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Papa Francesco a Marsiglia: "Chi rischia la vita in mare non invade, cerca accoglienza"

Alla Sessione Conclusiva dei Rencontres Méditerranéennes Papa Francesco ricorda che "coloro che si rifugiano da noi non vanno visti come un peso da portare"

Papa Francesco al Palais du Pharo - Daniel Ibanez CNA |  | Papa Francesco al Palais du Pharo - Daniel Ibanez CNA
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alla Casa delle Missionarie della Carità a Saint Mauront - Vatican Media |  | alla Casa delle Missionarie della Carità a Saint Mauront - Vatican Media
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La seconda ed ultima giornata marsigliese del Papa si è aperta in forma privata con la visita alla Casa delle Missionarie della Carità a Saint Mauront dove ha incontrato alcune persone che si trovano in situazioni di disagio economico.

Il Pontefice si è poi recato al Palais du Pharo per la Sessione Conclusiva dei Rencontres Méditerranéennes.

Marsiglia – ha esordito Francesco – “presenta un carattere composito e cosmopolita: accoglie le ricchezze del mare e dona una patria a chi non l’ha più. Marsiglia ci dice che, nonostante le difficoltà, la convivialità è possibile ed è fonte di gioia”.

E anche in questa occasione il Papa propone tre parole chiave per articolare il suo discorso: il mare, il porto e il faro.

Partendo dal mare, Francesco ricorda che “gli scambi intercorsi tra i popoli hanno reso il Mediterraneo culla di civiltà. Il mare nostrum è spazio di incontro: tra le religioni abramitiche; tra il pensiero greco, latino e arabo; tra la scienza, la filosofia e il diritto, e tra molte altre realtà. Il mare nostrum, al crocevia tra Nord e Sud, tra Est e Ovest, concentra le sfide del mondo intero, come testimoniano le sue cinque rive: Nord Africa, vicino Oriente, Mar Nero-Egeo, Balcani ed Europa latina. È avamposto di sfide che riguardano tutti: pensiamo a quella climatica, con il Mediterraneo che rappresenta un hotspot dove i cambiamenti si avvertono più rapidamente. Siamo qui per valorizzare il contributo del Mediterraneo, perché torni a essere laboratorio di pace. Perché questa è la sua vocazione, essere luogo dove Paesi e realtà diverse si incontrino sulla base dell’umanità che tutti condividiamo, non delle ideologie che contrappongono”.

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Francesco invita a ripartire dai poveri  “perché sono volti, non numeri. Il cambio di passo delle nostre comunità sta nel trattarli come fratelli di cui conoscere le storie, non come problemi fastidiosi; sta nell’accoglierli, non nel nasconderli; nell’integrarli, non nello sgomberarli; nel dar loro dignità. Oggi il mare della convivenza umana è inquinato dalla precarietà, che ferisce pure la splendida Marsiglia. E dove c’è precarietà c’è criminalità: dove c’è povertà materiale, educativa, lavorativa, culturale e religiosa, il terreno delle mafie e dei traffici illeciti è spianato. L’impegno delle sole istituzioni non basta, serve un sussulto di coscienza per dire no all’illegalità e sì alla solidarietà. Il vero male sociale non è tanto la crescita dei problemi, ma la decrescita della cura”.

Il pensiero del Papa va poi ai bambini non nati e ai “tanti cristiani, spesso costretti a lasciare le loro terre oppure ad abitarle senza veder riconosciuti i loro diritti, senza godere di piena cittadinanza. Per favore, impegniamoci perché quanti fanno parte della società possano diventarne cittadini a pieno diritto”.

Francesco denuncia poi come il Mediterraneo ormai sia “mare mortuum, il Mediterraneo da culla della civiltà a tomba della dignità. È il grido soffocato dei fratelli e delle sorelle migranti”.

