I padri comboniani sono nei posti più impervi del mondo, dall’Africa ai Paesi arabi, mossi da una grande voglia evangelizzatrice. È la stessa voglia che ispirò Daniele Comboni, loro fondatore, missionario instancabile, innamorato dell’Africa, per cui coniò il motto “Salvare l’Africa con l’Africa”, spinto da uno zelo missionario che lo portò a combattere la schiavitù nel continente. È a lui che Papa Francesco dedica l’udienza generale di oggi.
È di 74 morti, tra cui 12 bambini, il bilancio dell’incendio divampato la scorsa settimana in un palazzo occupato nel centro di Johannesburg, in Sudafrica. Papa Francesco lo ha ricordato al termine dei saluti di lingua inglese dell’udienza generale di oggi, invitando tutti a pregare per le vittime.
Perché Papa Francesco è andato in Mongolia? È lo stesso Papa a rispondere alla domanda, nella catechesi di oggi, spiegando che “è proprio lì, lontano dai riflettori, che spesso si trovano i segni della presenza di Dio, il quale non guarda alle apparenze, ma al cuore”.
Non ha mai lasciato il convento, dove è morta a soli 24 anni di turbercolosi e dove era entrata appena adolescente dopo aver chiesto il permesso direttamente a Leone XIII. Eppure Santa Teresa del Bambino Gesù è una santa veneratissima, il cui santuario è la seconda meta di pellegrinaggi in Francia dopo quello di Lourdes. Patrona delle missioni, dottore della Chiesa, Santa Teresina ha lasciato in eredità i suoi scritti, in cui spiegava anche la “piccola via”, la santità dei gesti quotidiani. Papa Francesco ha ripreso questa idea di santità del quotidiano. E oggi tiene l’udienza generale davanti le sue reliquie, davanti le quali si ferma a pregare prima dell’udienza continuando il ciclo di catechesi sui santi missionari. “Alla Chiesa servono cuori come quello di Santa Teresa di Lisieux”. E annuncia: “Lei nacque 150 anni fa, e in questo anniversario ho intenzione di dedicarle una lettera apostolica”
Si chiama “Tutto appartiene all’amore” la nuova lettera apostolica di Papa Francesco, dedicata a San Francesco di Sales nel quarto centenario della morte. E, nell’annunciarlo, Papa Francesco dedica tutta l’udienza generale proprio alla rilettura del mistero del Natale a partire dal pensiero del vescovo di Ginevra, patrono dei giornalisti, antesignano della free press per il lavoro di informazione per contrastare la Riforma.
Ancora un appello per l’Ucraina da Papa Francesco. Nel giorno in cui si comincia ad indagare sul lancio di due missili in territorio polacco, mentre continuano gli attacchi della Russia sul territorio ucraino, il Papa per due volte, nei saluti in lingua italiana al termine della catechesi del mercoledì, ritorna sulla situazione in Ucraina.
Il desiderio è un momento chiave del discernimento. Ma l’epoca in cui viviamo che sembra aver moltiplicato all’infinito la possibilità di scelta, allo stesso tempo sembra di aver atrofizzato il desiderio, commenta Papa Francesco. Desiderio qui va declinato nel senso di desiderio di vita, direzione cui tendere. E Francesco ne parla nel terzo appuntamento del ciclo di catechesi sul discernimento.
Dare amore agli anziani è questione di onore, perché ci porta a restituire loro l’amore che ci hanno donato, senza considerarli uno scarto. Perché questo del considerare le persone uno scarto è un male della società, che comincia con la sufficienza e che porta al fenomeno di dare fuoco alla coperta di un barbone e arriva al disprezzo di ogni vita umana. Nella udienza generale del mercoledì, Papa Francesco punta di nuovo il dito contro la cultura dello scarto, e definisce la restituzione dell’amore agli anziani come una questione di onore.
Una Ave Maria per le vittime della guerra, con la consapevolezza che “non c’è vittoria nella guerra. Tutto è sconfitta”. Il saluto e il ringraziamento alla Polonia, che accoglie i rifugiati, e l’auspicio che “l’atto di consacrazione dei popoli al Cuore Immacolato di Maria porti la pace al mondo intero”. L’invito ai polacchi di unirsi all’atto di consacrazione, anche perché a Fatima ci sarà il Cardinale Konrad Krajewski come inviato del Papa per consacrare da lì dove tutto ebbe inizio.
