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Sinodo 2023, tra le proposte un C9 come consiglio sinodale e molte questioni aperte

Un documento aperto, discusso fino all’ultimo, emendato a lungo, ma che si presenta con una maggioranza forte di due terzi per ogni punto. Ecco di cosa parla la relazione di sintesi del Sinodo 2023

Sinodo 2023 | Un momento della sessione finale del Sinodo 2023 | Vatican Media / ACI Group Sinodo 2023 | Un momento della sessione finale del Sinodo 2023 | Vatican Media / ACI Group

La riforma del C9 in un Consiglio Sinodale. La richiesta di istituire un Consiglio di Patriarchi e arcivescovi maggiori delle Chiese Orientali Cattoliche presso il Santo Padre. Le proposte di approfondire vari cammini, da quelli del diaconato femminile a quelli riguardanti l’identità di genere, e persino la poligamia in Africa (ma è un punto su cui c’è stata vasta contrarietà). E la consapevolezza che “la Parola di Dio viene prima della parola della Chiesa”. Si presenta in 42 pagine, 3 parti (Il volto della Chiesa sinodale”, “Tutti discepoli, tutti missionari”, “Tessere legami, costruire comunità”) e ogni paragrafo diviso in convergenze, questioni da affrontare e proposte il testo di sintesi del Sinodo sulla sinodalità, o per meglio dire su comunione, missione e partecipazione.

Dopo aver discusso 1251 emendamenti al testo, averlo profondamente cambiato in varie parti, aver probabilmente deluso alcuni gruppi di pressione (non c’è ad esempio il termine LGBT), specialmente sulla questione del maggior peso delle donne nella vita della Chiesa che ha avuto un numero alto di no, i padri sinodali consegnano un testo che è, come nelle previsioni del prefetto del Dicastero della comunicazione Paolo Ruffini, “transitorio”. E c'è una forte spinta alla questione della "ospitalità ecumenica", ovvero della comunione, un tema che tocca anche i matrimoni interconfessione, mentre, in vista del 1700esimo anniversario del Concilio di Nicea nel 2025 c'è una forte spinta a cercare di stabilire una data di Pasqua in comune tra cattolici e Chiese di rito orientale.

Molti i temi che restano allo studio, ci sono poche conclusioni, frutto di un andamento dinamico che ha portato anche a vari cambi di programma, e che licenzia un testo che mette sullo stesso piano, tra le questioni controverse, quelle del fine vita e dell’identità di genere e sessuale, e che chiede semplicemente di continuare a studiare alcuni temi come quello del diaconato femminile. C'è anche un paragrafo dedicato alla pastorale digitale, tema molto caro al Dicastero per la comunicazione vaticano che a maggio aveva licenziato il documento "Verso una piena presenza". 

Questo va al di là dalla “gioia e dall’armonia” percepita nell’aula sinodale raccontata dal Cardinale Mario Grech in conferenza Stampa, e mette in luce che “è chiaro che alcuni temi avrebbero avuto grande opposizione”, nelle parole del Cardinale Jean-Claude Hollerich, relatore generale del Sinodo, che però dice che “le resistenze non sono così grandi come si pensava prima”. Un segno che si voglia andare in una direzione di riforma dopo?

Papa Francesco, al termine dei lavori, ricorda che il protagonista del Sinodo è lo Spirito Santo, e le conclusioni del testo sottolineano che “la Parola di Dio è di più della parola della Chiesa” e che “oggi, in una cultura della lotta per la supremazia e dell’ossessione per la visibilità, la Chiesa è chiamata a ripetere le parole di Gesù, a farle rivivere in tutta la loro forza”. Come, dunque, prendere i risultati del Sinodo?

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Le questioni controverse

Un tema del “Sinodo dei media” è quello che riguardava la pastorale delle persone LGBT. Il termine LGBT non c’è nel testo, mentre la questione della cosiddetta identità di genere entra nelle questioni controverse, così come quella del fine vita, alle situazioni matrimoniali difficili, alle problematiche etiche connesse all’intelligenza artificiale. Questioni che “risultano controverse non solo nella società, ma anche nella Chiesa, perché pongono domande nuove”.

Allora si devono – si legge nel testo – “investire le energie migliori” in questi temi, “senza cedere a giudizi semplificatori che feriscono le persone e il Corpo della Chiesa”, considerando che “molte indicazioni sono già offerte dal magistero e attendono di essere tradotte in iniziative pastorali appropriate”.

