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Letture, John Ronald Reuel Tolkien, la fede come autentica interpretazione

Una mostra a Roma occasione per rileggere il grande autore

Il manifesto della mostra |  | lagallerianazionale.com Il manifesto della mostra | | lagallerianazionale.com

Si torna a lui, sempre a lui, un vero maestro. John Ronald Reuel Tolkien, il creatore di un mondo, anzi di un universo, di più universi, paralleli, incrociati, in cui infiniti popoli e una schiera di eroi – spesso divenuti tali loro malgrado – hanno disegnato mitologie ed epopee. Tutto quel che  intere generazioni hanno amato e continuano ad amare. Da Papa Francesco a Barack Obama, da Paul McCartney a Stephen King. E molti, molti altri.

Perché c’è nell’uomo un insopprimibile bisogno di guardare molto più in su, di indentificarsi in qualcosa di grande, di poderoso, qualcosa che sfugga all’appiattimento e alla banalità, di sognare in grande e di avere visioni grandioso.

C’è sempre un buon motivo per parlare di Tolkien e della sua opera, e un buon motivo per scoprirlo o rileggerlo. In questo periodo, in questi giorni il motivo è una mostra, che non è solo una mostra, ma la prima grande retrospettiva mai fatta in Italia su Tolkien, in occasione del cinquantennale della sua morte. Manoscritti autografi, immagini rare, opere d'arte ispirate alle sue visioni letterarie, copie dei libri e delle varie edizioni della sua opera, vinili delle colonne sonore dei film o di musiche ispirate al Signore degli anelli.

E ancora abiti di scena, memorabilia, curiosità di ogni genere. La mostra è a  Roma,  alla Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea, dal 16 novembre all'11 febbraio 2024: è la prima sede di una esposizione che sarà itinerante e che verrà allestita come seconda tappa a Napoli. E che è stata resa possibile anche grazie alla prestigiosa collaborazione dell'Università di Oxford. Curata da Oronzo Cilli con Alessandro Nicosia, 'Tolkien.Uomo, Professore, Autore' , come sottolinea il  titolo della mostra, traccia  il percorso umano, il lavoro accademico, la forza  narrativa e poetica di un autore che ha inventato le avventure  e le catastrofi della Terra di Mezzo e tutto l’universo di cui in fondo è il centro, attraverso la sua  straordinaria conoscenza del mondo antico. Che ha avuto tanto successo letterario quanto cinematografico e di cui si possono ripercorrere le tappe dei vari adattamenti cinematografici vecchi e nuovi, dal film d'animazione di Ralph Bakshi alla trilogia de Il Signore degli Anelli del regista Peter Jackson, una delle saghe più popolari della letteratura mondiale e che ha conquistato ben 17 premi Oscar.

Si possono trovare mille chiavi interpretative per l’opera di Tolkien, ma è  la fede l’autentica interpretazione, anche se nell’universo creato dallo scrittore non vi sono riferimenti espliciti al cristianesimo;  il viaggio di Frodo - come Tolkien scrive in risposta ad una recensione scritta dal poeta  W.H.Auden - è una missione «per liberare l'umanità da una malefica tirannia», aggiungendo che «nel Signore degli Anelli il conflitto fondamentale non riguarda la libertà, che tuttavia è compresa. Riguarda Dio, e il diritto che Lui solo ha di ricevere onori divini»,  quindi per chiarire che «il mio non è un mondo immaginario, ma un momento storico immaginario su una Terra-di-Mezzo che è la terra dove noi viviamo».

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Nel saggio Il fuoco segreto, ripubblicato recentemente dalla casa editrice Lindau, Stratford Caldecott, direttore del Chesterton Institute di Oxford, approfondisce proprio il tema della ricerca spirituale di Tolkien a partire da un’analisi acuta di opere, personaggi e simboli che popolano l’immaginario epico del grande scrittore.

Tutte le decine e decine di interpretazioni, comprese quelle più recenti in salsa politically correct,  o di altri astrusi schemi ideologico-culturali non reggono, dunque, alla prova della concreta lettura dell’opera.

Il Signore degli Anelli, com’è noto,  è un racconto romanzesco diviso in tre parti, La Compagnia dell'Anello, Le due torri e Il ritorno del Re, pubblicati tra il 1954 e il 1955, che riprendono i temi e i personaggi già presenti nel romanzo Lo Hobbit, uscito nel 1937. Il successo arriva lentamente, ma alla fine sarà travolgente. Le opere di Tolkien non si possono definire cattoliche come se fossero catalogate sotto una  semplice etichetta, ma lo stesso autore definisce Il Signore degli anelli “un’opera religiosa e cattolica”. La sua   visione della Storia delinea  un orizzonte di salvezza. Lo si comprende bene leggendo due lettere che Tolkien scrisse a suo figlio, nei giorni più oscuri del  Novecento:

“Ciò che è veramente importante è sempre nascosto ai contemporanei, e i semi di ciò che deve essere stanno tranquillamente germogliando al buio in qualche angolo dimenticato, mentre tutti guardano Stalin o Hitler. Nessun uomo può stimare ciò che sta realmente accadendo nell’attuale sub specie aeternitatis. (…..) Si sa che c’è sempre del bene: molto più nascosto, molto meno chiaramente percepito, che raramente si manifesta in bellezze riconoscibili, visibili, di parola o atto o volto”.

Un messaggio che ci rinfranca, ci rincuora, mentre seguiamo le tracce di bellezza di cui Tolkien ha disseminato i suoi capolavori.

Oltre a visitare, se possibile, la mostra di Roma, consigliamo di rileggere Il Signore degli Anelli, in qualsiasi edizione sia disponibile e suggeriamo anche questa lettura: 

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Stratford Caldecott, Il fuoco segreto, Edizioni Lindau, pp. 200, euro 22