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Dialogo interreligioso, i temi dell’inclusione e della solidarietà e il Sinodo

Il Dicastero per il Dialogo Interreligioso dedica un numero della sua rivista alla pratica della solidarietà e dell’inclusione nelle altre religioni. Alla ricerca di percorsi sinodali

Pro Dialogo | La copertina della rivista Pro Dialogo | Dicastero per il Dialogo Interreligioso Pro Dialogo | La copertina della rivista Pro Dialogo | Dicastero per il Dialogo Interreligioso

Mentre il Sinodo ha luogo, nel Dicastero per il Dialogo Interreligioso ci si è chiesti come questa esperienza sinodale può essere trasferita anche al rapporto con le altre religioni. E la risposta è contenuta nell’ultimo numero della rivista Pro Dialogo, edita proprio dal dicastero, dedicata al tema “Inclusione e solidarietà. Comprendere la solidarietà dal punto di vista di altri credenti”, che si pianificava anche di donare ai partecipanti al Sinodo.

Si tratta di un testo che raccoglie i contributi di vari esperti del dicastero sulle pratiche e le filosofie di alcune delle religioni più diffuse, individuando nei concetti di inclusione e solidarietà un punto di partenza imprescindibile da cui far partire, o proseguire, il dialogo.

Nell’introdurre il volume, il Cardinale Miguel Angel Ayuso, prefetto del dicastero, ha auspicato che il testo possa costituire “uno strumento efficace per suscitare l’interesse generale e promuovere il dialogo e la cooperazione a livello interculturale e interreligioso”.

In che modo le grandi tradizioni religiose affrontano i temi? L’induismo ha il concetto di Loksam graha, e– si legge in uno dei saggi della rivista – “i leader che abbracciano quella nozione hanno un più ampio senso di comunità”, e ritengono che “non c’è una soluzione universale, perché le circostanze non sono inerentemente buone o cattive”.

Il Buddhismo Teravada ha “una ricca storia di promozione di inclusione e solidarietà, e può servire da modello per altre religioni”, si legge nella rivista del dicastero. Un altro saggio mostra grande apprezzamento per il lavoro dell’ebraismo, perché “molte comunità ebraiche hanno messo in campo un lavoro incredibile nel costruire la loro capacità di inclusione e solidarietà”.

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Interessante, poi, è apprendere che nell’Islam “il modello solidale della comunità di Medina non era solamente religioso ma anche interreligioso: ciò si manifesta nel Documento, wat - īqa, detto anche Costituzione di Medina, che includeva le tribù ebraiche della zona in un’alleanza contro gli invasori. Tutti i componenti di Medina erano chiamati ‘una sola umma’ nel Documento, a prescindere dall’affiliazione religiosa”.

È un documento alla base di un concetto di cittadinanza attiva e plurale, che hanno portato poi anche alla famosa dichiarazione di Marrakech del 2016, che stabiliva un principio di cittadinanza globale proprio in un momento in cui i prodromi dell’estremismo islamico, a partire dall’ISIS, avevano invece definito la cittadinanza sulle basi dell’appartenenza religiosa.

Il taoismo considera “inclusione e solidarietà concetti sociali o principi che promuovono l’uguaglianza, la diversità e la cooperazione tra individui e gruppi”.

Il volume del Dicastero per il Dialogo Interreligioso guarda anche al tema della tolleranza, analizza come questo viene definito nel confucianesimo, nelle tradizioni africane, tra i sikh e nello jainismo, e poi inserisce una parte tutta dedicata a testimonianze e buone pratiche.

Come questo sussidio possa entrare nel dibattito del Sinodo è tutto da vedere. Di certo, però, ci sono prospettive interessanti e piste da battere.