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Papa Francesco: "La Chiesa è donna"

Papa Francesco è tornato a ripeterlo durante l'udienza ai membri della Commissione Teologica Internazionale

Papa Francesco - Daniel Ibanez CNA |  | Papa Francesco - Daniel Ibanez CNA Papa Francesco - Daniel Ibanez CNA | | Papa Francesco - Daniel Ibanez CNA

Papa Francesco questa mattina ha incontrato in Vaticano i membri della Commissione Teologica Internazionale a cui ha consegnato il discorso che aveva preparato, rivolgendo loro un breve saluto a braccio.

Il Papa ha stigmatizzato la presenza di un esiguo numero di donne nella Commissione. "Su questo dobbiamo andare avanti! La donna ha una capacità di riflessione teologica diversa da quella che abbiamo noi uomini. Nella prossima riunione dei nove Cardinali, avremo una riflessione sulla dimensione femminile della Chiesa".

"La Chiesa - ha ribadito Francesco - è donna. E se noi non sappiamo capire cos’è una donna, cos’è la teologia di una donna, mai capiremo cos’è la Chiesa. Uno dei grandi peccati che abbiamo avuto è maschilizzare la Chiesa. E questo non si risolve per la via ministeriale, questa è un’altra cosa. Si risolve per la via mistica, per la via reale".

"Questo - ha concluso il Papa - è un compito che vi chiedo, per favore. Smaschilizzare la Chiesa".

"Ho parlato troppo e mi ha fatto male", ha ammesso il Papa, riferndosi alla infiammazione ai polmoni di cui soffre in questi giorni.

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Di seguito il discorso del Pontefice consegnato ai presenti.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!
Saluto il Cardinale Fernández e do il benvenuto a tutti voi, esprimendovi gratitudine per il vostro prezioso lavoro.
Oggi siamo chiamati a dedicarci con ogni energia del cuore e della mente a una «conversione missionaria della Chiesa» (Evangelii gaudium, 30). Essa risponde alla chiamata di Gesù a evangelizzare, fatta propria dal Concilio Vaticano II, che tuttora guida il nostro cammino ecclesiale: lì lo Spirito Santo ha fatto sentire la sua voce per i nostri tempi. Il Concilio ha enunciato il suo proposito proprio affermando che «desidera ardentemente, annunciando il Vangelo ad ogni creatura, illuminare tutti gli uomini con la luce del Cristo» (Lumen gentium, 1). E, come ha osservato la vostra Commissione, «la messa in atto di una Chiesa sinodale è presupposto indispensabile per un nuovo slancio missionario che coinvolga l’intero Popolo di Dio» (La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa, 9): uno slancio missionario che sappia comunicare la bellezza della fede.
Venendo dunque al vostro compito più specifico, nella Lettera indirizzata al nuovo Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede ho sottolineato che oggi «abbiamo necessità di un pensiero che sappia presentare in modo convincente un Dio che ama, che perdona, che salva, che libera, che promuove le persone e le convoca al servizio fraterno» (1° luglio 2023). Di tale necessità voi siete chiamati a farvi carico in modo qualificato, attraverso la proposta di una teologia evangelizzatrice, che promuova il dialogo con il mondo della cultura. Ed è essenziale che voi teologi lo facciate in sintonia con il Popolo di Dio, direi “dal basso”, ovvero con uno sguardo privilegiato per i poveri e i semplici, e al tempo stesso stando “in ginocchio”, perché la teologia nasce in ginocchio, nell’adorazione di Dio.
So che state approfondendo due sfide attuali: la questione antropologica e la tematica ecologica. Ma il vostro lavoro vi vede anche impegnati a proporre una riflessione aggiornata e incisiva sulla permanente attualità della fede trinitaria e cristologica confessata dal Concilio di Nicea, che ci apprestiamo a commemorare 1700 anni dopo la sua celebrazione, in coincidenza con il Giubileo indetto per l’anno 2025. Vorrei allora condividere con voi tre motivi che rendono tanto promettente la riscoperta di Nicea.
Il primo è un motivo spirituale. A Nicea è stata professata la fede in Gesù Figlio unigenito del Padre: Colui che si è fatto uomo per noi e per la nostra salvezza è «Dio da Dio, luce da luce».
Non è solo la luce di una conoscenza impensabile, ma è luce che rischiara l’esistenza con l’amore del Padre. Sì, c’è una luce che ci guida nel cammino e dirada le oscurità, e questa luce, che abita le nostre vite, è sorgiva ed eterna: come testimoniarla, se non con una vita luminosa, con una gioia che si irradia? Anche per il vostro ministero di teologi vale l’invito di Gesù a “non accendere una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa” (cfr Mt 5,15). Sta ai teologi diffondere bagliori nuovi e sorprendenti della luce eterna di Cristo nella casa della Chiesa e nel buio del mondo.
Un secondo motivo è quello sinodale. A Nicea si è celebrato il primo Concilio ecumenico, nel quale la Chiesa ha potuto esprimere la sua natura, la sua fede, la sua missione, per essere, come afferma l’ultimo Concilio, «il segno e lo strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano» (Lumen gentium, 1). La sinodalità è la via, la via per tradurre in atteggiamenti di comunione e in processi di partecipazione la dinamica trinitaria con cui Dio, per mezzo di Cristo e nel soffio dello Spirito Santo, viene incontro all’umanità. Ai teologi è affidata la grande responsabilità di sprigionare la ricchezza di questa meravigliosa “energia umanizzante”. Voi stessi partecipate ai lavori della Commissione provenendo da varie parti del mondo, portando con voi i doni e le ricchezze, gli interrogativi e le sofferenze delle vostre Chiese e dei vostri popoli. Siate testimonianza, nel vostro lavoro collegiale e nella condivisione delle vostre peculiarità ecclesiali e culturali, di una Chiesa che cammina secondo l’armonia dello Spirito, radicata nella Parola di Dio e nella Tradizione vivente, e che accompagna con amore e con discernimento i processi culturali e sociali dell’umanità nella transizione complessa che stiamo vivendo. Non accontentatevi di quanto già acquisito: tenete aperti il cuore e la mente al semper magis di Dio.
E infine un terzo motivo, ecumenico. Come non richiamare la straordinaria rilevanza di questo anniversario per il cammino verso la piena unità dei cristiani? Non solo, infatti, il Simbolo di Nicea accomuna i discepoli di Gesù, ma proprio nel 2025, provvidenzialmente, la data della celebrazione della Pasqua coinciderà per tutte le denominazioni cristiane. Come sarebbe bello se segnasse l’avvio concreto di una celebrazione sempre comune della Pasqua!
Fratelli e sorelle, portiamo questo sogno nel cuore e invochiamo la creatività dello Spirito, perché la luce del Vangelo e della comunione risplendano di più. Vi rinnovo il mio grazie per il vostro servizio e vi benedico, chiedendovi di pregare per me.