Di fronte ad una società sempre più politicamente corretta, che non ci permette di considerare il valore degli anziani, siamo chiamati a renderci conto che invece anche la trasmissione della fede ha bisogno di una storia vissuta, perché altrimenti “difficilmente può attirare a scegliere l’amore per sempre, la fedeltà alla parola data, la perseveranza nella dedizione, la compassione per i feriti e avviliti”. Ma la testimonianza deve essere leale, altrimenti è ideologica, è propaganda, è un tribunale in cui si condanna il passato. E lancia l’idea di un ascolto degli anziani negli itinerari di catechesi.
San Giuseppe è stato padre “nella tenerezza”, che è una caratteristica tipica di Dio, perché “la tenerezza è qualcosa di più grande della logica del mondo. È un modo inaspettato di fare giustizia”. Papa Francesco continua il ciclo di catechesi dedicato a San Giuseppe, e, dopo aver dedicato l’ultima catechesi al tema del lavoro, si sofferma oggi su una caratteristica particolare del padre putativo di Gesù: la tenerezza.
È la figura di San Giuseppe “migrante perseguitato e coraggioso” quella presentata da Papa Francesco nella tradizionale udienza del mercoledì. Dopo essersi soffermato sul Natale, Papa Francesco riprende il ciclo di catechesi dedicato al padre putativo di Gesù, soffermandosi in particolare sulle vicende della fuga in Egitto della Sacra Famiglia, e riaffermando che il coraggio è virtù di tutti i giorni, perché è lo stesso vivere quotidiano che richiede coraggio.
Chi era San Giuseppe? Descritto dai Vangeli come un uomo taciturno, lo era perché, come dice Sant’Agostino, “nella misura in cui cresce in noi la parola, diminuiscono le parole”. E allora “Giuseppe con il suo silenzio ci invita a lasciare spazio alla Presenza della Parola fatta carne, a Gesù”, commenta Papa Francesco.
Dio si inserisce come un “imprevisto” nella relazione tra Maria e Giuseppe, cambia i loro progetti e le loro aspettative, sconvolge la loro vita. Ma Giuseppe resta a fianco a Maria, è “giusto”, e questo perché il suo è un amore maturo, che non viene scosso dagli sconvolgimenti della vita. San Giuseppe è così un messaggio per tutti i fidanzati, chiamati a vivere il loro impegno non come innamoramento, ma come amore maturo.
“Ci farà bene chiederci se viviamo ancora nel periodo in cui abbiamo bisogno della Legge, o se invece siamo ben consapevoli di aver ricevuto la grazia di essere diventati figli di Dio per vivere nell’amore”. Papa Francesco lascia questa domanda sospesa, al termine dell’udienza generale che è parte del ciclo sulle lettere di San Paolo e che si è concentrata su un passaggio della lettera ai Galati, e sul “valore propedeutico della Legge”.
Ringraziare, perché saper essere grati “anche il mondo diventa migliore, magari anche solo di poco, ma è ciò che basta per trasmettergli un po’ di speranza”. Papa Francesco continua il suo ciclo di catechesi sulla preghiera, in una udienza generale che si tiene nella Biblioteca del Palazzo Apostolico, senza fedeli per via delle restrizioni COVID. E mette in luce l’importanza della preghiera di ringraziamento.
Non è ancora il tempo delle udienze generali in piazza San Pietro, ma riprendono comunque le udienze generali con la presenza di fedeli: dal 2 settembre, Papa Francesco parlerà nel Cortile San Damaso del Palazzo Apostolico Vaticano.
Sono due le sfide che derivano dalla pandemia: quella di dover curare un “virus piccolo, ma tremendo, che mette in ginocchio il mondo intero”, e quello di dover “curare un grande virus, quello dell’ingiustizia sociale, della disuguaglianza di opportunità, dell’emarginazione e della mancanza di protezione dei più deboli”.
Al termine dell’udienza generale, Papa Francesco ha ricordato la “Giornata della Coscienza”, che è “ispirata alla testimonianza del diplomatico portoghese Aristides de Sousa Mendes, il quale, ottant’anni or sono, decise di seguire la voce della coscienza e salvò la vita a migliaia di ebrei e altri perseguitati”. Fu il 17 giugno 1940 che de Sousa Mendes ebbe la crisi di coscienza che lo portò, in disobbedienza al suo governo, a concedere visti agli ebrei in fuga a migliaia. Tra quelli che si salvarono, anche l’artista Salvador Dalì.
Il modello di preghiera per i cristiani è quello di Mosé, così vicino a Dio da poterglisi rivolgere come ad un amico, così uomo e fragile come uomo da poter essere misericordiosi con gli altri uomini. E questo perché Mosè "non ha mai perso la memoria del suo popolo e questa è una grandezza dei pastori: non dimenticare il popolo, non dimenticare le radici".