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Papa Francesco ripercorre il viaggio in Mongolia. “Comunità dalla storia toccante”

Perché Papa Francesco è andato in Mongolia. La risposta la dà il Papa stesso, nella catechesi di oggi, dedicata al viaggio. “Spesso lontano dai riflettori si trovano segni della presenza di Dio”

Papa Francesco, udienza generale | Papa Francesco durante l'udienza generale del 6 settembre 2023 | Vatican Media / ACI Group Papa Francesco, udienza generale | Papa Francesco durante l'udienza generale del 6 settembre 2023 | Vatican Media / ACI Group

Perché Papa Francesco è andato in Mongolia? È lo stesso Papa a rispondere alla domanda, nella catechesi di oggi, spiegando che “è proprio lì, lontano dai riflettori, che spesso si trovano i segni della presenza di Dio, il quale non guarda alle apparenze, ma al cuore”.

Come di consueto, Papa Francesco dedica la catechesi del mercoledì successiva ad un viaggio apostolico al viaggio stesso, ripercorrendone i momenti salienti. E in questa catechesi, il Papa racconta la storia “toccante” di questa comunità mongola, i cui 1435 potrebbero stare tutti quanti nella Basilica di San Pietro, e che però ha una grande storia di carità.

La Mongolia, dunque, con il suo “popolo nobile e saggio, che mi ha dimostrato tanta cordialità e affetto”, dice Papa Francesco. Un piccolo gregge di fedeli, dove si trovano i segni della presenza di Dio perché, aggiunge Papa Francesco, “il Signore non cerca il centro del palcoscenico, ma il cuore semplice di chi lo desidera e lo ama senza apparire, senza voler svettare sugli altri”, e lui ha  “avuto la grazia di incontrare in Mongolia una Chiesa umile e lieta, che è nel cuore di Dio, e posso testimoniarvi la loro gioia nel trovarsi per alcuni giorni anche al centro della Chiesa”.

Il Papa quindi ripercorre la storia della comunità mongola, sorta “dallo zelo apostolico di alcuni missionari”, arrivati trenta anni fa “in un Paese che non conoscevano”, e poi “ne hanno imparato la lingua e hanno dato vita ad una comunità unita e veramente cattolica”, vale a dire “universale”.

Ma – ammonisce Papa Francesco – l’universalità del cattolicesimo non è “una universalità che omologa”, piuttosto è una universalità “che si incultura”, ovvero “una universalità incarnata, che coglie il bene lì dove vive e serve la gente con cui vive”.

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Papa Francesco ricorda che questa è la vita della Chiesa, chiamata a “testimoniare l’amore di Gesù con mitezza, con la vita prima che con le parole, felice delle sue vere ricchezze”, ed è proprio così che è nata la giovane Chiesa mongola, “nel solco della carità, che è la testimonianza migliore della fede”.

La prima opera di carità sorta in Mongolia come espressione di tutte le componenti della Chiesa locale è “La Casa della Misericordia”. Il Papa la ha inaugurata nell’ultimo giorno di viaggio, e la definisce come “il biglietto da visita di quei cristiani”, che “richiama ogni nostra comunità a essere casa della misericordia: luogo aperto e accogliente, dove le miserie di ciascuno possano entrare senza vergogna a contatto con la misericordia di Dio che rialza e risana”.

“Perché questi missionari – aggiunge Papa Francesco - non sono andati lì a fare proselitismo, sono andati a parlare la loro lingua, a prendere i valori di quel popolo e a predicare il Vangelo con le parole mongole. Sono andati e si sono inculturati, hanno preso la cultura mongola per annunciare in quella cultura il Vangelo”.

Papa francesco si dice grato per l’incontro ecumenico e interreligioso del 3 settembre. “La Mongolia – afferma - ha una grande tradizione buddista, con tante persone che nel silenzio vivono la loro religiosità in modo sincero e radicale, attraverso l’altruismo e la lotta alle proprie passioni”.

Il Papa sottolinea, riferendosi ai buddisti, che ci sono tanti “semi di bene” che “nel nascondimento, fanno germogliare il giardino del mondo”. E Dio “ci chiede di avere uno sguardo aperto e benevolo, perché, senza scadere in nocivi sincretismi e in facili irenismi, c’è sempre qualche ricchezza da scoprire: nelle persone come nelle culture, nelle religioni come nelle nazioni”.

Per il Papa, è dunque importante “guardare in alto”, come il popolo mongoli, perché è solo “a partire dal riconoscimento del bene” che “si costruisce l’avvenire comune”, e solo “valorizzando l’altro lo si aiuta a migliorare”. In fondo, è quello che Dio fa per noi, chiosa Papa Francesco.

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Infine, il Papa sottolinea di essere stato “nel cuore dell’Asia”, e che gli ha fatto bene “entrare in dialogo con quel grande continente, coglierne i messaggi, conoscerne la sapienza, il modo di guardare le cose, di abbracciare il tempo e lo spazio”.

Soprattutto, aggiunge, gli ha fatto bene “incontrare il popolo mongolo, che custodisce le radici e le tradizioni, rispetta gli anziani e vive in armonia con l’ambiente: è un popolo che scruta il cielo e sente il respiro del creato”. 

E chiede il Papa di "allargare i confini dello sguardo e non cadere prigionieri delle piccolezze, per vedere il bene che c'è negli altri e sia capace di dilatare i propri orizzonti e dilatare il cuore, per capire ed essere vicini ad ogni persona e ogni civiltà".