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Cina, i frutti sull’accordo dei vescovi sono ancora tutti da definire

La recente ordinazione di tre nuovi vescovi non cambia la situazione in Cina, dove ci sono ancora 73 sedi vacanti e diversi vescovi “sotterranei”

Papa Francesco, Cina | Papa Francesco incontra un gruppo di cinesi durante una udienza in San Pietro | Vatican Media Papa Francesco, Cina | Papa Francesco incontra un gruppo di cinesi durante una udienza in San Pietro | Vatican Media

Con tre ordinazioni in pochi giorni (più una nuova diocesi, la prima creata nella Repubblica Popolare addirittura dai tempi pre-Mao) si è registrata una robusta accelerata nelle relazioni sino-vaticane e nell’applicazione dell’accordo. Fino a quest’anno, in sei anni erano stati ordinati sei nuovi vescovi, e c’erano state anche divergenze come nel caso in cui Pechino ha unilateralmente ordinato un vescovo ausiliare di una diocesi non riconosciuta dal Vaticano e trasferito a Shanghai Shen Bin. Ora, tutto questo sembra alle spalle, specialmente per una volontà vaticana di concedere alla Cina alcune vittorie su questioni considerate marginali, senza “impuntarsi” sulla distribuzione geografica di una diocesi. La situazione in Cina, però, non è generalmente migliorata per i cattolici. Anzi.

Recentemente, il vescovo Peter Shao Zumin della diocesi di Yongija-Whenzou, nell’Est della Cina, è stato arrestato e messo agli arresti domiciliari in una proprietà dello Stato. Non era la prima volta che il vescovo Shao, 60 anni, veniva arrestato.

Shao era stato nominato alla guida della diocesi di Yongija-Wenzhou nel 2016, nel 2017 è stato detenuto più volte e molestato regolarmente durante i giorni di festa della Chiesa. La diocesi è considerata turbolenta a causa di una ampia diaspora, con molta emigrazione verso l’Europa e specialmente in Francia, che dà alla diocesi una particolare apertura per il mondo esterno.

Ma Shao veniva arrestato soprattutto a causa del suo rifiuto di aderire alla Associazione Patriottica dei Cattolici Cinesi, l’associazione soggetta al governo che rappresenta in via ufficiale la Chiesa Cattolica in Cina ed è indipendente dalla Santa Sede. Va segnalato che, con il primo accordo per la nomina dei vescovi, c’erano state crescenti pressioni sui sacerdoti perché aderissero all’Associazione Patriottica, cosa che suscitò un intervento dell’allora prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, il Cardinale Fernando Filoni.

Ci sono almeno altre tre diocesi che non hanno avuto notizie dei loro vescovi per diversi anni. Il vescovo Joseph Zhang Weizhu di Xiangxiang è stato arrestato il 21 maggio 2021; il vescovo Augusti Cui Tai di Xuanhua, anche lui scomparso nella primavera del 2021; e il vescovo James Su Zhimin di Baoding, arrestato nel 1996, che ora avrebbe 91 anni, se fosse ancora vivo.

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Tutti questi vescovi sono riconosciuti dalla Santa Sede, ma non dal governo cinese. C’è poi il caso di Thaddeus Ma Daqin, che alla sua nomina come vescovo di Shanghai nel 2012 lasciò l’Associazione Patriottica. È finito anche lui agli arresti domiciliari, e non ha praticamente mai amministrato la diocesi. Quindi, il governo cinese ha pensato di nominare unilateralmente il vescovo Shen Bin a Shanghai, spostandolo dalla diocesi di Haimen.

La nomina era una chiara rottura dell’accordo sino-vaticano, confidenziale, ma che dovrebbe prevedere una forma di mutuo riconoscimento. Da parte cinese, è stato detto che quella decisione era un trasferimento, non una ordinazione e dunque non ricadeva nell’accordo. Papa Francesco ha deciso di sanare poi la decisione di Pechino nominando Shen Bin come vescovo di Shanghai, e di fatto considerando la diocesi come vacante.

Anche nelle ultime nomine, la Santa Sede ha accettato in un caso la divisione delle diocesi di Pechino, stabilendo la diocesi di Weifang in luogo di una prefettura, e ha persino accettato un candidato che sembra essere stato nominato da Pechino già nel 2022, almeno a quanto si legge sul sito chinacatholic.cn.