, la maggior parte degli immobili si trovano vicino lo Stato di Città del Vaticano, il 64 per cento delle superfici si trova nei rioni centrali, il 19 per cento nei quartieri limitrofi e il 17 per cento nei quartieri periferici.

Un dato da notare è che le spese di gestione sono passate da 10 milioni a 13 milioni, su cui pesano probabilmente anche alcune consulenze.

Le nunziature

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Interessante il dato che riguarda le nunziature. In effetti, uno dei primi compiti che si diede Pio XI con il denaro arrivato con la Conciliazione fu di costruire lo Stato di Città del Vaticano, ma anche di mettere a posto le nunziature, che erano ormai decadenti. La politica della Santa Sede è stata poi quella di acquistare immobili nelle località dove ci sono nunziature, con spese di gestione alte, ma con la sicurezza di dare al nunzio una casa sicura. I dati, si spiega nel bilancio, sono difficili da incrociare, perché sono in varie lingue, e con contratti diversi a seconda del Paese. Rientrano nella gestione APSA, però, 37 nunziature in Europa, 34 in Asia, 51 in Africa, 5 in America Settentrionale, 46 in America Meridionale e 3 in Oceania.

Il contributo alla Curia

Lo scorso anno, l’APSA ha contribuito al fabbisogno della Curia romana con 32,7 milioni di euro. Il contributo non è una novità. Anzi, fino al dicembre 2020 l’APSA determinava la quota di utili da destinare alla Curia sommando i risultati di tre segmenti di gestione, che davano un apporto minimo garantito di 20 milioni e poi un 30 per cento in più dell’eventuale residuo positivo. Il dato testimonia che da sempre il “bilancio di missione” della Curia romana viene aiutato da contributi degli utili degli altri dicasteri, e in effetti quando veniva pubblicato il bilancio del Governatorato si notava che gli utili dello Stato aiutavano a mettere in pareggio il bilancio della Curia. Al bilancio della Curia ha sempre contribuito anche lo IOR, anche se i 50 milioni di contributo del 2012 sono ormai un lontano ricordo, considerando anche la fluttuazione degli utili che non sono mai tornati ai livelli precedenti.

Anche per questo, probabilmente, nel 2022 l’APSA ha erogato un contributo alla Curia magiore rispetto a quello calcolato secondo la metodologia degli esercizi precedenti, e – si leggen nel bilancio – “il contributo erogato relativamente al bilancio chiuso al 31 dicembre 2022, oltre alla applicazione del consueto metodo di calcolo sopra esposto, è stato determinato aggiungendo una quota ulteriore, di carattere straordinario, per oltre 8,5 milioni di euro”.

La storia e gli obiettivi dell’APSA

Le cifre, ovviamente, aiutano. Ma quello che è davvero interessante del rapporto è il modo in cui viene delineata la storia dell’amministrazione, e soprattutto la caratteristica degli investimenti. “Dal momento che – si legge nel rapporto - come si è detto, gli immobili in prossimità del Vaticano rappresentavano – e rappresentano ancora oggi – una parte bloccata del patrimonio della Santa Sede, da subito, l’obiettivo di consolidare il patrimonio venne affidato agli investimenti immobiliari in Italia e all’estero”.

Si trattava di “una scelta naturale”, che si accompagnava alla “prudenza come principale criterio nelle operazioni in campo finanziario”, perché “se da una parte, infatti, il mattone permetteva una minore esposizione alle fluttuazioni dei cambi; dall’altra, la diversificazione geografica degli investimenti consentiva di ridurre i rischi legati alla concentrazione in un unico Paese”.

È un tema chiave, nel dibattito attuale, che riguarda anche l’attuale processo in Vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato. Parte del dibattito riguarda appunto la non prudenza della Segreteria di Stato nell’investire in Paesi stranieri, diversificando gli investimenti, ma la storia dell’APSA dimostra che quello è sempre stato il criterio.

Il rapporto ripercorre la storia della costituzione dell’APSA, delle due sezioni “straordinaria” e “ordinaria”, della sua riforma che la portò a perdere alcune competenze in favore della Segreteria dell’Economia e del successivo riaggiustamento, e il fatto che oggi l’APSA sia chiamata ad amministrare con l’obiettivo non del profitto, ma della “conservazione e consolidamento del patrimonio ricevuto in dote”.

Gli investimenti dell’APSA all’estero

Altro dato interessante riguarda gli investimenti all’estero. Nel caso del processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, si contesta l’investimento su un palazzo di lusso a Londra, sostenendo che questo avrebbe causato perdite ingenti. Ma le perdite sono dell’investimento o della gestione? E davvero è quella una procedura così inusuale?

Il primo bilancio dell’APSA mise in luce un investimento del tutto simile per un immobile in zona Arc de Triomphe a Parigi, un dato che testimoniava che la prassi di investire, ristrutturare e rivendere era parte della normale procedura amministrativa.