Tra le proposte, quella di “promuovere iniziative che consentano un discernimento condiviso su questioni dottrinali, pastorali ed etiche che sono controverse, alla luce della Parola di Dio, dell’insegnamento della Chiesa, della riflessione teologica e, valorizzando l’esperienza sinodale”. E questo “può essere realizzato attraverso approfondimenti tra esperti di diverse competenze e provenienze in un contesto istituzionale che tuteli la riservatezza del dibattito e promuova la schiettezza del confronto, dando spazio, quando appropriato, anche alla voce delle persone direttamente toccate dalle controversie menzionate”. È un percorso da avviare in vista della prossima sessione sinodale.

Alcune proposte

Per ora, serve prima di tutto dare uno sguardo generale al testo. Tra le proposte più interessanti, quella, nella parte dedicata all’ecumenismo, di “di istituire un Consiglio dei Patriarchi e Arcivescovi Maggiori delle Chiese orientali cattoliche presso il Santo Padre”, e persino di dedicare “un Sinodo speciale dedicato alle Chiese orientali cattoliche, alla loro identità e missione”, mentre si pensa di stabilire una commissione congiunta di teologi, storici e canonisti orientali ee latini”, e di ampliare il numero di membri delle Chiese orientali nei dicasteri vaticani.

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Altro tema, quello di rivedere le mutuae relationes tra i rapporti tra vescovi e religiosi nella Chiesa, quello di rendere obbligatorio il Consiglio Episcopale, e il Consiglio pastorale diocesano o eparchiale, cosa che in fondo si trovava anche nel documento della Commissione Teologica Internazionale sulla sinodalità del 2018.

Il documento di sintesi chiede anche di  “avviare una verifica dei criteri di selezione dei candidati all’episcopato, equilibrando l’autorità del Nunzio apostolico con la partecipazione della Conferenza Episcopale. Si richiede anche di ampliare la consultazione del Popolo di Dio, ascoltando un maggior numero di laici e laiche, consacrate e consacrati e avendo cura di evitare pressioni inopportune”. È una proposta che, in fondo, cambia poco quello che già succede, laddove il nunzio avvia ampie consultazioni di fronte i candidati.

E ancora, si propone si rafforzare province ecclesiastiche e metropolie, di dare attuazione all’esercizio della sinodalità fino a suggerire la creazione di province ecclesiastiche internazionali, e fino alla richiesta di elaborare “una configurazione canonica delle Assemblee continentali che, nel rispetto della peculiarità di ogni continente, tenga nel dovuto conto la partecipazione delle Conferenze Episcopali e quella delle Chiese, con propri delega8 che rendano presente la varietà del Popolo fedele di Dio” .

I temi in gioco

Il documento ha un’ampia introduzione che vuole mostrare come il cammino, iniziato due anni fa, si sta “svolgendo alla luce del magistero conciliare”. Ma sottolinea anche che “senza sottostimare il valore della democrazia rappresentativa, Papa Francesco risponde alla preoccupazione di alcuni che il Sinodo possa diventare un organo di deliberazione a maggioranza privo del suo carattere ecclesiale e spirituale, mettendo a rischio la natura gerarchica della Chiesa”.

Il testo è abbastanza onesto da mettere in luce che “alcuni temono di essere costretti a cambiare; altri temono che non cambierà nulla e che ci sarà troppo poco coraggio per muoversi al ritmo della Tradizione vivente”.

Ancora, il testo ammette che “il rinnovamento della comunità cristiana è possibile solo riconoscendo il primato della grazia. Se manca la profondità spirituale, la sinodalità rimane un rinnovamento di facciata” e quindi “ciò a cui siamo chiamati, però, non è solo tradurre in processi comunitari un’esperienza spirituale maturata altrove, ma più profondamente sperimentare come le relazioni fraterne siano luogo e forma di un autentico incontro con Dio”.

Non solo: la celebrazione dell’eucarestia è fondamentale, il battesimo non può essere compreso in modo isolato, né individualistico, la Confermazione deve essere approfondita anche alla luce della sinodalità, e si nota che “sotto il profilo teologico pastorale è importante proseguire la ricerca sul modo in cui la logica catecumenale può illuminare altri percorsi pastorali, come quello della preparazione al matrimonio, o l’accompagnamento a scelte di impegno professionale e sociale, o la stessa formazione al ministero ordinato, in cui tutta la comunità ecclesiale deve essere coinvolta”.

I poveri sono “protagonisti del cammino della Chiesa”, e si mette in luce la necessità di evitare il rischio di considerare i poveri come “oggetti della carità della Chiesa”.

Importante la richiesta di approfondire la Dottrina Sociale della Chiesa, una “risorsa troppo poco conosciuta, su cui tornare a investire”.