La seconda parola su cui ragiona il Papa è porto. “Marsiglia ha un grande porto ed è una grande porta, che non può essere chiusa. Vari porti mediterranei, invece, si sono chiusi. E due parole sono risuonate, alimentando le paure della gente: invasione ed emergenza. Ma chi rischia la vita in mare non invade, cerca accoglienza. Quanto all’emergenza, il fenomeno migratorio non è tanto un’urgenza momentanea, sempre buona per far divampare propagande allarmiste, ma un dato di fatto dei nostri tempi, un processo che coinvolge attorno al Mediterraneo tre continenti e che va governato con sapiente lungimiranza: con una responsabilità europea in grado di fronteggiare le obiettive difficoltà. Il mare nostrum grida giustizia, con le sue sponde che da un lato trasudano opulenza, consumismo e spreco, mentre dall’altro vi sono povertà e precarietà. Anche qui il Mediterraneo rispecchia il mondo, con il Sud che si volge al Nord, con tanti Paesi in via di sviluppo, afflitti da instabilità, regimi, guerre e desertificazione, che guardano a quelli benestanti, in un mondo globalizzato nel quale tutti siamo connessi ma i divari non sono mai stati così profondi”.

Il Papa ricorda quanto questa situazione non sia una novità e che la Chiesa fin dai tempi di Pio XII e Paolo VI ne parli “con toni accorati da più di cinquant’anni”.

“Sono sotto gli occhi di tutti – sottolinea ancora Francesco - le difficoltà nell’accogliere, proteggere, promuovere e integrare persone non attese, però il criterio principale non può essere il mantenimento del proprio benessere, bensì la salvaguardia della dignità umana. Coloro che si rifugiano da noi non vanno visti come un peso da portare: se li consideriamo fratelli, ci appariranno soprattutto come doni”.

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“La storia – ammonisce il Pontefice - ci interpella a un sussulto di coscienza per prevenire un naufragio di civiltà. Il futuro non sarà nella chiusura, che è un ritorno al passato, un’inversione di marcia nel cammino della storia. Contro la terribile piaga dello sfruttamento di esseri umani, la soluzione non è respingere, ma assicurare, secondo le possibilità di ciascuno, un ampio numero di ingressi legali e regolari, sostenibili grazie a un’accoglienza equa da parte del continente europeo, nel contesto di una collaborazione con i Paesi d’origine. Dire basta è chiudere gli occhi. L’integrazione è faticosa, ma lungimirante: prepara il futuro che, volenti o nolenti, sarà insieme o non sarà. Abbiamo bisogno di fraternità come del pane”.

Rivolgendosi ai vescovi, Papa Francesco lancia un appello: “non carichiamo di pesi le persone, ma alleviamo le loro fatiche in nome del Vangelo della misericordia, per distribuire con gioia il sollievo di Gesù a un’umanità stanca e ferita. La Chiesa sia porto di speranza per gli sfiduciati, allargate il cuore. Sia porto di ristoro, dove le persone si sentano incoraggiate a prendere il largo nella vita con la forza impareggiabile della gioia di Cristo. La Chiesa non sia una dogana, tutti sono invitati”.

Infine la terza ed ultima parola: il faro. Il Papa esordisce non escludendo “una Conferenza ecclesiale del Mediterraneo, che permetta ulteriori possibilità di scambio e dia maggiore rappresentatività ecclesiale alla regione. Il faro fa pensare soprattutto ai giovani: sono loro la luce che indica la rotta futura. Le università mediterranee siano laboratori di sogni e cantieri di futuro, dove i giovani maturino incontrandosi, conoscendosi e scoprendo culture e contesti vicini e diversi al tempo stesso. Così si abbattono i pregiudizi, si sanano le ferite e si scongiurano retoriche fondamentaliste. Giovani ben formati e orientati a fraternizzare potranno aprire porte insperate di dialogo. La sfida è anche quella di una teologia mediterranea, che sviluppi un pensiero aderente al reale”.

Al termine del discorso il Papa incontra Emmanuel Macron, Presidente della Repubblica Francese.