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Ma il bilancio APSA 2022 spiega molto di più. Sottolinea che l’APSA gestisce gli immobili fuori Italia con società partecipate al 100 per cento dell’APSA, e che “gli edifici di proprietà di APSA nel Regno Unito sono gestiti tramite una società locale interamente controllata con funzione di “nominee”, e che “gli immobili detenuti in Inghilterra sono a tutti gli effetti inclusi nel bilancio dell’APSA”.

Chi gestisce i fondi nel Regno Unito? Una società fondata nel 1932, la British Grolux Investment Limited, che ha immobili tutti concentrati a Londra. Di uno di questi immobili è comproprietario al 49 per cento il Fondo Pensioni Vaticano. È il cosiddetto “oro di Mussolini” delineato da alcuni articoli sulla stampa britannica nel 2013, cioè il frutto degli investimenti fatti con la compensazione della Conciliazione.

E proprio a Londra si legge che “terminata nel 2022 la sua ristrutturazione, in uno degli edifici è iniziata la fase di locazione, assegnando due degli otto piani a primarie società internazionali, mentre la locazione dei restanti piani ad un unico inquilino di prestigio è ad oggi in trattativa. A seguito della completa locazione dello stabile, il totale dei canoni supererà le previsioni iniziali di 1,2 milioni di sterline e arrivando a regime a più di 1,5 milioni di sterline annui. Si ricorda che la ristrutturazione è stata interamente finanziata con la liquidità generata localmente negli anni dalla società stessa”. Più o meno, lo stesso principio che si stava attuando per l’immobile a Sloane Avenue oggetto dell’attuale processo vaticano.

Questi investimenti danno frutto: la Grolux ha versato 4 milioni di sterline di locazioni nel 2022, cui si sono aggiunti 2,6 milioni di premio per il rinnovo della locazione “leaseholding” che hanno interessato anche l’immobile di cui è comproprietario il Fondo Pensioni. La Grolux ha avuto così un attivo di 5,95 milioni di euro.

In Svizzera, c’erano dieci società che gestivano gli immobili. Nel 2019, tutto è stato ricondotto sotto una sola società, la Profima SA, che era stata fondata già nel 1933, cosa che ha permesso anche di razionalizzare i costi e anche ottenere delle esenzioni fiscali. Gli immobili in Svizzera sono soprattutto a Ginevra e Losanna, e la razionalizzazione ha portato un dividendo straordinario di 25 milioni di franchi svizzeri, mentre l’esenzione ha portato al risparmio di 8,25 milioni di franchi svizzeri. In Svizzera si investiva soprattutto in alloggi sociali, ma si è anche cercato di massimizzare i profitti sopraelevando di un piano tre immobili a Losanna, che vengono ora ristrutturati per poi essere ceduti in contratti di locazione. La Profima ha portato un utile netto di 1,79 milioni, il 51,7 per cento in più del passato.

E poi ci sono gli immobili in Francia, gestiti dalla Sopridex SA, società fondata nel 1932, che – nonostante la lieve crisi – ha fornito un risultato netto pari a 11,36 milioni di euro, con un aumento del 32 per cento rispetto al 2021.

E così si arriva ad un totale di fondi liquidi di 89,8 milioni di euro versati all’APSA nel 2022. Sarebbe interessante fare un calcolo simile anche per gli investimenti che erano in Segreteria di Stato. Dall’anno prossimo, probabilmente, nel bilancio APSA rientreranno anche i costi di gestione trasferiti dall’amministrazione della Segreteria di Stato, e si potrà comprendere se le presunte perdite fossero reali, o fossero semplicemente nate dall’uscita anticipata da un investimento a lungo termine.

La lettera di Galatino e gli sviluppi

Il presidente dell’APSA Galantino ha notato in una lettera di accompagnamento al bilancio che la sua pubblicazione è parte della “natura e dei compiti assegnati da papa Francesco all’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica”. Anche l’APSA – ha detto il vescovo -  “è chiamata a contribuire alla missione evangelizzatrice della Chiesa”.

Una missione che si basa anche sulla “reputazione della Chiesa nella gestione di quanto le viene affidato dalla generosità dei fedeli è prerequisito per la credibilità del suo annunzio”, e dunque “la trasparenza di numeri, risultati conseguiti e procedure definite  è uno degli strumenti che abbiamo a disposizione per allontanare (almeno in chi è libero da preconcetti) infondati sospetti riguardanti l’entità del patrimonio della Chiesa, la sua amministrazione o l’adempimento dei doveri di giustizia, come pagamento di imposte dovute e di altri tributi”.

Nella relazione allegata al bilancio si fa riferimento anche al piano triennale che l’Apsa ha adottato per migliorare ulteriormente le metodologie di lavoro e migliorare i risultati, e che dovrebbero portare circa 55,4 milioni di euro di benefici complessivi, anche grazie al progetto “Sfitti a rendere”. Con questo progetto, finora, sono state già ristrutturate 79 unità immobiliari in cattivo stato di manutenzione, che ora saranno commercializzate. Lo stesso accadrà per un secondo maxilotto di 61 unità immobiliari.