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Suicidio assistito, il netto no dei Vescovi dell'Emilia-Romagna

"Procurare la morte, in forma diretta o tramite il suicidio medicalmente assistito, contrasta radicalmente con il valore della persona"

L'Arcivescovo Morandi, Presidente della Conferenza Episcopale dell'Emilia-Romagna |  | Diocesi di Reggio Emilia - Guastalla L'Arcivescovo Morandi, Presidente della Conferenza Episcopale dell'Emilia-Romagna | | Diocesi di Reggio Emilia - Guastalla

Al termine della visita ad limina i Vescovi dell’Emilia Romagna hanno preso posizione sulla proposta della Regione che legittima – si legge nella nota diffusa dalla Conferenza episcopale emiliano-romagnola - “con un decreto amministrativo il suicidio medicalmente assistito, con una tempistica precisa per la sua realizzazione, presumendo di attuare la sentenza della Corte Costituzionale 242/2019”.

Secondo i Vescovi la posizione assunta dalla Regione Emilia-Romagna “sconcerta quanti riconoscono l’assoluto valore della persona umana e della comunità civile volta a promuoverla e tutelarla”.

I Vescovi vogliono “offrire un contributo, sulla base della condivisa dignità della persona e del valore della vita umana, rivolgendoci non solo ai credenti ma a tutte le donne e gli uomini” esprimendo “con chiarezza la preoccupazione e il netto rifiuto verso questa scelta di eutanasia, ben consapevoli delle dolorose condizioni delle persone ammalate e sofferenti e di quanti sono loro legati da sincero affetto. Ma la soluzione non è l’eutanasia, quanto la premurosa vicinanza, la continuazione delle cure ordinarie e proporzionate, la palliazione, e ogni altra cosa che non procuri abbandono, senso di inutilità o di peso a quanti soffrono”.

Procurare la morte, in forma diretta o tramite il suicidio medicalmente assistito, contrasta radicalmente – sottolinea ancora la nota - con il valore della persona, con le finalità dello Stato e con la stessa professione medica”.

Nella fragilità della vecchiaia e della malattia - ricordano ancora i Vescovi - la società è chiamata ad esprimersi al meglio, nel curare, nel sostenere le famiglie e chi è prossimo ai malati, nell’operare scelte di politiche sanitarie che salvaguardino le persone fragili e indifese, e attuando quanto già è normato circa le cure palliative. Impegno, questo, che qualifica come giusta e democratica la società”.

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