Entrano nel testo anche le sfide di oggi, i movimenti migratori di persone che portano “le ferite dello sradicamento, della guerra e della violenza, diventano una fonte di rinnovamento e arricchimento per le comunità che li accolgono e un’occasione per stabilire un legame diretto con Chiese geograficamente lontane”. Ma anche la polarizzazione e la sfiducia, che colpisce la Chiesa anche nel suo interno, e dunque il documento chiede di riconoscere le cause di questo fenomeno “attraverso il dialogo e intraprendere processi coraggiosi di rivitalizzazione della comunione e di riconciliazione per superarle”, e dare rinnovata attenzione ai linguaggi.

Decentramento e nuovi ministeri

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Il documento di sintesi dà per scontato che si sperimenteranno forme di decentramento, chiede che “per esigenze di coerenza, i processi di discernimento in materia di decentramento devono avvenire in stile sinodale, prevedendo il concorso e il contributo di tutti gli attori coinvolti ai diversi livelli”, si sottolineano “nuovi paradigmi per l’impegno pastorale con le popolazioni indigene, nella linea di un cammino insieme e non di una azione fatta a loro o per loro”, si sottolinea anche la necessità di meglio conoscere il Concilio Vaticano II, ma anche “le nostre diverse tradizioni per essere più chiaramente una Chiesa di Chiese in comunione, efficace nel servizio e nel dialogo”.

C’è anche la richiesta di lavorare per combattere razzismo e xenofobia, e viene raccomandata “un rinnovato impegno nel dialogo e nel discernimento in materia di giustizia razziale”.

Il documento riconosce anche le “capacità apostoliche delle persone con disabilità”, ed è un tema forse marginale ma importante.

“Si percepisce – si legge nel documento - la necessità di una maggiore creatività nell'istituzione di ministeri in base alle esigenze delle Chiese locali, con un particolare coinvolgimento dei giovani. Si può pensare di ampliare ulteriormente i compiti al ministero istituito del lettore, che già oggi non si limitano al ruolo svolto durante le liturgie.”

La questione delle donne e i vescovi

E le donne? Si chiede di allargare il “servizio di ascolto, accompagnamento e cura alle donne che nei diversi contesti sociali risultano più emarginate”, si ritiene “urgente garantire che le donne possano partecipare ai processi decisionali e assumere ruoli di responsabilità nella pastorale e nel ministero”, e si arriva a chiedere di “adattare il diritto canonico” proprio per favorire una maggiore presenza delle donne nella Chiesa”, mentre si raccomanda di proseguire “la ricerca teologica e pastorale sull’accesso delle donne al diaconato, giovandosi dei risultati delle commissioni appositamente istituite dal Santo Padre e delle ricerche teologiche, storiche ed esegetiche già effettuate. Se possibile, i risultati dovrebbero essere presentati alla prossima Sessione dell’Assemblea”. Da notare che il paragrafo sul diaconato femminile è quello che ha il minor numero di consensi. 

Il vescovo è invece descritto avere “un ruolo insostituibile nell’avviare e animare il processo sinodale nella Chiesa locale, promuovendo la circolarità tra ‘tutti, alcuni e uno’”.

Spiega il testo: “Il ministero episcopale (l’uno) valorizza la partecipazione di ‘tutti’ i fedeli, grazie all’apporto di “alcuni” più direttamente coinvolti in processi di discernimento e di decisione (organismi di partecipazione e di governo). La convinzione con cui il Vescovo assume la prospettiva sinodale e lo stile con cui esercita l’autorità influenzano in modo determinante la partecipazione di preti e diaconi, laici e laiche, consacrate e consacrati. Per tutti, il Vescovo è chiamato a essere esempio di sinodalità”.

E il Papa? Anche il ruolo del Papa deve essere riconsiderato alla luce della nuova Chiesa sinodale. In fondo, di un nuovo esercizio del ministero petrino parlava anche la Ut Unum Sint di San Giovanni Paolo II.

Si nota nel testo anche che “la sinodalità può fare luce sulle modalità di collaborazione del collegio dei Cardinali al ministero petrino e sulle forme attraverso cui promuovere il loro discernimento collegiale nei Concistori ordinari e straordinari”. E si chiede che “è importante per il bene della Chiesa studiare i modi più opportuni per favorire la mutua conoscenza e i legami di comunione tra i membri del Collegio dei Cardinali, tenuto conto anche della loro diversità di provenienza e di cultura”. Tema, quest’ultimo, interessante, se si pensa che Papa Francesco ha convocato in questi dieci anni solo tre concistori per discutere dei temi specifici e avere uno scambio ampio di tutti i cardinali.