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Iraq, il Cardinale Sako denuncia la violazione dei diritti fondamentali dei cristiani

Il Patriarca Caldeo al governo: dichiarazioni di solidarietà e promesse non servono a nulla

Il Cardinale Sako - Daniel Ibanez CNA |  | Il Cardinale Sako - Daniel Ibanez CNA Il Cardinale Sako - Daniel Ibanez CNA | | Il Cardinale Sako - Daniel Ibanez CNA

I cristiani iracheni vedono violati i loro legittimi diritti umani e nazionali: dall’esclusione dal lavoro all’appropriazione delle loro risorse e proprietà, fino al sistematico cambiamento demografico delle loro città nella Piana di Ninive”. E’ quanto ha denunciato venerdì scorso in una nota ufficiale il Cardinale Louis Raphael I Sako, Patriarca di Bagdad dei Caldei.

Il Capo della chiesa cattolica caldea è dal luglio scorso nel mirino del governo di Bagdad che gli ha revocato il decreto presidenziale che lo riconosceva come capo legittimo dei cattolici caldei iracheni.

Quanto avviene in Iraq ai danni dei cristiani – denuncia il Cardinale – sotto gli occhi del governo.

Il Cardinale Sako ricorda ancora che  “un milione di cristiani ha lasciato l’Iraq dopo la caduta del regime e dopo che lo Stato Islamico ha scacciato i cristiani di Mosul e delle città della Piana di Ninive nel 2014”. Sono dovuti fuggire per ragioni di sicurezza, politiche, economiche e sociali.

Sako ricorda che 1.200 cristiani sono stati uccisi in molteplici episodi di violenza in tutto l’Iraq tra il 2003 e il 2018.

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“La Chiesa – conclude il Patriarca caldeo . ha mobilitato tutte le sue energie e ha compiuto sforzi eccezionali per aiutare e incoraggiare i cristiani rimasti, stimati in mezzo milione) ma la Chiesa non è un sostituto dello Stato. La percentuale dei cristiani è scesa dal 4% all'1% circa. È probabile che il flusso migratorio continui e che i giovani se ne vadano a causa della loro esclusione dal lavoro. La questione fondamentale è come mantenere i cristiani in Iraq e rafforzare la loro presenza e testimonianza, questa presenza cristiana irachena che è radicata da più di duemila anni? Dichiarazioni di solidarietà e promesse non servono a nulla. Crediamo che la soluzione sia trattare le componenti etniche e religiose emarginate sulla base del principio di uguaglianza davanti alla legge, che garantisce ad ogni cittadino di vivere la propria vita nel quadro delle leggi del paese che garantiscono i suoi diritti e la sua dignità”.